Come ogni anno è giunto il periodo in cui il Ministero dell’Economia ha il compito di presentare la manovra di bilancio che condizionerà l’agenda politica ed economica del Paese. Questo documento finanziario serve a definire le priorità economiche del governo e le sue scelte in materia di spesa pubblica, nonché a finanziare opere pubbliche, politiche sociali e progetti per l’intero anno successivo.
La manovra per il 2025 del governo Meloni si appresta quindi a compiere l’ultimo passaggio prima dell’approvazione definitiva e della sua pubblicazione per diventare ufficiale. Il testo, infatti, dovrà essere presentato in Parlamento per essere esaminato inizialmente dalla Commissione Bilancio della Camera dove maggioranza e opposizione avranno modo di trattare e modificarne il contenuto. Dopo l’intesa raggiunta in Commissione, il testo sarà discusso e votato alla Camera dei Deputati per poi essere inviato in Commissione al Senato e successivamente approvato anche dall’Aula del Senato entro il 31 dicembre 2024.
Taglio del cuneo fiscale e supporto alle famiglie
Una delle scelte del Governo è quella di confermare gli scaglioni di aliquota Irpef ridotti a tre negli scorsi anni. Il ministro Giorgetti dichiara di aver “stabilizzato le tre aliquote al 23%, 35% e 43%” e che, nel caso ci fossero le risorse necessarie, si potrà “lavorare sul secondo scaglione del 35% per venire incontro al ceto medio”. Nel Documento Programmatico di Bilancio si legge una proroga al taglio del cuneo fiscale che viene incrementato e reso strutturale fino a 40mila euro.
Trovano spazio anche iniziative in favore delle famiglie e della genitorialità. Sono confermate e potenziate le misure sui congedi parentali all’ 80% che passeranno da due a tre mesi, è finanziato un bonus destinato a supportare la frequenza di asili nido e sono stanziate nuove risorse in favore delle nascite.
Il Governo, per combattere la crisi della natalità e andare incontro alle esigenze familiari, ha deciso di introdurre un nuovo sistema di calcolo volto a favorire le famiglie più numerose. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, parlando di detrazioni, ha dichiarato che il governo si sta “muovendo in una logica di quoziente familiare: “moduliamo la detrazione sui figli e le fasce di reddito: sono due fattori che teniamo insieme con maggiori detrazioni nei limiti ora previsti”.
La manovra prevede, inoltre, l’introduzione di una “Carta per i nuovi nati” che distribuisce ai nuclei familiari con ISEE entro i 40mila euro un bonus di 1000 euro. Si rifinanzia anche la carta “Dedicata a te” per l’acquisto di beni alimentari di prima necessità (con 500 milioni), nonché il Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa e il Fondo per le non autosufficienze.
Tassazione alle banche
Per finanziare tutte le misure previste dal governo per il prossimo anno sono state date disposizioni per incrementare le entrate fiscali a carico di banche, prodotti assicurativi e in materia di concessioni sui giochi. Già nel 2023 il Governo Meloni aveva cercato di applicare una tassa del 40% sugli istituti di credito, che però aveva spaventato il mercato provocando un vertiginoso crollo in borsa dei titoli bancari nazionali. Quest’anno la misura, che il ministro degli Esteri Antonio Tajani definisce come un “contributo delle banche”, dovrebbe essere meno severa e “non spaventerà i mercati portando un effetto finanziario stimato dell’indotto pari allo 0,16% del Pil nel 2025.
Tagli ai ministeri e deficit
Il ministro dell’Economia Giorgetti ha inoltre richiesto ai ministeri italiani di tagliare tutte le spese superflue. In Italia sono presenti “tanti ministeri, tanti enti pubblici, anche non economici, che vivono di contributo pubblico” e che, asserisce Giorgetti, devono capire che “ogni euro che spendono è un euro che tolgono ai cittadini e alle imprese che pagano le tasse”. Questa richiesta, che dovrebbe portare a un risparmio stimato sui 2,4 miliardi di euro, ha però suscitato l’ira dei Comuni che, ancora una volta, sono destinati a tagliare le spese e le risorse che, in molti casi, sono già da tempo ridotte al minimo.
Sarà inoltre necessario aumentare il deficit del prossimo anno da una stima iniziale del 2,9% al 3,3% del PIL. Tuttavia, il Ministero dell’Economia ha raggiunto un accordo con la Commissione europea su un piano che prevede una riduzione annuale del deficit nazionale per un periodo di sette anni.
Il settore sanitario
Un tema che è stato a lungo oggetto di scontri è lo stanziamento di nuove risorse per la sanità. La promessa di spesa di 3,5 miliardi, pronunciata dalla premier Giorgia Meloni, è stata disattesa dal momento che nel Documento programmatico di bilancio si prevede uno stanziamento di fondi aggiuntivi per soli 900 milioni di euro nel 2025 e di altri 3 miliardi (da reperire) per il 2026.
Si tratta di una cifra ben lontana dalle aspettative che ha deluso anche il ministro della Salute Orazio Schillaci che attendeva 4 miliardi di euro da spendere per il 2025. Il finanziamento del Fondo sanitario nazionale raggiungerà così i 136,5 miliardi nel 2025, un leggero aumento che però nasconde un’amara verità. Infatti, se si considera il rapporto tra spesa sanitaria e PIL nazionale, questo si ferma al 6,3%, uno dei valori più bassi di tutti i Paesi occidentali, al di sotto della media Ocse (6,9%) e della media europea pari al 6,8%.
La manovra di bilancio da circa 25 miliardi potrà ancora essere modificata in questi mesi per volere della maggioranza o in accordo con l’opposizione e dovrà essere votata e approvata entro il termine ultimo del 31 dicembre.
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L'Autore
Jacopo Biagi
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