Nigeria, un anno dopo

Le voci spezzate delle sopravvissute a Boko Haram

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  Ilaria Morlando
  14 giugno 2025
  4 minuti, 27 secondi

Abbandonate, affamate e vittime di abusi. Sono le donne che sono riuscite a fuggire dai terroristi di Boko Haram, solo per ritrovarsi nuovamente violate da parte degli stessi militari che le hanno liberate. 

È passato un anno dal lancio della campagna in difesa delle vittime sopravvissute alle atrocità di Boko Haram e agli abusi successivamente subiti per mano delle forze armate nel nord-est della Nigeria. Questa iniziativa ha permesso a molte di loro di lanciare un appello forte e chiaro: esse chiedono con fermezza giustizia, protezione e misure concrete per poter ricostruire le proprie vite.

Oggi, tuttavia, queste giovani donne lamentano l’assenza di servizi adeguati da parte del governo per favorire il loro reinserimento nella società. Molte denunciano, inoltre, di trovarsi in condizioni di precarietà, senza risorse sufficienti per provvedere alle proprie famiglie.

Cos’è Boko Haram?

Letteralmente, Boko Haram, significa "l'educazione dell'occidente è peccato" ed è il movimento estremista islamico che opera negli stati a nord-est della Nigeria. Fondata nel 2002 dall’imām della moschea di Maiduguri, l’organizzazione nasce con lo scopo di opporsi alla corruzione, vista come frutto della cultura occidentale, e con l’intento di promuovere la sharī‛a (legge sacra dell’Islam) come strumento di equità sociale. La rottura definitiva tra le istituzioni e l’organizzazione si verifica dopo l’omicidio del predicatore Ja’afar, figura religiosa e politica nota per le sue critiche al fondamentalismo di Boko Haram, evento che segna la trasformazione del gruppo in un’organizzazione terroristica.


Le violenze dei “liberatori”

Dopo averle sottratte al controllo di Boko Haram, l’esercito nigeriano ha trasferito molte donne e bambini in campi satellite, ufficialmente istituiti per la loro protezione, ma spesso trasformati in luoghi di isolamento e violenza.

Osai Ojigho, ex direttrice di Amnesty International Nigeria, ha dichiarato:

Suona completamente scioccante che persone che hanno già tanto sofferto nelle mani di Boko Haram siano condannate a subire ulteriori tremendi abusi da parte dell’esercito. Invece di essere protette, donne e ragazze sono costrette a sottostare agli stupri per evitare la fame.


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Donne comuni, travolte dalla guerra e dimenticate da tutti

Le donne vittime di Boko Haram provengono tutte da contesti diversi, ma la maggior parte di loro sono:

  • Giovani studentesse, soprattutto delle scuole secondarie, simboli di emancipazione femminile;
  • Donne e ragazze cristiane, spesso rapite per motivi religiosi;
  • Donne musulmane moderate, ritenute non conformi all’ideologia estremista del gruppo;
  • Vedove o mogli di oppositori, usate per ritorsione o punizione;
  • Donne povere, prive di protezione statale e facilmente soggiogabili.

Dopo la liberazione, molte di queste donne subiscono ulteriori discriminazioni nelle loro comunità: vengono viste come “complici” dei terroristi o portatrici di “vergogna”, soprattutto se hanno avuto figli da Boko Haram.

Giustizia per le sopravvissute di Boko Haram

Molte delle donne trattenute nei campi satellite sono morte di fame, mentre le poche sopravvissute hanno deciso di fondare il Movimento Knifar, avente l’obiettivo di chiedere giustizia e protezione dai loro stupratori.

Amnesty International ha lanciato la campagna #EmpowerOurGirls, un’iniziativa che mira a spezzare il ciclo di invisibilità e perdita di potere delle sopravvissute e a rivendicare il loro futuro. Sono trascorsi ormai dodici mesi dal lancio della campagna e dalla pubblicazione del relativo rapporto che raccolse le richieste di aiuto delle giovani, eppure finora il governo non ha ancora garantito servizi adeguati alla loro reintegrazione.

Isa Sanusi, direttore di Amnesty International Nigeria, ha dichiarato:

Il momento in cui una ragazza o una giovane donna riesce a lasciare Boko Haram dovrebbe segnare l’inizio del suo percorso di reintegrazione nella società. Invece restano, nella stragrande maggioranza dei casi, invisibili agli occhi delle autorità governative.
Queste ragazze e giovani donne devono essere messe in condizione di autodeterminarsi, attraverso un accesso immediato all’assistenza sanitaria, all’istruzione e ai mezzi di sussistenza.


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Secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia, la Nigeria ha l’obbligo di adottare misure per promuovere il recupero fisico e psicologico di minori colpiti da conflitti armati. Parallelamente, la Carta africana dei diritti e del benessere del minore stabilisce il dovere di garantire protezione alle donne dai matrimoni forzati. Tuttavia, nessuna di queste donne ha ottenuto informazioni riguardo percorsi di reintegrazione, sostentamento o formazione professionale.

Una denuncia unanime 

Dal 2015 le violenze sessuali e le morti avvenute nei campi satellite sono state denunciate da molte organizzazioni non governative. Tuttavia nessun passo avanti è stato ancora fatto da parte del governo.

Ojigho ha concluso dicendo che:

Le autorità nigeriane devono aprire indagini, o rendere pubblici i risultati di quelle eventualmente già avviate, sui crimini di guerra e contro l’umanità commessi nel Nordest del paese. Devono urgentemente assicurare, col sostegno dei paesi donatori, che le persone all’interno dei “campi satellite” ricevano quantità adeguate di cibo e che quelle che sono state arrestate in modo arbitrario siano rilasciate.


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Dunque, finché a queste donne non verranno garantiti strumenti concreti per ricostruire le proprie vite, parlare di diritti e protezione rimarrà soltanto un principio sulla carta. La strada è ancora lunga, ma l’indifferenza delle istituzioni la rende ancora più tortuosa.

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L'Autore

Ilaria Morlando

Categorie

Diritti Umani

Tag

boko haram #EmpowerOurGirls human rights