La Rivoluzione dei materiali nel fashion system: le tecnologie antivirali, antibatteriche e antimicrobiche

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  Redazione
  02 ottobre 2020
  4 minuti, 40 secondi

A cura di Filippo Schena

L’impatto dell’emergenza sanitaria sul fashion system è stato seriamente rilevante, soprattutto se prendiamo in considerazione il settore retail. La pandemia relativa al Covid-19 ha messo in primo piano, come conditio sine qua non per riavviare le attività di vendita, la sicurezza dei consumatori, e ha reso misure di igienizzazione e sanificazione dei prodotti una priorità. Molte aziende, per far fronte alle ingenti spese addizionali di mantenimento dei servizi in questione, hanno dato una forte spinta all’innovazione. Nello specifico, hanno fatto sì che i settori di ricerca e sviluppo si concentrassero sulla creazione di materiali, fibre e tessuti innovativi antibatterici e antimicrobici. Nel post seguente, andremo a scoprire: cosa sono effettivamente queste tecnologie antivirali, antibatteriche e antimicrobiche; quali sono le aziende che finora si sono adoperate per l’implementazione di iniziative in tale ottica; le difficoltà che si potrebbero incontrare nella realizzazione delle stesse e infine il contesto all’interno del quale possiamo inquadrare tali operazioni di protezione antibatterica e antivirale.

Partendo dalle basi: che cosa sono le tecnologie antivirali, antibatteriche e antimicrobiche?

Le tecnologie antivirali, antibatteriche e antimicrobiche possono essere considerate come tutti quei processi e trattamenti che consentono al prodotto finale - in questo caso specifico ci stiamo concentrando sull’abbigliamento - non solo di proteggere la persona che lo indossa da virus o da batteri, ma alle volte persino di distruggerli. I processi di finissaggio attraverso cui passano i tessuti fanno sì che il prodotto finale sia uno schermo che ostacola la permanenza del virus, inibendone la resistenza dopo una serie di lavaggi.

Quali sono le aziende che hanno proposto iniziative?

Le aziende che stanno lavorando alla sperimentazione in tale ambito sono parecchie: mi limiterò a riportare gli esempi di Made in Italy del Gruppo Marzotto, Albini Group, RespectLife e Diesel.

Il Gruppo Marzotto ha stabilito una collaborazione con l’azienda svedese Polygiene per la tecnologia ViralOff. Tale tecnologia è un trattamento antivirale che può essere applicato su tessuti prodotti con fibre naturali (lana, lino, cotone). In via di sperimentazione, il finissaggio permette di ridurre in brevissimo tempo oltre il 99% dei virus che potrebbero appoggiarsi sulla superficie del tessuto stesso.

Albini Group sta sperimentando una nuova tecnologia chiamata VIROFORMULA, la quale utilizza la tecnologia Viroblock - prodotta dall’azienda svizzera HeiQ - senza alterare le proprietà fisiche e meccaniche dei materiali. Nello specifico, gli elementi chimico-tessili utilizzati permettono di distruggere i virus attraverso la combinazione di:

  • tecnologie brevettate a base d’argento che attivano reazioni antivirali ad alto spettro attraendo i virus e legandosi permanentemente ai loro gruppi di zolfo;
  • tecnologia della vescicola grassa (liposomi), che distrugge i virus esaurendo la membrana virale nel suo contenuto di colesterolo.

Questa tecnologia impedisce ai tessuti di diventare superfici per la diffusione di virus e batteri nocivi; inoltre, contribuisce a ridurre il rischio e la velocità di contaminazione e trasmissione. I tessuti in cui è stata integrata la tecnologia VIROFORMULA (il cui effetto dura fino a 30 lavaggi a temperature delicate) inibiscono attivamente i virus e uccidono i batteri a contatto con la superficie in un brevissimo lasso di tempo.

RespectLife si concentra invece sulla progettazione e produzione di tessuti e capi per il personale sanitario. La scelta della start-up verte solo ed esclusivamente sul Polipropilene (PP). Il Polipropilene infatti è una fibra superidrofobica che non permette la colonizzazione batterica e diminuisce la possibilità di trasferimento dei virus.

Diesel ha lanciato Diesel Upfreshing, capsule in cui non solo ha aggiunto la tecnologia PROTECTOR SHIELD, ma l’ha integrata proprio nella collezione SS20, in modo da riutilizzarla e dare nuova vita ai capi. Come possiamo leggere direttamente dal sito, “il PROTECTOR SHIELD coniuga un prodotto certificato antibatterico e antimicrobico a una barriera contro le secrezioni salivari (droplet)”. Tale tecnologia permette al cliente di lavare i prodotti che ha acquistato meno di quanto fosse abituato a fare: in questo modo, i capi avranno una durata maggiore e lo spreco di risorse per il mantenimento sarà inferiore.

Quale potrebbe essere uno dei pericoli di questa tendenza? Le operazioni di marketing.

Come abbiamo già avuto modo di vedere relativamente a fenomeni di greenwashing e covidwashing, anche in questo caso, senza una comprovata testimonianza dell’utilizzo di tecnologie antivirali, antibatteriche e antimicrobiche si rischia non solo di avere pesanti ricadute sulla credibilità e reputazione aziendale, ma anche di compromettere la stabilità socio-economica di una comunità. Inoltre, per il consumatore è necessario saper riconoscere e distinguere precisamente le diverse tecnologie, le proprietà, le possibilità di applicazione e lo stadio di avanzamento nella sperimentazione. Soprattutto, inseriti in un contesto di convivenza con il virus Covid-19, è necessario non semplificare. Ogni trattamento origina da differenti combinazioni chimico-tessili, e di conseguenza è da considerare unico nel suo genere.

La creazione, produzione e l’uso di tessuti antivirali, antibatterici e antimicrobici sono solo alcune delle tante sfide che il fashion system si ritrova ad affrontare nel 2020. I mesi di chiusura preventiva hanno infatti sollevato importanti riflessioni e dibattiti in generale sulle tempistiche di produzione e distribuzione dei prodotti, incrementando l’interesse del consumatore verso la tracciabilità e impatto dei propri acquisiti sul Pianeta. Come intuito da quanto letto sopra, questa rivoluzione dei materiali nell’abbigliamento si inscrive perfettamente nel contesto green e sostenibile: serva da esempio il Polipropilene (PP), tecnopolimero ottenuto da idrocarburi e derivato del petrolio, che non solo ha un alto grado di riciclabilità, ma grazie alle sue caratteristiche fisico-chimiche permette alla produzione di avere un impatto ambientale inferiore rispetto alle altre fibre sintetiche.

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