L’Amazzonia sospesa tra Lula e Bolsonaro

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  Alessia Marchesini
  21 ottobre 2022
  5 minuti, 15 secondi

Lo scorso 2 ottobre si sono tenute in Brasile le elezioni per designare il nuovo presidente della Repubblica. I due sfidanti favoriti erano il presidente uscente Jair Bolsonaro – esponente di estrema destra, spesso criticato per le sue posizioni negazioniste sul Covid-19 e sul cambiamento climatico – e l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva – storico leader di sinistra che guidò il Paese dal 2003 al 2007, tornato eleggibile recentemente dopo l’annullamento della condanna per corruzione ricevuta nel 2017.

Al primo turno nessuno dei due candidati si è aggiudicato la maggioranza assoluta dei voti. Lula ha infatti ottenuto il 48,39%, mentre Bolsonaro, pur superando le aspettative dei sondaggi, si è fermato al 43,23%.

Dunque, per sapere chi sarà il prossimo presidente del Brasile bisognerà aspettare il secondo turno di elezioni previsto per il 30 ottobre.

Dall’esito di questo ballottaggio non dipenderanno solo innumerevoli questioni geopolitiche e sociali, ma anche ambientali e climatiche. Il Brasile, infatti, si trova nel cuore dell’Amazzonia, uno dei polmoni verdi più grandi del nostro pianeta, nonché uno dei più soggetti a deforestazione e sfruttamento.


Bolsonaro: un pericolo per l’Amazzonia

Il destino dell’Amazzonia e della sua biodiversità, così come quello delle popolazioni indigene che vi abitano, è sempre più incerto.

La condizione di sfruttamento di quest’immensa risorsa è già ai massimi storici, ma un secondo mandato presidenziale di Bolsonaro peggiorerebbe ulteriormente una situazione già alquanto drammatica.

Per fare tale constatazione non serve analizzare il programma elettorale di questo candidato, basta solamente guardare le politiche ambientali portate avanti in questi quattro anni di guida del Paese.

Oltre alle innumerevoli dichiarazioni sull’inesistenza del cambiamento climatico e la rivendicazione del cosiddetto sovranismo ambientale, secondo cui l’Amazzonia sarebbe una risorsa statale e non un patrimonio dell’intera umanità, si possono analizzare i dati e le statistiche: negli anni di presidenza Bolsonaro la deforestazione è aumentata del 75.6%, gli incendi boschivi del 24% e le emissioni di gas serra sono cresciute del 9,5%.

A pagare le conseguenze della distruzione dell’habitat amazzonico non sono solo animali e piante, bensì anche le popolazioni native che da secoli abitano tale foresta. Tuttavia, le loro proteste sono state sistematicamente represse nel sangue; si stima infatti che solo nel 2021 siano state uccise 200 persone tra attivisti per il clima e indigeni.

Ma perché questo sfruttamento incessante delle risorse naturali? La risposta sta negli interessi delle lobby dell’agricoltura e dell’allevamento. Questi due settori produttivi sono i più importanti e redditizi dell’intero Paese e sono da sempre sostenuti e incentivati dai governi, senza eccezione per quello di Bolsonaro. Egli ha ulteriormente deregolamentato i settori dell’agricoltura e della silvicoltura, ha posto a capo di agenzie e organizzazioni per la salvaguardia ambientale militari ed ex militari, tradizionalmente vicini agli imprenditori dell’industria agroalimentare, e diminuito i fondi per la conservazione della foresta in favore dell’aumento di quelli per la produzione agricola e l’allevamento.

Infine, nonostante il Brasile sia ricco di risorse rinnovabili, il governo Bolsonaro ha aumentato gli incentivi per la produzione di gas fossile.


Lula e gli ostacoli alla promessa di proteggere l’ecosistema

Dall’altro lato della medaglia, l’ex presidente Lula si mostra molto più attento all’ambiente e ai diritti degli indigeni. Le sue dichiarazioni fanno emergere la volontà di ridurre drasticamente la deforestazione e far rientrare il Brasile all’interno degli obiettivi sulle emissioni di CO2 concordati a Parigi, anche aprendo ad aiuti internazionali, sempre rifiutati da Bolsonaro.

