L'inevitabilità delle epidemie

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  Redazione
  12 ottobre 2023
  7 minuti, 11 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, Specialista in Otorinolaringoiatria e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Uno dei quesiti più cruciali per gli epidemiologi è sempre stato come impedire che un'epoca di ricadute morbose diventi un'era di pandemie. Nel 1918, il mondo fu colpito dalla Grande Influenza, che provocò tra i 25 e i 100 milioni di persone in tre anni. È un’approssimazione molto elevata per i milioni di morti non censiti nel mondo. La maggior parte delle vittime è stata di un’età compresa tra i 20 e i 40 anni.

È stato stimato che questa epidemia, durata circa tre anni, ha ridotto l'aspettativa di vita di quella generazione di circa 12 anni. Nonostante il caos causato dalla Grande Influenza, non ci volle molto perché i popoli andassero comunque avanti e che, in questo modo, anche i ricordi svanissero.

Si giunge all’ HIV

Quando il primo caso americano di HIV/AIDS è stato segnalato nel 1981, nelle sue prime fasi la malattia è stata superficialmente e irresponsabilmente respinta, se non addirittura negata, relegandola sulla strada dell’oblio, qualificandola addirittura come una sorta di affare privato vigente tra omossessuali di entrambi i sessi. Tutto questo è accaduto nonostante tale affezione abbia continuato a mietere circa 675.000 persone di tutte le identità nel solo territorio degli Stati Uniti.

Successivamente, l’Occidente europeo ha continuato a sentirsi al sicuro e in gran parte è riuscito ad evitare il peggio dei numerosi focolai virali facenti capo alla SARS nel 2002-4, l'influenza suina nel 2009 e alla MERS nel 2012.

L’epidemia del COVID-19

E’ stato un evento che ha scioccato il mondo intero distogliendolo dal suo ingenuo senso di sicurezza e compiacimento. È stata sconvolta la vita di tutti mentre la pandemia travolgeva ospedali, scuole e città chiudevano, sigillava i confini fra i territori e gli stati, retrocedeva le economie a un punto morto e, naturalmente, mieteva tantissime vittime: a partire dal settembre 2022, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha registrato 6,5 milioni di morti per COVID-19, ma il vero bilancio potrebbe essere due o tre volte questa cifra.

Le cause epidemiologiche sono state quelle solite, ben conosciute e numerose: la crescita della popolazione, l'urbanizzazione in forte crescita nell’intero mondo, un maggiore consumo di carne nei paesi più ricchi e la crescente vicinanza, in qualche caso la promiscuità, con la fauna selvatica.

Nel loro insieme, è dimostrato scientificamente che questi fattori aumentano il rischio che i virus che solitamente albergano negli animali contagino gli esseri umani. Una volta che i nuovi virus infettano le persone, subentrano altri fattori che facilitano il contagio interumano ben oltre le loro origini primitive.

Con l'aumento dei viaggi a lunga distanza, un agente patogeno può ora transitare in tutto il mondo in poche ore e la crescita dei raduni di massa – dalle Olimpiadi all'Oktoberfest in Germania al pellegrinaggio Hajj in Arabia Saudita – aumenta le probabilità di eventi epidemiologici di super-diffusione del virus capaci di infettare un grandissimo numero di persone contemporaneamente.

La crescita della popolazione sia negli animali che negli esseri umani, l'industrializzazione, l'urbanizzazione e la modernizzazione hanno aumentato il rischio che le malattie infettive virali si trasmettano agli esseri umani e si diffondano.

Il progresso medico che interviene

I progressi moderni hanno anche dato al mondo nuovi strumenti per prevenire, tracciare e contenere le infezioni, permettendoci di impedire che lo spillover si trasformasse nel caos globale. In altre parole, la fuoriuscita del virus da quella specie di “serbatoio” nel quale abitualmente circola, verso una nuova specie “ospite” (spillover) e le epidemie sono inevitabili, ma le pandemie no.

Pertanto, il più grande compito che l'umanità deve assolvere attualmente è quello di adoperare ogni strumento di profilassi per recidere il legame tra il primo fattore ed il secondo. È un compito reso più facile che mai dalla scienza moderna, ma anche uno che richiede elementi cruciali gravemente carenti nell'era di COVID-19: velocità, cooperazione e fiducia reciproci. Senza superare questi deficit, la catena rimarrà ininterrotta o sensibilmente menomata.

Succede lo spillover (ricaduta)

Oggi, è difficile affermare quanti possano essere i virus che stanno circolando tra gli animali, ma il numero è comunque sconcertante: secondo una stima epidemiologica e di laboratorio, sono state riconosciute circa 300.000 specie di virus animali. Altri che gli scienziati devono ancora essere individuati e caratterizzati.

