La politica estera dell'Unione Europea può aspettare

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  Redazione
  15 luglio 2020
  6 minuti, 5 secondi

A cura di Marcello Alberizzi


È ciò che si evince dal discorso tenuto da Angela Merkel al Parlamento Europeo in occasione dell’inaugurazione della Presidenza di turno del Consiglio Europeo. Lo stato eccezionale del contesto internazionale impone a Bruxelles di fronteggiare innanzitutto l’urgenza dettata dalla crisi economica, sanitaria e sociale sperimentata dai Paesi europei. Anche le priorità di politica estera citate costituiscono principalmente una trasposizione delle sfide esterne verso l’interno.

Ripartire dal Parlamento Europeo

Il primo luglio 2020 ha preso il via il turno di Presidenza del Consiglio Europeo, che la Germania condurrà sino al prossimo 31 dicembre. Il discorso inaugurale è stato tenuto l’8 luglio scorso dalla Cancelliera Angela Merkel presso un Parlamento Europeo contingentato, nel rispetto delle norme di sicurezza previste dai protocolli anti-Covid. Ciononostante, il calore degli applausi non è mancato nel corso di alcuni passaggi del discorso pronunciato dalla quattro volte Cancelliere di Germania. La presenza della Merkel a Bruxelles ha costituito il suo primo viaggio internazionale dallo scoppio dell’emergenza sanitaria e si carica del messaggio esplicito di voler ripartire dal Parlamento Europeo, in un contesto in cui il tessuto sociale è riconosciuto essere sotto pressione e messo alla prova, sfibrato, dalle difficoltà affrontate in questi mesi. In un'UE criticata di soffrire un deficit democratico e un "governamentalismo" crescente a causa del ruolo sempre più rilevante del Consiglio Europeo, tale riconoscimento assume un valore significativo. A quest’ultimo, infatti, vengono attribuite delle doti particolari che nessun’altra Istituzione dell’Unione possiede, e al quale dunque si chiede aiuto per la mediazione tra prospettive differenti e la costruzione di un clima di solidarietà. Un discorso che, nel complesso, ha marcato l’esigenza di rispondere alla crisi sanitaria, seguita poi dal tracollo economico. Un discorso prevedibilmente incentrato sulle difficoltà interne, sociali e democratiche che ancora una volta mantengono una maggiore priorità tra le esigenze europee: difficile fare altrimenti, avrebbe cozzato con la realtà quotidiana. Tuttavia, sembra anche che la Merkel abbia posto un’accezione pregna di immobilismo, ripetendo più volte la necessità per l’UE di osservare il lutto delle proprie perdite, quasi a fermarsi un attimo, ferita e confusa per quanto accaduto.

Le cinque priorità della Presidenza

Una gerarchia ribadita anche dall’ordine con il quale vengono presentate le cinque priorità della Presidenza tedesca: diritti fondamentali, coesione, protezione climatica, digitalizzazione e responsabilità UE nel mondo atti a fronteggiare “i cambiamenti alla velocità della luce” odierni. Come di consueto, la politica estera occupa l’ultima posizione in questa piccola classifica. Non molte le parole dedicate a questo tema:

“L’Unione Europea è un progetto vivente”, dice, “l’UE può essere cambiata e plasmata”. “Essa non restringe il nostro spazio di manovra in un mondo globalizzato, ma il contrario. È solo con l’UE che possiamo mantenere le nostre libertà.”

Un’Angela Merkel che, in risposta all’ultima priorità, chiede soluzioni innovative, riconosciute da lei stessa nella digitalizzazione, la quale assume delle sfumature di politica estera nel momento in cui viene dipinta quale risposta alla dipendenza da paesi terzi in termini di servizi, comunicazione e tecnologia disponibile – resa evidente negli scorsi mesi. La sovranità digitale, grazie a maggior ownership di intelligenza artificiale, quantum computing e data infrastructure è considerata la via da perseguire. La partita futura si giocherà sempre di più sul possesso dei big data e sulle capacità di elaborare e connettere questi dati a velocità superiori – vedi il 5G – e tale ammissione sembra essere un preludio per un’UE maggiormente competitiva in questo settore.