Lula ha infatti recentemente affermato che “difendere la sovranità è difendere l’Amazzonia dalla politica di devastazione dell'attuale governo. […] Prendersi cura dell’ambiente è soprattutto prendersi cura delle persone. Cercare la convivenza tra lo sviluppo economico e il rispetto della flora, della fauna e dell’essere umano. La transizione verso un nuovo modello di sviluppo sostenibile è una sfida globale”.

Le parole di Lula sono in parte supportate dai fatti, perché effettivamente durante la sua presidenza tra il 2003 e il 2011 la deforestazione e le emissioni di CO2 erano state ridotte ed erano inoltre state istituite aree di conservazione della biodiversità e riserve destinate alla popolazione indigena.

Tuttavia, la svolta green del Brasile sotto la guida di Lula non sarà affatto scontata; gli ostacoli ai quali dovrà far fronte sono molteplici, così come le incongruenze con altre parti del suo programma elettorale e con la sua visione politica di matrice socialista.

Innanzitutto, Lula dovrà scontrarsi con il problema della criminalità organizzata, che da decenni, e in particolare negli ultimi anni, contribuisce alla distruzione dell’ecosistema amazzonico tramite le pratiche illegali di deforestazione ed estrazione mineraria. Questo non sarà un compito affatto semplice data l’organizzazione capillare, il potere e il legame di queste organizzazioni con la società brasiliana.

In secondo luogo, è fondamentale tener conto dell’influenza dell’industria dell’agricoltura e dell’allevamento. Lula sa bene che sarebbe impossibile governare senza l’appoggio – almeno parziale – di queste lobby, e dunque non potrà, e probabilmente nemmeno vorrà, dichiarare guerra a questi settori “solo” per proteggere il clima.

Infine, bisogna tener conto dell’ossimoro ideologico che si andrebbe a creare: agricoltura e allevamento sono da un lato dannosi per il clima e per l’ecosistema, tuttavia dall’altro rappresentano due settori estremamente redditizi che da sempre creano lavoro e opportunità. In altre parole, contribuiscono in maniera fondamentale alla lotta contro la povertà. È dunque chiaro come un presidente socialista non potrebbe mettere i bastoni tra le ruote in maniera eccessiva a settori così vitali per l’economia del Paese e per il benessere dei cittadini.

In conclusione, una svolta storica in favore della salvaguardia dell’Amazzonia e del clima sudamericano non sarà possibile in ogni caso, ma forse è possibile evitare di gettare ancora più benzina sul fuoco. Come ha sintetizzato Marcio Astrini, segretario esecutivo del network Climate Observatory, “alle elezioni di ottobre i cittadini brasiliani dovranno fare una scelta: possono avere Bolsonaro o possono avere la foresta Amazzonica, ma non possono avere entrambe le cose. Solo una delle due“.

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Fonti consultate per il presente articolo:

https://www.pexels.com/it-it/foto/fiume-che-scorre-1260325/

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/lula-o-bolsonaro-la-partita-e-lambiente-36315

https://www.ilpost.it/2022/10/03/lula-bolsonaro-ballottaggio/

https://www.editorialedomani.it/ambiente/la-scelta-del-brasile-e-fra-bolsonaro-e-lamazzonia-nr9y4l6n

https://www.geopolitica.info/questione-ecologica-in-brasile-le-politiche-del-governo-bolsonaro-il-sovranismo-ambientale-le-conseguenze-per-lamazzonia-e-i-contrasti-con-la-comunita-internazionale-parte-ii/

https://www.linkiesta.it/2022/10/lula-brasile-ballottaggio-ambiente-indigeni-amazzonia-bolsonaro/

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/01/il-senso-di-bolsonaro-per-il-clima-meno-foreste-piu-razzie/6475072/

https://www.huffingtonpost.it/blog/2022/05/09/news/lula_punta_alla_sovranita_del_brasile_anche_attraverso_l_ambiente-9353734/

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L'Autore

Alessia Marchesini

Classe '99, si laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna. Attualmente frequenta un Master in Politiche, Progettazione e Fondi Europei presso l'Università di Padova. I suoi interessi più grandi sono la storia e la geopolitica, ma anche la natura e la tutela dell'ambiente. Da convinta europeista, ha deciso di cimentarsi nello studio e nell'approfondimento degli strumenti che l'Unione Europea mette a disposizione di stati e cittadini per rispondere alle esigenze del nuovo secolo, in particolare quelle focalizzate su lavoro, transizione energetica ed ecologica.

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