Le proteste in Serbia durano da 4 mesi

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  Veronica Grazzi
  11 marzo 2025
  3 minuti, 19 secondi

Da mesi, la Serbia è scossa da un'ondata di proteste studentesche, iniziate in seguito al crollo della pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad. Questo evento ha portato alla luce problematiche profonde, tra cui procedure di appalto poco trasparenti e legami con società straniere, in particolare cinesi, accusate di pratiche non conformi agli standard di sicurezza. Gli esperti hanno sottolineato che affidare i lavori a società estere senza un controllo adeguato ha inevitabilmente aumentato i rischi strutturali.

Questo disastro ha scatenato la reazione di migliaia di studenti e cittadini in strada a chiedere che il governo si prenda la responsabilità di quanto accaduto e si dimetta. Le manifestazioni si sono gradualmente evolute in un movimento contro la corruzione e l'autoritarismo in senso più ampio, e vanno avanti da inizio novembre.

Le proteste si articolano in marce pacifiche, sit-in e assemblee pubbliche organizzate dagli studenti in collaborazione con la società civile. Le università si sono trasformate in centri nevralgici per il coordinamento delle azioni, con incontri quotidiani che servono a pianificare le prossime mosse. Le proteste coinvolgono anche i piccoli paesi nel cuore della Serbia, infatti ogni fine settimana vengono organizzate maratone di corsa e in bici per raggiungerli, con molti sostenitori lungo la strada che offrono cibo e bevande calde.

L'uso dei social media ha giocato un ruolo cruciale nel diffondere informazioni, mobilitare le persone e documentare in tempo reale eventuali abusi da parte delle forze dell'ordine. Nonostante la natura pacifica delle proteste, ci sono stati episodi di tensione con la polizia, che ha spesso risposto con arresti e uso eccessivo della forza.

Un altro dei temi del malcontento è la proposta di legge sugli "agenti stranieri", attualmente in discussione parlamentare iin Serbia. Questo disegno di legge mira a classificare come "agenti stranieri" tutte le organizzazioni e i media che ricevono finanziamenti dall'estero, imponendo loro registrazioni obbligatorie e maggiore supervisione statale. Tale misura aveva sollevato incredbili proteste anche in Georgia, e sembra una tendenza che sta caratterizzando soprattutto l’est Europa. In Bosnia, nella Repubblica Srpska (a maggioranza Serba) è stata recentemente adottata dal parlamento. Tale misura è chiaramente un attacco diretto alla libertà di associazione e di espressione, e mina il ruolo fondamentale delle ONG e dei media indipendenti nel monitorare le attività del governo.

La questione delle proteste è degenerata il 4 marzo 2025 durante una sessione parlamentare nella quale le dimissioni del primo ministro sono state messe come ultimo punto dell’ordine del giorno, con 70 disegni di legge da discutere prima. L’opposizione ha subito critcato la scelta, e richiesto che la questione venisse affrontata subito, prima di proseguire con l’eventuale discussione di nuove leggi. Un’ora dopo l’inizio degli scontri, l’opposizione ha iniziato ad urlare “sciopero generale”, “la Serbia si solleva per abbattere il regime”. L’opposizione ha chiesto anche di discutere la legge per l’aumento dei fondi per l’istruzione e l’accettazione delle dimissioni del governo serbo. Negli scontri in aula sono stati lanciati fumogeni, razzi e acqua, ferendo 3 persone, mentre all’esterno si trovava un’imponente forza di polizia.

Il governo serbo ha tentato di minimizzare l'importanza delle proteste attraverso il controllo mediatico e la delegittimazione dei manifestanti. I principali canali televisivi, strettamente legati al governo, trasmettono una narrazione che descrive le proteste come prive di fondamento o orchestrate da forze esterne. Inoltre, sono stati utilizzati social media e piattaforme digitali per diffondere disinformazione e scoraggiare la partecipazione alle manifestazioni.

Le proteste in Serbia evidenziano la resistenza della società civile, soprattutto degli studenti, anche contro i governi più autoritari. Il futuro del paese dipenderà dalla capacità dei cittadini di mantenere alta la pressione sul governo tramite una mobilitazione continua e un sostegno e attenzione anche a livello globale.

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L'Autore

Veronica Grazzi

Veronica Grazzi è originaria di un piccolo paese vicino a Trento, Trentino Alto-Adige ed è nata il 10 dicembre 1999.

Si è laureata in scienze internazionali e diplomatiche all’università di Bologna, ed è durante questo periodo che si è appassionata al mondo della scrittura grazie ad un tirocinio presso la testata giornalistica Il Post di Milano. Si è poi iscritta ad una Laurea Magistrale in inglese in Studi Europei ed Internazionali presso la scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento.

Grazie al Progetto Erasmus+ ha vissuto sei mesi in Estonia, dove ha focalizzato i suoi studi sulla relazione tra diritti umani e tecnologia. Si è poi spostata in Ungheria per svolgere un tirocinio presso l’ambasciata d’Italia a Budapest nell’ambito del bando MAECI-CRUI, dove si è appassionata ulteriormente alla politica europea ed alle politiche di confine.

Veronica si trova ora a Vienna, dove sta svolgendo un tirocinio presso l’Agenzia specializzata ONU per lo Sviluppo Industriale Sostenibile. È in questo contesto che ha sviluppato il suo interesse per l’area di aiuti umanitari e diritti umani, prendendo poi parte a varie opportunità di formazione nell’ambito.

In Mondo Internazionale Post, Veronica è un'Autrice per l’area tematica di Diritti Umani.

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Diritti Umani

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Serbia protesta studenti Diritti umani corruzione