La seconda ondata: un’epidemia di disinformazione

Falsi contenuti virali frutto di strategie di comunicazione digitale

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  Redazione
  03 luglio 2020
  5 minuti, 39 secondi

A cura di Andrea Radaelli

La corsa alla realizzazione del vaccino contro il Covid-19 è iniziata ormai da qualche mese. Hanno preso parte alla competizione numerosi attori, tra cui aziende farmaceutiche, governi nazionali e sovranazionali e anche singoli ricercatori. Al pari della ricerca vi è però anche la preoccupazione che, una volta trovato il vaccino, poche persone (o comunque non abbastanza) decidano di vaccinarsi.

In Italia, EMG Acqua ha condotto dei sondaggi che stimerebbero attorno al 21% la quota di popolazione non disposta a vaccinarsi, contro un 63% convinto che la vaccinazione sia un passo necessario per la risoluzione della pandemia. In America, ad oggi prima nazione al mondo per numero di contagi e numero di morti (secondo le stime ufficiali), la percentuale dei contrari al vaccino è cresciuta fino al 23% (secondo yahoo news/ you gov), mentre la percentuale di coloro che sono convinti a vaccinarsi scende fino al 50%. La rimanente parte di popolazione si dice perplessa e non sicura di volersi vaccinare, non perché crede a teorie del complotto, ma perché preoccupata che un vaccino creato in modo così veloce e senza passare attraverso un iter standardizzato possa nascondere delle minacce alla salute. La minoranza no-vax, convinta delle sue posizioni, non ascolta, ormai da tempo, gli esponenti della comunità scientifica, le istituzioni di categoria o gli stessi personaggi famosi ex appartenenti al gruppo dei no-vax. Essi sono, in buona parte, convinti che Bill Gates stia cercando di innestare un microchip nel loro organismo per poterli comandare come degli automi.

Le teorie del complotto trovano terreno fertile soprattutto tra le fasce di popolazione meno istruite e durante i momenti di grande incertezza. Lo scoppio di una pandemia preannunciata ma sottovalutata ha fornito molto tempo libero durante la quarantena, affinché queste speculazioni, senza alcun fondamento empirico, si diffondessero a macchia d'olio con conseguenze particolarmente dannose.

Sono molti gli esempi che si potrebbero fare: dalle manifestazioni politiche noncuranti delle misure di sicurezza alle proteste dei gilet arancioni, fino ad arrivare ad esprimere la volontà di fare causa alla Cina e chiedere i danni per miliardi di euro. Ovviamente, la fonte di numerose false convinzioni è - nella quasi totalità dei casi - l’uso non corretto dei social media. L’abuso sconsiderato di Facebook, Google, Instagram e Twitter da parte degli utenti e dei creatori di contenuti ha portato attori sovranazionali, come il parlamento europeo, a nominare una commissione per la lotta alla disinformazione e alle fake news, salvaguardando la libertà di espressione.

"Quello che stiamo vedendo oggi è uno degli svantaggi di non aver avuto una forte tradizione di investimento nell'educazione ai vaccini o nelle comunicazioni," così Glen Nowak, direttore del Center for Health & Risk Communication dell'Università della Georgia ed ex direttore delle relazioni con i media del Center for Disease Prevention and Control, spiega come, al pari dell’azione medica, sia necessaria anche una penetrante strategia comunicativa, soprattutto nel mondo digitale. È da ricordare che il movimento anti-vaccino è solo uno dei tanti temi che vengono strumentalizzati per ottenere il consenso da parte di una buona fetta dell’opinione pubblica.

La lotta alla disinformazione è una delle azioni più importanti che i leader mondiali dovrebbero incoraggiare al fine di salvaguardare le libertà individuali. Alcune delle possibili azioni da intraprendere sono: condividere i fatti, evitare il gergo, trovare fonti affidabili e verificare sempre quanto viene detto. Il fact-checking non è censura. È nell'interesse comune denunciare notizie false anche se, molto spesso, il vero scopo delle fake news è consumarle velocemente, prima che possano essere contraddette o etichettate come bufale. I prodotti della disinformazione sono studiati accuratamente per utenti inesperti inclini al sensazionalismo. Una volta che mezze verità e asserzioni false vengono condivise, ricevendo molte reazioni positive (come migliaia di ‘like’), il loro scopo è stato raggiunto, penetrando capillarmente in gruppi, profili e post. A nulla vale il fatto che una buona percentuale di queste ‘persone' siano in realtà bot, comprati appositamente per creare l’illusione di un ampio consenso. Alcune azioni da evitare quando si sta partecipando ad una discussione on-line sono: non provare vergogna delle proprie idee quando queste sono basate su prove empiriche; non ridicolizzare o emarginare altri utenti; non discutere direttamente con il singolo credente radicalizzato e ostinato nelle proprie convinzioni ma puntare al grande pubblico.

Nonostante questi riguardi, è doveroso dichiarare che queste strategie di comunicazione digitale non garantiscono una piena efficienza nel contrastare la disinformazione o cambiare l’opinione delle persone. Insomma, a far guerre a colpi di tweet si perde tempo, voglia ed energia. La garanzia di una comunicazione rispettosa risiede nel prerequisito fondamentale che il pubblico sia capace di verificare le informazioni che gli vengono date. Ovviamente questo non accade, e molti utenti credono a quanto viene detto loro da fonti parziali. Fortunatamente, il consenso costruito su falsità ha vita breve quando, messo sotto pressione da emergenze, imprevisti e calamità mostra tutti i suoi limiti.

Un approccio più sistematico per il contrasto alla disinformazione risiede nelle mani dei legislatori, che devono creare nuovi strumenti legislativi per meglio individuare, sanzionare e sradicare i soggetti particolarmente inclini a strumentalizzare il proprio diritto di espressione a scapito del diritto alla corretta informazione di tutti gli altri.

Nel mondo, non a causa di teorie sulle cospirazioni ma a causa di un vero virus (il SARS-CoV-2), sono morte oltre 480.000 persone e quasi 10 milioni di individui sono stati infettati. La necessità di una corretta informazione sulla prevenzione e salvaguardia personale tramite DPI, distanziamento sociale e apps per il tracciamento, viene oscurata da un piccolo numero di opinionisti che molto semplicemente crede che tutto ciò sia falso. L'ascesa della disinformazione, che ogni giorno non fa altro che mettere in discussione gli esperti, erode sempre più la fiducia nella scienza, facendo in modo che le persone incerte si convincano di menzogne invece di avere accesso a informazioni veritiere.

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Politici, figure di spicco e personaggi famosi su internet hanno la possibilità di raggiungere milioni di persone, di essere ascoltate e credute. Molti dicono tutto ciò che vogliono senza però prendersi la responsabilità di ciò che hanno dichiarato, nascondendosi dietro il loro diritto alla libertà di espressione, perpetuano pregiudizi, discriminazioni razziali, di genere e d’orientamento sessuale. Insomma, i vaccini non fanno venire l’autismo, il coronavirus esiste e molto di ciò che troviamo su internet non è credibile. Il ruolo di tutti, nella partecipazione al dibattito on-line, è quello di essere utenti responsabili, che utilizzano la tecnologia che gli viene affidata non come un giocattolo ma come uno strumento dalle incredibili possibilità.

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