Niger: andare oltre l'impasse

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  Redazione
  19 agosto 2023
  9 minuti, 25 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Nei giorni e nelle settimane a venire sarà necessaria la volontà internazionale di sopportare il peso di alcune decisioni complesse tenendo conto sia degli interessi regionali a lungo termine che delle necessità strategiche dell'America e più in generale di tutto l’Occidente democratico.

Sono trascorse due settimane da quando il comandante della Guardia presidenziale del Niger ha messo in moto i noti eventi culminati nel rovesciamento del presidente democraticamente eletto di questo paese, Mohamed Bazoum. Attualmente vige una situazione di stallo con il blocco politico internazionale rappresentato dalla “Comunità economica regionale degli Stati dell'Africa occidentale” (ECOWAS), che ha minacciato l'uso della forza per ristabilire il precedente ordine costituzionale democraticamente eletto, così come dai paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti, che hanno sospeso diversi programmi di aiuto a questo paese, tra i più poveri al mondo.

Ora c'è più che mai bisogno di una risposta realistica a tale situazione di tensione per evitare violente degenerazioni ingovernabili. Inoltre, parrebbe che sia in corso la possibilità di trovare una soluzione diplomatica capace di preservare alcuni dei risultati positivi ottenuti in questo tormentato paese dopo anni di paziente impegno e miliardi di dollari investiti.

Non è seconda la necessità di tutelare al massimo la sicurezza del personale militare impiegato a sostegno di quello che è stato il fulcro della sicurezza e della stabilità di tutta la vastissima e instabile area del Sahel. Ovvero, la fascia di territorio dell'Africa subsahariana, estesa tra il deserto del Sahara a nord, la savana a sud, l'oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a oriente.

Sarebbe utile iniziare riassumendo le conclusioni più cruciali di come si sono svolti gli eventi finora: il colpo di stato in Niger è stato realizzato da un gruppo molto ristretto di ufficiali supportati da elementi della Guardia presidenziale. Attualmente non è ancora dato di sapere con chi essi fossero in contatto per la realizzazione del golpe. La giunta così formatasi, ha sfruttato con successo i sentimenti popolari, particolarmente vivi tra i giovani, per ottenere sostegno, soprattutto dopo che l'ECOWAS ha ipotizzato l'uso della forza. La minaccia di un intervento militare, giunta dal blocco regionale dei paesi confinanti dell'Africa occidentale, particolarmente dopo il proprio e recente vertice straordinario del 30 luglio ad Abuja, in Nigeria, è stata sfruttata dalla giunta golpista per galvanizzare il sostegno al putsch, resosi evidente dalle grandi folle che contemporaneamente hanno marciato per Niamey quello stesso giorno, esprimendo slogan contrari sia alla Francia che al suddetto blocco regionale.

Il ruolo dei giovani

Risalta fortemente il ruolo di rilievo avuto dalla numerosa popolazione giovanile del Niger in queste esaltate manifestazione di piazza.

Si tratta di giovani in grande maggioranza privi di istruzione e con prospettive economiche piuttosto desolate. Anche per tali ragioni essi sono suscettibili di ogni cinica manipolazione da parte della propaganda sapientemente guidata dai golpisti tramite l’utilizzo insistente dei social media. Questa stessa azione viene alimentata dall'esterno e della quale gli estremisti hanno già beneficiato nell'Africa occidentale, non solo in Niger, per esempio anche in Mali e Burkina Faso, dove sono stati liberamente eletti i governi che però sono stati successivamente e violentemente destituiti rispettivamente nel 2020 e nel 2022.

L’ECOWAS

La minaccia dell'intervento militare da parte dell'ECOWAS si è rivelata a dir poco prematura e controproducente.

Infatti, sono stati commessi una serie di errori dovuti a dilettantismo sia politico che diplomatico, tra i quali, ad esempio, l’intimazione di dare una scadenza temporale ai golpisti, poi di nuovo un’altra scadenza di una settimana per desistere dalla loro spericolata azione, infine l’ulteriore proroga di una settimana, scaduta senza successo.

