L'inferno di Haiti

Un paese tra calamità e violenza

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  Alessia Boni
  12 marzo 2024
  5 minuti, 54 secondi

Haiti versa in una situazione di miseria, tra le più desolanti al mondo, teatro di una tragedia che si protrae da secoli e dove la fame è una chimera quotidiana. Port-au-Prince è governata da gang e guardie armate che delimitano il territorio circostante. Come si è arrivati ad una situazione così estrema? E perché il mondo si è dimenticato di questo paese?

La storia

Con un passato coloniale e schiavista, Haiti conquista la propria indipendenza dalla Francia nel 1804, proprio sulla scia scatenata dalla Rivoluzione Francese: in questo modo diventa la prima nazione indipendente di tutta l’America Latina e la seconda del continente intero, anticipata unicamente dagli Stati Uniti. Originariamente, il paese apparteneva all’isola di Saint-Domingue (ex-isola di Hispaniola, come era stata denominata con l’arrivo di Colombo) ma, con l’indipendenza, venne cambiato in Haiti (dal gruppo aruaca di lingua Taino, “Ayti”) con il significato di “aspro” caratteristica del territorio brullo haitiano.

Purtroppo, le crepe sociali causate dalle disuguaglianze interne si ampliarono ancora di più e, inoltre, la parte ad est dell’isola (attuale Repubblica Dominicana) era rimasta sotto il controllo di coloni francesi e spagnoli. La neonata repubblica fu subito emarginata dalle potenze coloniali del tempo e soggetta a interventi militari stranieri fin dalla sua fondazione, con un’élite al potere sempre corrotta, tirannica e giostrata dagli Stati Uniti.

Nel 1937, il generale Rafael Trujillo orchestrò un massacro crudele noto come il massacro del prezzemolo in Repubblica Dominicana. Attraverso un espediente, i soldati dominicani utilizzarono il prezzemolo per identificare gli haitiani, chiedendo alle persone di pronunciare la parola (in spagnolo, perejil) e distinguere chi parlasse francese attraverso la r moscia. Decine di migliaia di haitiani furono vittime di questo orrendo atto di violenza, mettendo in luce le profonde tensioni etniche e la brutalità perpetrate nel corso della storia nella regione.

Il paese, prevalentemente a conduzione agricola, produce per esportare e non per il mercato interno, poiché non viene effettuata una ridistribuzione della ricchezza. Infatti, moltissimi gruppi di haitiani si sono organizzati all’interno di gang e criminalità organizzata, a causa di una povertà dilagante e sfruttamento permanente. Nel 2004, venne rimpatriato Bertrand (unico presidente a proporre una democrazia nel paese, ma deposto dagli Stati Uniti e poi sempre rimpatriato dagli stessi) e scoppiò una guerra civile con l’intervento della missione ONU denominata MINUSTAH (Mission Naciones Unies Stabilisation Haiti).

Haiti oggi: vittime, rapimenti, sfollati

Haiti è il paese più povero dell’emisfero Occidentale. Negli ultimi decenni, è stata teatro di catastrofi naturali e sanitarie a causa della posizione del paese e delle scarse condizioni igieniche che fecero affondare ancora di più il paese senza la possibilità di riprendersi come uragani, terremoti ed epidemie.
Circa l'80% della popolazione vive in una condizione di povertà degradante, vedendo il 54% della popolazione vivere con meno di un dollaro al giorno.

La situazione umanitaria è sempre più drammatica, il Paese è infatti in mano alle bande armate che raccattano per strada bambini soldato e che, la maggior parte delle volte, sono più potenti della polizia stessa. Dopo l’omicidio del presidente Jovenel Moïse nel 2021 proprio nella sua residenza, un sisma che ha fatto migliaia di vittime e l’epidemia da colera, l’ultima emergenza è stato il reclutamento di bambini-soldato. L’Unicef stima quasi 1700 scuole chiuse a causa delle sparatorie e per colpa delle gang più grandi del paese quasi 1 milione di bambini non può più andare a scuola.