La politica estera che non c’è

In continuità con la narrativa degli ultimi anni, Merkel nel suo discorso ribadisce la necessità per l’UE di dover contare sempre di più su se stessa in un mondo in rapido mutamento, seppur riconoscendo che numerosi paesi europei - compresa la Germania - sono parte dell’Alleanza Atlantica alla quale è attribuita un’importanza fondamentale. Questa necessità è dimostrata dalle sfide poste dai numerosi vicini Europei, che vengono elencati uno per uno dalla Russia al Marocco – passando per la Siria e la Libia – tra i quali si contano diversi scenari di crisi. Uno sguardo che cozza con la visione della Strategia Globale dell’Unione Europea, in quanto non va oltre ai paesi ai propri confini esterni, ad ammissione della mancanza di forza di guardare lontano. Per rispondere c’è bisogno di una “forte politica estera e di sicurezza europea”, ma è un risultato ancora impalpabile. Il primo messaggio è lanciato al Regno Unito, che viene definito un partner chiave in risposta a questa quinta priorità dell’Unione e con il quale la Germania si impegnerà ad accelerare il negoziato per arrivare ad un accordo per il prossimo autunno, anche se cita la necessità di prepararsi ad un possibile scenario no-deal. Le altre tre priorità di politica estera identificate, invece, sono riconosciute nelle conferenze di accesso della Macedonia del Nord e dell’Albania; nelle relazioni con l’Africa - il continente più prossimo e con il quale si svolgerà la conferenza UE-UA per riflettere su migrazione e asilo - e nella relazione strategica con la Cina, con la quale diventa sempre più delicato stabilire un rapporto virtuoso per via delle responsabilità cinesi nella diffusione della pandemia e per il rapporto con Hong Kong. Ecco perché risulta strategico riconoscere in Pechino un “partner commerciale” di primaria importanza, ma anche un attore con “diverse visioni politiche e sociali”. Per via del Coronavirus (e forse anche per i recenti disordini?), il Summit UE-Cina di settembre non avrà luogo, ma si continuerà a lavorare al rapporto tra i due attori.

La realtà dei fatti

I paesi europei lavorano con largo anticipo alle priorità del proprio semestre di Presidenza del Consiglio Europeo, ecco perché è corretto ritenere che la Germania si aspettasse di poterlo avviare in un contesto totalmente differente e si fosse data una diversa gerarchia delle sfide da affrontare. La Pandemia ha imposto a Berlino di rivedere i propri piani semestrali ed è per tale motivo che esso sarà caratterizzato da uno sguardo volto tutto all’interno, in risposta al salasso economico e alle tensioni sociali che si trovano a fronteggiare i paesi europei. I maggiori applausi sono infatti stati strappati ribadendo l’importanza di fronteggiare i movimenti euroscettici e populisti che troveranno terreno fertile nelle difficoltà economiche del continente e che, indirettamente, vengono additati come minaccia principale alla tenuta del progetto europeo. L’attuale congiuntura complica ampiamente i piani di un semestre che ci si poteva attendere avesse tutto un altro sapore. Esso, infatti, portava con sé numerosi segnali: la seconda Presidenza in 13 anni (gennaio-giugno 2007) di una Angela Merkel esperta e pronta a rilanciare il motore europeo insieme a Emmanuel Macron; così come l’assistenza della Presidenza della Commissione europea, impersonificata da Ursula Von der Leyen. I due paesi locomotori dell’UE avrebbero potuto lavorare all’avvicinamento delle istanze dei paesi nordici e centrali con quelli mediterranei, cercando una sintesi su numerosi dossier di politica internazionale che ancora bloccano i movimenti dell’Unione. Se prima era lecito aspettarsi un semestre di accelerazione, adesso invece pare complesso intravedere la possibilità che si lavori all’unità sulla PESC, dando priorità agli aspetti economici interni su cui, come visto nelle ultime settimane, le divisioni non mancano.

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