Attualmente, a quanto pare, solo due dei quindici membri dell'ECOWAS, Costa d'Avorio e Senegal, si sono dichiarati disponibili a impegnare il proprio personale militare in un eventuale intervento.

Due dei vicini del Niger con i quali condivide lunghi tratti di confine, l'Algeria (951 km) e il Ciad (1.196 km), non sono membri dell'ECOWAS e si sono opposti all'azione militare. Con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune che la considera "una minaccia diretta" per il suo paese mentre il ministro della difesa del Ciad ha detto che la sua nazione "non sarebbe mai intervenuta militarmente".

Il Presidente della Nigeria, Bola Tinubu, non è riuscito nemmeno a ottenere il sostegno del senato nigeriano, dove peraltro il suo “All Progressives Congress” detiene la maggioranza assoluta. Anche la componente mussulmana, guidata dal Sultano di Sokoto, ha rifiutato l'idea di un'azione militare, così come il presidente della Conferenza episcopale cattolica della Nigeria.

Nonostante l’emanazione di accesi proclami che qualsiasi intervento in Niger costituirebbe una dichiarazione di guerra contro di loro, le effettive capacità militari del Burkina Faso e del Mali risultano limitate non solo dalla precarietà organica e addestrativa delle proprie forze armate, ma anche dalla insicurezza derivante dalla possibilità insurrezionale esercitata dalle forze estremiste jihadiste presenti nel loro territorio. Tali forze sono, peraltro, capaci di travolgerli e rovesciarli politicamente entrambi.

Nonostante i toni spavaldi del trentenne leader burkinabè, Ibrahim Traoré, che è stato notato in uniforme accanto a Vladimir Putin in occasione del recente vertice Russia-Africa a San Pietroburgo, l'esercito del suo paese, ha perso quasi due terzi del suo territorio nazionale a causa dell’invasione jihadista delle bande regionali affiliate ad Al Qaeda e dello Stato islamico. Il Global Terrorism Index (GTI) del 2023 ha rilevato che il Burkina Faso ha registrato il maggior aumento di morti per terrorismo al mondo, superato dal solo Afghanistan il quale ha ottenuto il peggiore risultato come incidenza del terrorismo politico. E’ improbabile che le sanzioni dell'ECOWAS determinino il cambiamento che questo blocco regionale desidera creare

Le sanzioni

Mentre dopo il colpo di stato è stata imposta un'intera serie di sanzioni, tra cui la chiusura delle frontiere e il congelamento dei beni statali nelle banche regionali, queste stesse misure hanno avuto scarso effetto quando sono state applicate contro il Mali.

Più dolorosa, specie per il suo mancato utilizzo nei servizi sociali, come le scuole e gli ospedali, può essere considerata l' interruzione della erogazione dell’elettricità (il Niger acquista circa il 70% della sua energia elettrica dalla Nigeria e ultimamente quest'ultimo paese l'ha interrotta), anche se gli abitanti del Niger sono abituati alle interruzioni di corrente e sembra che la giunta abbia affrontato il problema deviando l'energia a Niamey proveniente da altri luoghi.

Inoltre, le misure coercitive hanno portato il blocco regionale anti golpista ad essere considerato sempre più come una parte ostile: la conferma proviene anche dal respingimento fisico della delegazione congiunta ECOWAS-Unione Africana-Nazioni Unite, che non è stata ricevuta dalla giunta l’8 agosto scorso.

La Wagner

A parte gli annunci apparsi sui social media, non c'è stata ancora alcuna mossa concreta di introduzione in Niger dei mercenari russi della Wagner o di altri simili protagonisti.

Nonostante tutte le bandiere russe recentemente sventolate a Niamey, così come i commenti provocatori giunti da Yevgeny Prigozhin, capo di questa associazione, ci sarebbe comunque una chiara linea rossa da non superare per gli Stati Uniti, i quali hanno una consistente presenza militare in Niger rappresentata da più di 1.000 militari dell’esercito e due basi aeree del tutto operative.

Una spiegazione potrebbe essere che il gruppo mercenario sia sovraccaricato di impieghi, specie dopo il suo fallito quanto ridicolo ammutinamento e la recente “marcia” su Mosca.

C’è una soluzione ?

