I sintomi depressivi nei giovani europei sono aumentati

Secondo i dati del rapporto Ocse, i sintomi depressivi nei giovani europei sono aumentati a causa della pandemia

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  Wiam Kessab
  20 dicembre 2022
  3 minuti, 57 secondi

Il REPORT DELL’OCSE

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha di recente pubblicato un report "Health at a Glance: Europe 2022” per fotografare la situazione a livello europeo della diffusione e, quindi, dell’aumento di sintomi depressivi e disagi psicologici, ormai diventati una delle conseguenze più impattanti della pandemia, colpendo soprattutto le fasce più giovani.

Quando si parla di sintomi depressivi, si fa riferimento non solo alla depressione intesa come disturbo diagnosticato, ma anche a tutti quei disagi psicologici che - pur non presentando le caratteristiche tipiche per una diagnosi di depressione - portano le persone a sentirsi un po’ più sole e tristi rispetto al mondo che le circonda. La depressione è un disturbo diffuso tra la popolazione generale e quindi ben conosciuto: infatti, sembra che ne soffra dal 10% al 15% della popolazione, con una frequenza maggiore tra le donne.

I SINTOMI DEPRESSIVI RADDOPPIATI DOPO LA PANDEMIA

Nel suo report, l'Ocse ha provato a mettere a confronto alcuni Paesi europei, prendendo come riferimento la fascia di giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni. In molti casi, la percentuale di giovani che presentano sintomi depressivi è più che raddoppiata rispetto a prima della pandemia. E' anche vero che non è facile tracciare un quadro dei sintomi depressivi tra i giovani europei, poiché ogni Paese comunica i dati in modo diverso: l’impresa dell’Ocse non è stata quindi semplice. Invece, in Francia, si è passati dal 10% del 2019 al 20% del 2021 e in Islanda dal 9% al 37%. La Norvegia è il Paese che negli anni della pandemia ha registrato la più alta percentuale di giovani con sintomi depressivi: si è passati dal 9,5% del 2019 al 42,5% del 2021. I dati che arrivano dall’Italia sono invece relativi alla fascia di età che va dai 16 ai 24 anni: nel 2021, più del 24% dei giovani ha riportato sintomi della depressione, quasi 1 ogni 4, mentre la percentuale tra gli adulti si ferma al 14,4%. Uno degli elementi che ha contribuito alla diffusione dei sintomi depressivi tra i giovani è stata la chiusura delle scuole: mediamente, in Europa, le scuole sono rimaste chiuse per più di 200 giorni complessivi. In Italia siamo al di sopra di questa media, con quasi 300 giorni di chiusura totale. Dal report dell’Ocse, inoltre, emerge con chiarezza che la percentuale di giovani che presenta sintomi depressivi è aumentata, registrando dei picchi proprio in corrispondenza dei lockdown, mentre nei periodi in cui le restrizioni sono state allentate la percentuale è calata. La maggior parte dei governi europei ha provato a rispondere a questa problematica mettendo in atto una serie di misure di sostegno psicologico. Lo ha fatto anche l’Italia, ad esempio, attraverso il bonus psicologico e lo stanziamento di fondi per il sostegno psicologico nelle scuole.

GLI OPERATORI SANITARI SONO LA PROVA DELL’IMPATTO SULLA SALUTE MENTALE

I dati dicono che l’impatto della pandemia sulla salute mentale è stato enorme, con una prevalenza di ansia e depressione più del doppio dei livelli osservati prima della crisi nella maggior parte dei paesi - in particolare, in Messico, Regno Unito e Stati Uniti. Il rapporto dell’organizzazione afferma che l'impatto della pandemia sulla salute mentale è stato particolarmente duro per medici, infermieri, operatori di assistenza a lungo termine e altri operatori sanitari che lavorano a stretto contatto con i pazienti. Gli operatori sanitari hanno riportato la diffusione di alti tassi di ansia, depressione, burnout e turnover dall'inizio della pandemia.

Insomma, durante la pandemia, la salute mentale di tutti i cittadini è stata colpita sia per la paura di contrarre il Covid-19, sia a causa delle misure di confinamento imposte e, di conseguenza, dall’isolamento sociale e dall’incertezza economica, portando a una crescita intensa di depressione e ansia nella popolazione di tutte le fasce d’età.

IL RICORSO ALLA TELEMEDICINA NEL PERIODO DELLA PANDEMIA

Durante la pandemia, il ricorso alla telemedicina ha subito un’accelerazione senza precedenti. Il suo utilizzo non si è limitato all’assistenza psichiatrica, ma ha coinvolto anche gli psicoterapeuti. A metà del 2020, in tutto il mondo, oltre l’80% dei paesi ad alto reddito ha riferito ad un sondaggio dell’OMS di aver utilizzato la telemedicina e la terapia online per sostituire le consultazioni e le sedute psicoterapiche di persona. Il passaggio a un maggiore utilizzo delle consultazioni a distanza ha contribuito a mantenere la continuità dell’assistenza durante la pandemia, e tutt’oggi presenta un reale potenziale per incrementare l’accessibilità a questa tipologia di prestazioni. Tuttavia, come spesso accade, l’utilizzo del digitale può rappresentare una nuova barriera di accesso, in particolare per le persone con competenze digitali limitate.

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L'Autore

Wiam Kessab

IT

Wiam Kessab, classe 2001, ha conseguito la laurea triennale presso la Fondazione UniverMantova in mediazione linguistica; lingue per le relazioni internazionali.

Attualmente sta frequentando il corso di laurea magistrale in relazioni internazionali e diplomazia, curriculum in diritto internazionale ed economia presso l’Università degli studi di Padova.

Durante i suoi studi ha sviluppato un forte interesse sia per le relazioni internazionali che per le lingue.

Attualmente è autrice di Mondo internazionale Post per "Società e Legge".

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Wiam Kessab, born in 2001, graduated from the Fondazione UniverMantova in language mediation; languages for international relations.

She is currently attending the Master's degree course in international relations and diplomacy, curriculum in international law and economy at the University of Padua.

During her studies, she developed a strong interest for the international relations and languages.

She is currently author of International World Post for 'Society and Law'.



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