Haiti è tornata sui giornali italiani con la notizia del rapimento di sei suore a fine gennaio 2024 e con l’appello di Papa Francesco per la loro liberazione, a seguito di un lungo silenzio da parte dei media italiani.
Nel 2023, le vittime di violenza da parte delle gang che controllano la capitale sono state circa 8.400 tra morti, feriti e rapiti e secondo l’ONU sarebbero stati registrati circa 4.000 omicidi. Gli scontri a fuoco tra la polizia haitiana e le gang sono sempre più frequenti. La frontiera diventa il triste palcoscenico di numerosi casi in cui le donne haitiane, prive di documenti ufficiali, si affidano a trafficanti per superare il confine, diventando così vulnerabili a gravi forme di maltrattamento e violenze.

Oltre il 60% della popolazione nel 2023 è stato costretto ad abbandonare case e villaggi. Secondo l’OIM, a dicembre 2023 più di 310 mila persone sono state costrette a spostarsi in altre zone del Paese considerate più "sicure", specialmente a Port-au-Prince, la capitale, dove la situazione umanitaria e le condizioni di sicurezza sono più tragiche ogni giorno che passa. Tali violenze contribuiscono ad accentuare le disuguaglianze e a privare i cittadini della protezione dei propri diritti. Ad oggi, il capo dell'Ufficio delle Nazioni Unite per la Droga e il Crimine (UNODC), Ghada Waly, ha anche fornito al Consiglio un aggiornamento sul traffico di armi e sui flussi finanziari illeciti, identificando quattro principali rotte marittime e 11 piste d’atterraggio clandestine utilizzate per il flusso illecito di armi da fuoco e munizioni, principalmente provenienti dagli Stati Uniti.

La situazione politica ad Haiti è altamente tesa, con manifestazioni e proteste che hanno paralizzato le principali città del paese il 5 febbraio. Il primo ministro Ariel Henry, non riconosciuto come autorità legittima dal popolo, è stato il bersaglio delle proteste, poiché la richiesta di elezioni trasparenti e democratiche diventa sempre più pressante.

Le gang, che hanno preso il controllo del quartiere più povero di Haiti, la Cité Soleil, hanno recentemente attaccato le carceri della capitale, liberando quasi 4000 detenuti e seminando il panico a Port-au-Prince. Jimmy Chérizier, noto come "Barbecue" e leader della G9, il gruppo ribelle più influente localmente, ha rivendicato l'operazione e minacciato una guerra civile se il primo ministro (ad interim) Ariel Henry non si dimetterà.

Tutto ciò accade in un contesto di emergenza nazionale e umanitaria ad Haiti. Il presidente keniano William Ruto ha annunciato che il Kenya si propone di guidare una forza di sicurezza multinazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite per ripristinare il controllo nella capitale. Questo, dopo un accordo stipulato nel dicembre 2022, che prevedeva elezioni democratiche entro il 7 febbraio 2024, accordo che, secondo le dichiarazioni di Ruto, è stato firmato durante la visita di Ariel Henry a Nairobi. Il Kenya è stato il primo paese a rispondere alla richiesta di aiuti sul campo e la prima nazione volontaria a ristabilire la sicurezza nel paese caraibico.

In questo contesto critico, la comunità internazionale è chiamata a concentrare i propri sforzi per fornire assistenza umanitaria, sostenere il processo di democratizzazione e trovare soluzioni sostenibili che possano portare a una stabilità duratura in Haiti.

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L'Autore

Alessia Boni

Alessia Boni è originaria di Modena, Emilia-Romagna ed è nata il 13 giugno 1998. Ha una profonda passione per la politica internazionale, l'economia, la diplomazia, le questioni ambientali e i diritti umani.

Alessia ha conseguito una laurea in Relazioni internazionali e Lingue straniere, con un semestre trascorso come studentessa di scambio per il programma Overseas in Argentina presso l'Universidad Austral de Buenos Aires, dove ha sviluppato il suo profondo interesse per l'America Latina.

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America del Sud

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