All'incirca per ogni minuto che passa, da qualche parte sul pianeta un virus animale acquisisce la capacità di trasmettersi ad un essere umano, un evento noto per la scienza come "salto zoonotico".

Nella maggior parte dei casi, la storia finisce lì, con la persona che riceve lo spillover e che non infetta nessun altro; spesso perché il virus era inizialmente trasmesso per via ematica e non era mai mutato in una malattia respiratoria facilmente diffondibile.

A volte, tuttavia, il mondo diventa sfortunato e una nuova variante raggiunge la diffusione aerea nei primi casi. Il tasso di ricaduta sembra essere in aumento.

Ogni anno, circa uno o tre nuovi virus con tutto il potenziale per iniziare una nuova pandemia vengono segnalati per passare dagli animali al genere umano.

Cosa sta causando l'aumento dei focolai di spillover?

Gli epidemiologi sono d’accordo per definire l’epidemia come figlia della modernità.

La popolazione mondiale è più che triplicata dal 1950 ad oggi, spingendo un maggior numero di esseri umani (e i loro animali domestici) a contatto con la natura selvaggia.

Man mano che gli esseri umani si sono moltiplicati, hanno tagliato innumerevoli ettari di foreste non solo per raccogliere legname, ma anche per fare spazio a nuove strade, città, fabbriche, miniere e, soprattutto, fattorie agricole.

La specie più invasiva di tutte siamo noi: gli esseri umani hanno convertito metà della terra abitabile del pianeta all'agricoltura.

Il cambiamento climatico ha esacerbato queste problematiche già esistenti e incidenti sulla salute globale dell’umanità intera.

Ha generato ancora più perdita di habitat e ha spinto gli animali selvatici da climi più caldi a climi più freddi, dove è più probabile che si mescolino con nuovi animali e più persone.

Ha portato a carenze idriche e cattivi raccolti che hanno spinto gli abitanti verso le megalopoli e campi di raccolta di migranti dove gli agenti patogeni si diffondono ancora più facilmente. E ha allungato le stagioni riproduttive e ampliato gli habitat di zecche, zanzare e mosche, tutti insetti portatori di malattie contagiose.

Lo spillover virale è ora la modalità epidemiologica con la quale esordisce non soltanto il Covid ma la maggior parte delle pandemie.

Gli altri fattori…

Altri eventi moderni non aiutano a contrastare l’epidemia: il consumo di carne selvatica è aumentato in entrambe le estremità delle fasce economiche, con i poveri che ricorrono alla fauna selvatica come fonte proteica economica e le società più ricche che hanno sviluppato commercialmente un gusto (tutto economico) per le merci esotiche.

Secondo i rilevamenti del commercio mondiale, circa sei milioni di tonnellate di carne selvatica vengono raccolte ogni anno dal solo bacino del fiume Congo.

Nel frattempo, il commercio di animali esotici è fiorente, con più persone che adottano gli animali che una volta vivevano solo allo stato brado. La crescente tendenza del pollame da cortile sta portando il bestiame domestico in contesti urbani.

Centinaia di anni fa, la maggior parte delle grandi epidemie, come la peste e il colera, erano causate da batteri o da malattie così familiari che erano considerate l'affermazione dell’ordine naturale tra gli esseri umani. Lo spillover virale è ora il modo in cui inizia la maggior parte delle pandemie. L'influenza del 1918 potrebbe essere iniziata in un allevamento di maiali americani.

L'influenza asiatica del 1957-58 e l'influenza di Hong Kong del 1968 provenivano entrambe dalla trasmissione aviaria. L'influenza suina del 2009 è passata dai suini, che hanno agito come vasi di miscelazione in cui i ceppi di influenza suina, aviaria e umana si sono congiunti e patologicamente ricombinati.

Infatti, dall'avvento degli antibiotici e dei vaccini moderni, la maggior parte delle nuove malattie contagiose di qualsiasi tipo sono iniziate come infezioni virali animali, che si sono successivamente riversate sugli esseri umani.

Il virus che ha causato l'epidemia di SARS del 2002-4, SARS-CoV-1, e quello dietro la pandemia di COVID-19, SARS-CoV-2, probabilmente provengono dai pipistrelli, così come il virus Ebola. La MERS proveniva dai cammelli. L'HIV farebbe risalire le sue origini anche agli scimpanzé. Il vaiolo potrebbe essersi trasmesso da un roditore.

I rilevamenti epidemiologici e di laboratorio non cesseranno di riservarci altre sorprese in futuro.

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