Le relazioni energetiche tra UE e Africa

Uno scenario favorevole dove gli attori non si incontrano

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  Giulio Ciofini
  25 febbraio 2023
  6 minuti, 57 secondi

Ad un anno dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, lo scenario geopolitico si è delineato attorno a vettori di geopolitica ormai chiari. Uno su tutti coinvolge la sicurezza energetica e la dipendenza, in questo caso dell’Europa, nei confronti della Federazione Russa. 

La necessità che è andata a delinearsi fin dalle prime battute dello scoppio del conflitto, riguarda proprio la ricerca urgente di nuove fonti energetiche. Durante tutto il 2022 e anche con l'inizio del 2023, lo scenario già influenzato dal cambiamento climatico ed esacerbato dal protrarsi del conflitto in Europa, hanno spostato la competizione in aree esterne alle tradizionali sfere d'influenza, vale a dire nel continente africano. Se da una parte abbiamo un attore, quello europeo, che sta tentando di intercettare le proprie necessità di diversificazione di fonti energetiche, dall’altra parte abbiamo un ampio tessuto di paesi ancora intenti a risolvere una profonda crisi economica e soprattutto finanziaria ancora nel solco della pandemia di COVID-19. Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui le due parti apparentemente possiedono due interessi altamente compatibili, ma che, come dimostrano anche gli eventi degli ultimi mesi, non sembrano capaci di far convergere come potrebbero.

Visioni condivise: la transizione energetica

Per comprendere questo shift geopolitico in termini di diversificazione e sicurezza energetica possiamo prendere come esempio le parole pronunciate recentemente dal Vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans: “il continente africano sarà probabilmente il più importante partner per l’Europa per quanto riguarda lo sviluppo del settore dell’energia rinnovabile”. Il rapporto in materia di energia tra UE e il continente africano è già avviato da molti anni. I paesi dell' Africa del Nord che si affacciano sul Mediterraneo sono già parte delle politiche di vicinato, mentre più in generale, dal 2007 è stato lanciato il cosiddetto Africa-UE Energy Partnership (AEEP). Si tratta di accordi centrali ma che sono oggi, al centro di dibattito proprio per questo shift di attenzione senza precedenti nei confronti del mercato energetico africano.

Timmermans faceva difatti riferimento all’importazione di energia solare dai paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo, menzionando il piano di costruzione di un cavo elettrico sottomarino dal budget di 3.5 miliardi di dollari in grado di trasportare fino a 3.000 MW di energia elettrica tra Grecia ed Egitto. Anche la COP27 ha in qualche modo confermato come l’UE si sta muovendo in materia di energia nel continente attraverso il criticato EU-Africa Global Gateaway Investment Package; un pacchetto da 150 miliardi di dollari di investimenti mirati alla transizione e allo sviluppo energetico tanto in termini di miglioramento e costruzione di infrastrutture che di adattamento ai cambiamenti climatici. Un’iniziativa che si focalizza sulle energie rinnovabili e sul trasporto dell’idrogeno verde che però, molto probabilmente, vedrà la sua realizzazione non prima del prossimo decennio e che da un punto di vista geopolitico sembra ignorare completamente lo scenario locale. Non solo il contributo alle emissioni di CO2 complessivo dell’Africa è circa del 5%, ma anche l’interesse politico ed economico di alcuni cruciali paesi del continente (dove le riserve di combustibili fossili come gas, petrolio e carbone sono particolarmente concentrate), sono scarsamente interessati a politiche di questo tipo.

Interessi opposti: la sicurezza energetica

Inoltre, in questo scenario si inserisce l’operato e l’interesse bilaterale espresso dai singoli paesi europei, i quali ovviamente danno maggiore priorità alla sicurezza energetica rispetto alle politiche di transizione energetica che la stessa UE persegue in Africa. Alle parole del Vicepresidente della Commissione Europea, possiamo accompagnare il recente richiamo di Claudio Descalzi, Amministratore delegato di ENI, per un asse sud-nord in materia di energia tra Africa ed Europa. Un invito arrivato in seguito alla firma di un accordo da 8 miliardi di dollari tra Libia e Italia, tra la Corporazione Nazionale Libica del petrolio e ENI stessa. Si tratta del più grande investimento in sviluppo energetico dell’ultimo decennio nel paese africano e che riguarda tanto il rifornimento di gas, quanto lo sviluppo del settore dell’energia solare.
Il continente africano certamente non può coprire rapidamente l’approvvigionamento che fino all’anno scorso garantiva la Federazione Russa. Tuttavia, esso possiede certamente un potenziale anche rispetto alla presenza di fonti di energia tradizionali ancora inutilizzate per differenti motivi, inclusa la carenza infrastrutturale, l'instabilità politica e problemi di sicurezza interna ai singoli paesi. Stiamo parlando di stati quali la Mauritania, la Nigeria, la Repubblica Democratica del Congo, l’Angola o l’Egitto. Tutti paesi con risorse significative che nel corso del 2022 e l'inizio del 2023 sono stati raggiunti dalla diplomazia bilaterale dei paesi europei.

