India e Femminismo: La Lunga Strada Verso l’Uguaglianza

  Articoli (Articles)
  Rati Mugnaini Provvedi
  07 gennaio 2025
  6 minuti, 2 secondi

Il femminismo in India rappresenta un viaggio di estrema complessità, radicato nella storia di un paese che non sempre ha saputo trasformare il “diritto” in strumento di emancipazione. Dai primi movimenti riformisti dell’epoca coloniale alle attuali battaglie per una rappresentanza politica equa, le donne indiane hanno sfidato nel corso della storia norme oppressive plasmando il discorso legislativo. 

Colonialismo e pratiche tradizionali.

Il periodo coloniale britannico, inaugurò un’epoca di riforme sociali che vide il diritto emergere come argine contro pratiche discriminatorie culturalmente radicate. I primi movimenti femministi si concentrarono su questioni simboliche e disumane, come il sati, il matrimonio infantile e l’istruzione femminile. 

L’abolizione del sati fu una svolta morale e legislativa non semplice in quanto radicata nella tradizione. La pratica del sati, costringeva le vedove a immolarsi sulla pira funebre del marito, dichiarata illegale nel 1829 attraverso un regolamento emanato del governatore britannico Lord William Bentinck. La legge definiva il sati come “ripugnante per i sentimenti della natura umana” e ne sanzionava i promotori come colpevoli di omicidio. L’abolizione fu una delle prime vittorie legislative per i diritti delle donne, sebbene la norma fosse poi stata attenuata dal Codice Penale Indiano del 1862, il quale ridusse il reato a istigazione al suicidio. Tale compromesso rifletteva la volontà britannica di evitare conflitti con le caste elevate, tuttavia evidenziava anche l’uso del diritto come strumento per sfidare consuetudini oppressive fino a quel momento mai messe in discussione.

Il “Child Marriage Restraint Act” del 1929, una riforma controversa che regolamentava il matrimonio infantile. La legge fissava l’età minima per il matrimonio a 14 anni per le ragazze e 18 per i ragazzi, soglia che perpetuava un sistema in cui molte bambine venivano sottoposte a responsabilità familiari precoci, alla negazione dei loro diritti fondamentali e violenze coniugali. Inoltre, l’applicazione della norma fu debole soprattutto nelle aree rurali dove la pratica dominava incontrastata.

Nel 2007, il "Child Marriage Restraint Act" fu abrogato e sostituito dal "Prohibition of Child Marriage Act" (PCMA), una normativa che innalza l'età minima per il matrimonio a 21 anni per i maschi e 18 anni per le femmine. La norma mira a contrastare il fenomeno dei matrimoni infantili attraverso misure preventive e strumenti di tutela per le vittime. Elemento innovativo è l'istituzione del ruolo di "Child Marriage Prohibition Officer" (CMPO), ufficiali che hanno il compito di prevenire i matrimoni infantili, raccogliere prove utili ai procedimenti, sensibilizzare le comunità sui rischi fisici, psicologici e legali di questa pratica e fornire supporto legale alle vittime. Inoltre, i CMPO possono intervenire direttamente per fermare matrimoni in corso. Nonostante le buone intenzioni della legge, il suo successo dipende in larga misura dalla consapevolezza delle giovani donne riguardo ai loro diritti, in particolare la possibilità di richiedere l'annullamento del matrimonio entro due anni dal raggiungimento della maggiore età. 

La promozione dell’istruzione femminile è una sfida culturale portata avanti dai leader come Ishwar Chandra Vidyasagar e Jyotirao Phule che guidarono campagne per aprire le prime scuole femminili, sfidando il pregiudizio secondo cui l’istruzione avrebbe “corrotto” le donne, ponendo le basi di femminismo incentrato sulla emancipazione intellettuale e economica.

L’India post-indipendenza: Diritti costituzionali e leggi trasformative.

