Le proteste che portano la Serbia a un punto di non ritorno

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  Silvia Pasetto
  28 gennaio 2025
  4 minuti, 58 secondi

Il recente insediamento del presidente Donal Trump alla Casa Bianca e l’atteso accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas hanno messo in secondo piano un’altra serie di vicende da non sottovalutare e da tenere in considerazione e che stanno accadendo in Serbia.

L'intero paese è scosso da un’ondata di proteste che durano ormai da tre mesi, la cui scintilla è stato l’incidente mortale avvenuto nella stazione ferroviaria di Novi Sad, il quale ha causato 15 morti e due feriti gravi. Nella seconda città più popolosa del paese, il 1° novembre 2024 è crollata una tettoia della stazione, che era in quel momento in ristrutturazione come parte del più ampio progetto di rinnovamento della linea ferroviaria Belgrado-Budapest, affidato ad un consorzio di aziende cinesi, francesi e ungheresi.

Dopo l’incidente sono stati organizzati momenti di commemorazione per le vittime, durante i quali i manifestanti chiedevano alle autorità di individuare e perseguire penalmente i responsabili, oltre a richiedere le dimissioni del sindaco di Novi Sad e del Primo Ministro Vučević. La violenza utilizzata contro i manifestanti, soprattutto studenti, nel corso di queste manifestazioni, unita alla rabbia generalIzzata per una tragedia evitabile hanno dato vita ad un’ondata di proteste di proporzioni grandissime, che non si vedevano in Serbia dai tempi di Milošević negli anni ’90.

A dicembre 2024, le indagini avevano portato all’arresto di una dozzina persone, tra cui l’ex ministro per le opere pubbliche Goran Vesić. Ben presto però, le manifestazioni in sostegno delle vittime si sono trasformate in proteste di più ampio respiro. Infatti, oltre a chiedere giustizia per le vittime dell’incidente e che venga fatta chiarezza sui responsabili delle aggressioni fisiche contro gli studenti che partecipavano alle proteste, i manifestanti hanno iniziato ad organizzare iniziative di chiaro stampo politico soprattutto contro la corruzione e la poca trasparenza con cui gli appalti pubblici nel paese vengono gestiti. Finora, la più grande manifestazione ha avuto luogo il 23 dicembre 2024 a Belgrado, e ha visto la partecipazione di circa 100 mila persone. Ogni giorno alle 11:52 (l’ora dell’incidente) sempre più persone hanno iniziato a radunarsi davanti al palazzo del governo a Belgrado, così come davanti al municipio di Novi Sad.

Sono gli studenti universitari delle maggiori città serbe ad avere sostenuto e alimentato le proteste in questi mesi, a partire dall’occupazione delle facoltà, e a cui si sono poi aggiunti in loro sostegno molti professori, arrivando ad un blocco praticamente totale delle attività universitarie nei tre principali atenei del paese. In seguito si sono uniti alle proteste anche gli insegnanti delle scuole, chiedendo migliori condizioni e un aumento dei salari. Diversi istituti si sono rifiutati di iniziare il semestre. In seguito, hanno iniziato a partecipare alle manifestazioni anche altri settori del mondo del lavoro, i quali hanno organizzato scioperi e blocchi stradali fino ad arrivare allo sciopero generale indetto il 24 gennaio 2025, a cui hanno aderito aziende, negozi, attività commerciali, alcuni media, istituzioni culturali, sindacati e alcune categorie tra cui medici, avvocati e agricoltori.

Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha commentato le manifestazioni in modo sprezzante, e ha accusato i suoi oppositori di manipolare gli studenti. In realtà, come raccontato da A. Antanasijević, studentessa di Belgrado e giornalista in un’intervista per Meridiano13, il punto di forza dei manifestanti è stato proprio quello di essere riusciti a non identificarsi in nessun colore politico, prendendo volontariamente le distanze da qualsiasi associazione, partito o organizzazione politica. Le proteste iniziate dagli studenti sono infatti autogestite, non hanno individuato un leader preciso e non hanno dato vita ad organizzazioni, rendendole quindi molto difficili da controllare. Inoltre, le manifestazioni recenti, rispetto a quelle passate concentrate su temi specifici come l'ambiente, hanno affrontato una gamma più ampia di problemi, dallo stato di diritto alla posizione internazionale della Serbia, sfidando il potere di Vučić e il controllo del suo partito.

Le proteste hanno ottenuto un primo risultato concreto sabato 25 gennaio, quando il presidente Vučić ha richiesto la pubblicazione di tutti i documenti relativi al crollo della pensilina a Novi Sad. Nel frattempo è emerso da un report di Amnesty International, che le autorità serbe avrebbero installato uno spyware chiamato NoviSpy nei telefoni dei manifestati trattenuti dalla polizia, grazie all’uso di software di fabbricazione israeliana. Sia il governo serbo che l’azienda israeliana hanno negato di aver utilizzato tali tecnologie con lo scopo di accedere a dati, foto e conversazioni nei cellulari dei manifestanti, ma i controlli effettuati su decine di telefoni sembrano dimostrare il contrario, alimentando ancora di più le proteste.

In seguito, il 28 gennaio 2025 il primo ministro serbo Miloš Vučević ha rassegnato le dimissioni, e ulteriori concessioni sono state garantite ai manifestanti, che però hanno affermato di non volersi fermare fino a che tutte le loro richieste non saranno accolte. Infatti, è stata indetta dagli studenti universitari una marcia di 80 chilometri da Belgrado a Novi Sad iniziata il 30 gennaio, che culminerà con la partecipazione a imponenti manifestazioni nella città settentrionale di Novi Sad il 1 febbraio prossimo venturo.

Tutto ciò è stato discusso anche in sede del Parlamento europeo durante la plenaria di fine gennaio. La Serbia infatti ha portato avanti i negoziati per l'adesione all'UE per oltre un decennio, ma l'obiettivo appare ancora lontano a causa dei suoi stretti rapporti con Mosca e dello smantellamento della democrazia da parte di Vučić. Secondo alcuni analisti, gli studenti hanno dato vita ad una lotta che pone Vučić e il suo governo di fronte alla più grave crisi politica dal suo arrivo al potere dodici anni fa. Tuttavia, per riuscirci, è fondamentale che tutti i cittadini della Serbia si uniscano a loro.

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Silvia Pasetto

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