Il caso della Nigeria in questo senso è certamente emblematico. Si tratta di uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo dal potenziale energetico solare significativo e dotato delle più grandi riserve di gas naturale di tutto il continente. Nonostante ciò, Abuja non è riuscita a sfruttare l’incremento dei prezzi dell’energia e dei combustibili fossili e si trova ad affrontare una crisi finanziaria che ha colpito severamente la moneta nazionale.

Il futuro del rapporto in termini di energia tra Nigeria ed Europa infatti si basa sulla realizzazione del gasdotto trans-sahariano (TSGP), un condotto che dovrebbe collegare la Nigeria all’Algeria e di conseguenza l’Europa. Tale progetto è strettamente collegato alla realizzazione del gasdotto Ajaokuta-Kaduna-Kano (AKK), lungo circa 614 chilometri e fondamentale  alla sicurezza energetica domestica che paradossalmente Abuja fatica a raggiungere, nonostante le ingenti disponibilità interne. La realizzazione di progetti di tale portata però è estremamente complessa per innumerevoli ragioni tra cui tensioni regionali, la profonda crisi monetaria che sta affrontando il paese, l’incertezza politica dovuta alle elezioni del 25 febbraio. Dunque, una situazione che mal si sposa con quella sicurezza energetica tanto ricercata con grande apprensione nell’ultimo anno dai paesi europei.

Il ruolo e i bisogni africani

Come abbiamo accennato lungo tutto l’articolo, l’azione europea, unita a quella bilaterale, sembrano estremamente poco coordinate. Anzi, appaiono agire su piani diversi, in un certo senso, incompatibili. All’apparenza, le necessità economiche e l’innalzamento dei prezzi delle risorse energetiche da una parte, e il bisogno di dover cercare rapidamente nuovi partner per riuscire a far fronte alla sicurezza energetica dall’altra, sembrano fattori estremamente conciliabili tra di loro. Tuttavia, ancora una volta specialmente a livello europeo, ci si è concentrati soprattutto sulle priorità delle proprie politiche (transizione e sicurezza energetica) prima ancora di andare ad osservare le differenti esigenze dei paesi africani. Da un lato si è osservato l'incapacità di numerosi paesi di superare la crisi generata dalla pandemia di COVID-19, non solo per incompetenza ma soprattutto per drammatiche situazioni di instabilità interna. Basti pensare ai paesi del Corno d’Africa, al Sahel ma anche all'Africa Australe. Dall’altro lato invece, come per la già citata Nigeria, troviamo paesi che paradossalmente non sono riusciti a sfruttare una congiuntura favorevole come quella dell’incremento dei prezzi legati all’energia. Anche in questo caso, le ragioni sono spesso di natura di politica interna e/o di scarsa gestione dei ricavi.

La situazione così descritta mette comunque in luce un grande spazio di manovra per l’Unione legato tanto agli idrocarburi, quanto allo sviluppo delle energie rinnovabili o all’uranio. Per fare ciò però è necessario costruire una politica di investimento che tenga conto innanzitutto delle esigenze interne al continente africano; non solo per migliorare l’efficacia e aggiornare le partnership già esistenti ma anche e per poter scrollarsi di dosso quello scetticismo che continua a dominare il rapporto tra le parti. Quest'ultimo è un elemento fondamentale per far fronte alla crescente competizione che Cina, Russia ed altre economie emergenti hanno imposto nel continente con una certa facilità, a scapito proprio dell'UE.

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Le fonti utilizzate per la stesura dell'articolo sono consultabili ai seguenti link

A power balance shift as Europe, Facing a Gas Crisis, Turns to Africa for Help,” 2023. https://www.nytimes.com/2022/1... 

 A. Cohen. “African Energy May Save Europe.” Forbes, January 25, 2023. https://www.forbes.com/sites/a....

 B. Bonner. “Europe’s Energy Switch May Boost African Producers.” GIS Reports. gennaio 23, 2023. https://www.gisreportsonline.c....

‌ K. Taylor. “Timmermans: Africa Likely to Be EU’s Most Important Renewable Energy Partner.”  EURACTIV. febbraio 6, 2023. https://www.euractiv.com/secti....

‌ Africa-Eu Energy Partnership, 2022 "COP27 Review: Recalibrating Africa-EU Energy Partnership Towards Accelerated Implementation

 Hayden, Jones. 2023. “Italy Signs $8B Gas Deal with Libya.” POLITICO. January 28, 2023. https://www.politico.eu/articl....

 R.F. Ichord Jr. 2023. “Africa and the Global LNG Crunch: Balancing Energy Security, Development, and Decarbonization.” Atlantic Council. January 31, 2023. https://www.atlanticcouncil.or....

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https://pixabay.com/images/id-3579931/


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L'Autore

Giulio Ciofini

Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Bologna
Master ISPI in International Cooperation

Autore, Framing The World, Mondo Internazionale

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Unione Europea Russia Russia-Ukraine war Energia Sicurezza Energetica africa subsahariana Nigeria Africa del Nord