Premio Sacharov 2023 a Mahsa Jina Amini

L’Iran blocca la famiglia e le impedisce di ricevere il premio

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  Chiara Giovannoni
  14 dicembre 2023
  3 minuti, 55 secondi

Era il 16 settembre 2022 quando Mahsa Jina Amini, ragazza curdo-iraniana di 22 anni, moriva per un’emorragia cerebrale in un ospedale di Teheran. Il 13 settembre era stata presa in custodia dalla polizia morale per aver indossato in modo scorretto l’hijab. Dalla sua morte è divenuta simbolo di una rivolta senza precedenti nel paese, scatenando proteste guidate da donne e sostenute da gran parte della popolazione. Queste manifestazioni hanno avuto una forza tale da arrivare al punto di invocare la fine del sistema della Repubblica Islamica con slogan come “Morte al Dittatore" in riferimento ad Ali Khamenei, guida suprema iraniana.

Il 19 ottobre 2023 la Conferenza dei Presidenti del Parlamento Europeo ha assegnato il premio Sacharov, il massimo riconoscimento che l’Unione Europea conferisce agli sforzi compiuti a favore dei diritti umani, a Mahsa Jina Amini e al movimento di protesta scaturito dalle rivendicazioni della popolazione curdo-iraniana, “Donna, vita e libertà”. Dal 1988 questo riconoscimento celebra le persone e le organizzazioni che difendono le libertà fondamentali e i diritti dell’uomo. Alla cerimonia, che si è tenuta il 12 dicembre nella plenaria di Strasburgo, avrebbero dovuto essere presenti i genitori di Mahsa, ai quali però è stato impedito di partire nonostante fossero già in possesso di un visto per la Francia. In seguito alla notizia, la Presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola  con un tweet ha esortato il governo iraniano a lasciar partire i familiari di Mahsa. “I call on Iran’s regime to retract the decision to ban Mahsa Amini’s mother, father & brother from travelling. Their place next Tuesday is at the European parliament in Strasbourg to receive the Sakharov Prize, with the brave women of Iran. The truth cannot be silenced."

In un contesto di aperta violazione dei diritti umani, l’Iran si è mostrato più volte poco collaborativo con le istituzioni e le organizzazioni internazionali che si occupano della difesa dei diritti umani. A marzo 2023 Teheran ha negato l’ingresso nel paese a tutti gli esperti indipendenti delle Nazioni Unite e agli osservatori internazionali, a eccezione del relatore speciale sull’impatto negativo delle misure coercitive unilaterali sul godimento dei diritti umani. Le autorità hanno censurato media, disturbato con interferenze canali televisivi e, per bloccare le proteste, sono arrivate a interrompere l’accesso a internet per nascondere la portata delle violazioni compiute. Per mesi la polizia morale ha fatto irruzione nelle scuole femminili dove le alunne si rifiutavano di portare il velo, avvelenando il cibo o rilasciando di gas tossici. La repressione del regime ha concentrato gran parte della sua forza nella regione curda del paese, da sempre ritenuta responsabile dei moti interni iraniani. Questo duro soffocamento delle proteste ha perso intensità con il passare dei mesi anche a causa del ritorno della polizia morale a pattugliare le strade del paese per assicurarsi il corretto rispetto del codice di abbigliamento della Repubblica Islamica. La morte di Mahsa Jina Amini ha diffuso tra la popolazione, e soprattutto tra le donne, un forte sentimento di ingiustizia e di paura.

Martedì 12 dicembre alla cerimonia di premiazione la Presidente del Consiglio Europeo ha mostrato gratitudine e vicinanza dell’intera Europa al movimento "Donne, vita e libertà" e a tutte le donne che ogni giorno lottano, combattono e perdono la vita in nome della libertà. “Sappiate che non siete sole e che questo Parlamento è la vostra casa”, ha precisato Metsola. A prendere la parola al posto della famiglia Amini è stato il loro rappresentante, che ha letto una lettera scritta dalla madre di Mahsa. 

Dispiaciuta di non essere presente e definendo tale impedimento come una violazione di tutti gli standard legali e umani, la madre paragona la figlia a Giovanna d’Arco, celebrando le due donne come figlie della storia, fonti di ispirazione attraverso i secoli e attraverso le frontiere. Per lei, Mahsa è divenuto un codice segreto per la libertà che ha diffuso il sogno di libertà dal suo paese natale, il Kurdistan, all’intero Iran, al Medio Oriente e al mondo intero. La lettera si è conclusa con un grido, tanto di forza quanto di dolore: “Speriamo che nessuna voce abbia a temere di pronunciare la parola libertà.” Nella sede del Parlamento Europeo di Strasburgo la voce di Mahsa e quella di sua madre non sono state soffocate. Al contrario, hanno attraversato il mondo per dar voce “a valori che si elevano oltre i confini e il tempo”.

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L'Autore

Chiara Giovannoni

Chiara Giovannoni, classe 2000, è laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna. Attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Strategie Culturali per la Cooperazione e lo sviluppo presso l’Università Roma3.

Interessata alle relazioni internazionali, in particolare alla dimensione dei diritti umani e alla cooperazione.

E’ volontaria presso un’organizzazione no profit che si occupa dei diritti dei minori in varie aree del mondo.

In Mondo Internazionale ricopre la carica di autrice per l’area tematica Diritti Umani.

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Diritti Umani

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Mahsa Jina Amini Sacharov Strasburgo Diritti umani Diritti delle donne Libertà Roberta Metsola