"Riflessi di una Società: Il Poliziottesco come Specchio del Tempo"

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  Luca Formisano
  08 aprile 2024
  3 minuti, 6 secondi

Dalla fine degli anni sessanta e fino agli anni ottanta, mentre in America - al cinema - si affermava l'era della New Hollywood con anti-eroi attorniati da problemi e moralmente discutibili come protagonisti, in Italia iniziava a nascere un genere cinematografico che andava di pari passo con gli anni che poi furono soprannominati "di piombo": il poliziottesco.

Ciò che lo differenziava dal classico poliziesco d' indagine erano: le tematiche (traffico d’armi, prostituzione, traffico di stupefacenti, criminalità organizzata e critica al sistema giudiziario etc…) attingendo anche a fatti di cronaca sviluppati poi in modo enfatico; i protagonisti, quasi sempre commissari stereotipati, disillusi e incompresi dai superiori, di indole violenta e inclini ad usare metodi - spesso abbassandosi allo stesso livello dei delinquenti - poco ortodossi; cittadini vittime di episodi criminosi che decidono di diventare giustizieri, divenendo a loro volta criminali e ricercati dalla polizia; inseguimenti rocamboleschi che ci immergono nelle metropoli degradate.

Una delle caratteristiche distintive del poliziottesco oltre al suo realismo crudo era la sua atmosfera cupa e opprimente, che trasporta gli spettatori in un mondo di pericolo e incertezza.

Lo stile di questo genere era un connubio di vari generi come ad esempio il gangster movie; il classico noir; il fantapolitico; il thriller Argentiano e il western all’italiana, sostituendo a quest’ultimo l’ambientazione desertica con le metropoli e lasciando invariata la violenza. Famose erano le colonne sonore composte da celebri compositori, Ennio Morricone compose la colonna sonora per Milano odia: la polizia non può sparare di Umberto Lenzi (1974); Luis Bacalov per il famoso Milano calibro 9 di Fernando di Leo (1972); Franco Micalizzi per Italia a mano armata di Marino Girolami (1976).

Oltre all'azione e all'intrigo, il poliziottesco affrontava temi sociali e politici rilevanti. Molte opere del genere esploravano la corruzione all'interno delle istituzioni, mettendo in discussione l'integrità delle forze dell'ordine e del sistema giudiziario. Allo stesso tempo, il poliziottesco si interrogava anche sulle radici della criminalità e sulla sua relazione con la società circostante, offrendo una visione complessa delle dinamiche di potere e delle disuguaglianze sociali.

Nonostante questo filone di film, durato circa un decennio, abbia generato anche delle saghe come ad esempio quella del commissario Betti (Roma violenta, Napoli violenta, Italia a mano armata) e abbai influenzato poi opere contemporanee come la serie tv Romanzo criminale o film d’azione del calibro di Heat - la sfida di Michael Mann (1995), la critica italiana non ha mai amato il genere. Catalogato come un genere di seconda categoria (un b-movie), è stato accusato di proporre sempre la stessa storia, di trasmettere messaggi ambigui, di qualunquismo (talvolta anche di fascismo) e perciò col passare del tempo è stato quasi dimenticato. Dico quasi perché solo all’inizio dei primi del 2000 con le riviste di genere come Nocturno e Cine70 è stato rivalutato, anche grazie a Quentin Tarantino che più di un’occasione ha affermato il suo apprezzamento per il genere e per i suoi registi.

In conclusione il genere poliziottesco è stato molto più di una semplice serie di film d'azione. era un viaggio nelle profondità oscure della società, un'indagine sui suoi demoni e sulle sue contraddizioni. Attraverso la sua rappresentazione cruda e realistica del crimine e della giustizia, il poliziottesco ci invitava a riflettere sulle sfide e le tensioni della società moderna, mentre ci trasportava in un mondo fatto di adrenalina, violenza e suspense.

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L'Autore

Luca Formisano

Appassionato di cinema e letteratura, sono un autore per legge e società

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