Questa sintesi della realtà attuale porta a chiedersi quali possano essere i contorni di una risoluzione pratica e rapida della crisi che gli Stati Uniti potrebbero usare con i loro "buoni uffici" nell' interesse del Niger e della sua gente, estensibile anche ad altri paesi vicini. Senza per questo trascurare l’attenzione al disegno strategico verso la tutela dei propri interessi e quelli degli alleati in Africa.

In brevis, alla luce della complessità dell’attuale politica nigeriana, la via obbligata è quella di raggiungere un accordo di programma e l’elaborazione di una serie di interventi politici da praticare quam primum.

Non in ultimo, è necessario esercitare un ruolo diplomatico autorevole in Niger, un paese grande il doppio della Francia, posto al centro del crocevia strategico tra il Nord Africa e l'Africa sub-sahariana.

I primi punti irrinunciabili potrebbero essere i seguenti:

Per tutto l’Occidente democratico, restare inermi sarebbe una profonda ingiustizia nei confronti del presidente Bazoum, la cui elezione ha ottenuto il libero voto del 55% dei nigerini nel ballottaggio del febbraio 2021.

In primis, il presidente Bazoum e altri alti funzionari che sono attualmente in stato di detenzione dopo il putsch devono essere liberati e assicurata la sicurezza loro e delle loro famiglie.

Non è davvero possibile concepire un modo di andare avanti senza soddisfare queste condizioni di base.

Il gruppo Wagner, o qualsiasi altro rappresentante analogo, non deve essere autorizzato a infiltrarsi in Niger, oltre a quanto ha già fatto con strumentalizzate campagne di disinformazione. La giunta dovrà impegnarsi a non far entrare questa famigerata rete criminale nel Paese.

Gli Stati Uniti

Al momento attuale, gli Stati Uniti e altri partner internazionali sono ancora i benvenuti in Niger. Mentre verso la Francia, il risentimento contro questa ex potenza coloniale è tale che appare ancora improbabile che gli accordi di cooperazione per la difesa e la sicurezza, oggi scartati dalla giunta al potere, possano essere salvati.

Si dovrebbero trovare soluzioni pratiche e modalità condivise per farli, che ancora non ci sono a sufficienza.

Le due grandi basi aeree statunitensi di Niamey e Agadez hanno un valore strategico significativo su diversi livelli e non va persa l'influenza positiva che la presenza militare americana nel Paese ha avuto in termini di miglioramento della sicurezza nazionale e regionale.

Se l'amministrazione Biden ha cercato un modo per impegnarsi con il governo del Burkina Faso al fine di incrementare la sicurezza e tenere a bada la banda mercenaria Wagner, sarà sufficiente applicare lo stesso spirito per avvicinarsi positivamente anche al Niger di oggi.

Il problema dell’ordine costituzionale

Il ritorno al precedente ordine costituzionale democratico dovrebbe essere un processo realisticamente laborioso e prolungato.

Vale la pena ricordare che in condizioni di sicurezza molto più difficili, il Niger è riuscito a tenere elezioni ragionevolmente buone alla fine del 2020 e all'inizio del 2021, alle quali hanno partecipato oltre il 70% degli elettori registrati. Oggi, non c'è motivo per il quale non si possano tenere votazioni nel giro di pochi mesi.

Tuttavia, al contrario, se si verificasse un’interruzione di questo ordine costituzionale democratico, metterebbe l’intero Occidente e altri paesi, in una posizione nella quale dovrebbero interrompere sia gli aiuti materiali e finanziari che il sostegno politico, e questo non gioverebbe sicuramente al popolo del Niger.

Oggi, nessun protagonista dell’area conflittuale ha in alcun modo pronunciato frasi ultimative o l’ipotesi di un intervento militare contro i golpisti.

Qualche opinionista ha citato quel che in passato Henry Kissinger definì come “idealismo pragmatico", secondo il quale si apprezza la complessità del mondo reale, ovvero un mondo governato da scelte difficili e compromessi dolorosi.

Va da sé che un mondo così è meno accettabile ma questo è comunque il mondo reale in cui dobbiamo vivere, decidere e agire.

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