Nel 1947 l’India adottò una Costituzione che sanciva l’uguaglianza di genere come diritto fondamentale. Gli articoli 14, 15 e 39, stabilirono un quadro legale per eliminare le discriminazioni, promuovere pari opportunità e garantire protezioni legali labili alle donne

Dopo l’indipendenza dell’India il primo ministro Jawaharlal Nehru e il suo governo considerarono necessario riformare queste leggi per garantire l’uguaglianza di genere e adattarle ai principi di una società moderna e laica. Le leggi del Hindu Code Bill sono state divise in quattro principali atti legislativi, approvati tra il 1955 e il 1956:

Hindu Marriage Act (1955):
- Regolava il matrimonio, il divorzio e la separazione.
- Permise il divorzio per motivi specifici (come crudeltà, adulterio, abbandono).
- Stabilì l’età minima per il matrimonio.
- Proibì la poligamia per gli indù.
Hindu Succession Act (1956):
- Stabilì i diritti di eredità per donne e uomini in modo più equo.
- Concesse alle figlie gli stessi diritti dei figli sulla proprietà familiare.
3. Hindu Minority and Guardianship Act (1956):
- Regolava la custodia dei figli e il ruolo di tutore.
- Dava priorità al benessere del bambino.
4. Hindu Adoptions and Maintenance Act (1956):
- Permise l’adozione legale per uomini e donne, con pari diritti.
- Prevedeva il diritto delle donne al mantenimento dopo la separazione o il divorzio.

      Parallelamente, le donne parteciparono ai movimenti contadini e operai, lottando contro le disuguaglianze economiche e integrando le questioni di genere nelle battaglie per i diritti umani. Negli anni ’70, il femminismo indiano si strutturò, affrontando altri temi cui la violenza sessuale, la discriminazione lavorativa e i diritti delle donne marginalizzate.

      Il caso di Mathura, una giovane tribale violentata dalla polizia, portò a una mobilitazione nazionale che culminò nella revisione delle leggi sullo stupro. Le modifiche introdussero pene più severe e misure per proteggere le vittime durante i procedimenti legali, trasformando il diritto penale in uno strumento di giustizia per le donne. Ancora oggi molti casi di stupro tra quelli denunciati, rimangono irrisolti e la giustizia non sempre riesce ad agire in modo concreto, insabbiando e contaminando molti casi. Il sistema della caste insinua una “scala valoriale” di tutele delle vittime, a cui quasi sempre, la casta di grado “inferiore” per la società indiana, ovvero i dalit, non riesce ad accedere. La richiesta di dote, continuò a causare violenze, spingendo all’approvazione del “Dowry Prohibition Act” nel 1961. Sebbene la legge avesse l’obiettivo di sradicare questa pratica, la sua applicazione rimase problematica, con numerosi casi di femminicidio ancora legati alla dote. Nel 2013, in risposta al brutale stupro di gruppo di Delhi del 2012, cui una giovane donna di 23 anni fu stuprata e seviziata con un'asta di ferro in un autobus in movimento, il parlamento introdusse il “Criminal Law Amendment Act 2013”. La legge ampliò la definizione di violenza sessuale e introdusse la pena di morte per i casi più gravi, dimostrando una risposta legislativa decisa alle proteste pubbliche.

      Il 2024 è stato un anno di progresso e contraddizioni, l’approvazione del “Nari Shakti Vandan Adhiniyam”, che riserva il 33 percento dei seggi parlamentari alle donne, ha rappresentato una conquista storica. Tuttavia, la partecipazione politica femminile rimane limitata, con solo il 12 percento di candidate presentate dai principali partiti alle ultime elezioni. Persistono gravi violazioni dei diritti umani, come dimostrato dalla campagna contro i matrimoni precoci nello stato di Assam, che ha portato all’arresto di migliaia di persone e causato traumi significativi, compresi suicidi tra le giovani donne coinvolte. Il femminismo in India ha compiuto passi straordinari, ma non è abbastanza. È essenziale applicare rigorosamente le leggi esistenti, promuovere l’educazione femminile, garantire opportunità economiche e rimuovere le barriere culturali alla rappresentanza politica e il sessismo istituzionalizzato. Il diritto ha dimostrato di essere un potente strumento di emancipazione, ma il progresso legislativo deve essere accompagnata da una decostruzione culturale.

      Mondo Internazionale APS - Riproduzione Riservata ® 2025

      Condividi il post

      L'Autore

      Rati Mugnaini Provvedi

      Tag

      India Femminismo Diritti umani human rights sati DirittiDelleDonne