Semaforo verde all'Ecofin per la revisione dei PNRR di alcuni Paesi

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  Tiziano Sini
  18 dicembre 2023
  2 minuti, 51 secondi

Il Consiglio dell’Unione europeo riunitosi sotto forma di Econfin (Consiglio Economia e Finanza) lo scorso 8 dicembre ha deliberato in maniera positiva la revisione dei National Recovery e Resilience Plan di ben 11 Paesi, fra cui la stessa Italia.

Il parere positivo è seguito al via libera da parte della Commissione europea, che negli ultimi mesi aveva analizzato le diverse proposte giunte da alcuni Paesi, fra cui Croazia, Finlandia, Grecia, Polonia, Romania, Belgio, Portogallo, Lettonia, Irlanda e Ungheria, che di fatto proponevano l’attuazione di modifiche, anche profonde, agli impianti originali dei Piani, facendo fronte alle implicazioni strutturali accorse con il rallentamento dell’economia, la crescita inflazionistica e le conseguenze dei conflitti, che stanno minando le catene del valore a livello globale[1].

Particolarmente interessanti in questo frangente sono il caso italiano e quello portoghese, che, per diversi ordini di motivi, mostrano la genesi delle politiche e le difficoltà negoziali che hanno caratterizzato gli ultimi mesi. Risulta, infatti, piuttosto evidente come ostacoli di diversa natura minino il raggiungimento degli obiettivi ed il rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi pattuiti in fase negoziale. Così come emergano in maniera altrettanto evidente le contraddizioni legate alla politica interna degli Stati, che, in molti casi, pare disallineata e poco coerente nei fini con gli interessi generali alla base del PNRR.

In Italia, negli ultimi mesi, ci è stata una fitta fase negoziale con la Commissione europea al fine di intervenire in maniera profonda nella struttura del Piano di Ripresa e Resilenza, considerate le numerose difficoltà di attuazione ed i ritardi del Piano.

La revisione ha di fatto investito 144 misure fra riforme ed investimenti, integrando, inoltre, il nuovo capitolo dedicato a REPowerEU, finalizzato ad alimentare il percorso di transizione verde e l’indipendenza energetica.

In sostanza il Piano adesso dovrebbe ammontare a 194,4 miliardi, comprendendo 66 riforme, di cui 5 introdotte con il nuovo capitolo, e 150 investimenti, di cui 5 investimenti basati su interventi già in precedenza predisposti e 12 nuovi investimenti, sempre per quanto riguarda REPowerEU[2].

Il caso portoghese invece risulta interessante per altri aspetti, anche in questo caso, infatti, come successo ad altri Paesi in sede negoziale presso la Commissione, sono state sollevate alcune perplessità sulla capacità di spesa dei fondi, come evidenziato dallo stesso Presidente António Costa che ha giustificato i ritardi sulla realizzazione degli investimenti, appellandosi ad una situazione economica profondamente mutata.

A questo problema se ne è aggiunto anche un altro per il Paese: nonostante, infatti, un parziale raggiungimento degli obiettivi, per motivi di politica interna non è riuscito ad attuare due importanti riforme richieste per sbloccare la nuova fase. Fra queste di particolare interesse la riforma sulle organizzazioni professionali, ritenuta cardinale, per liberalizzare alcuni segmenti del mercato del lavoro[3].

Un caso in parallelo a quello italiano che testimonia come, di fatto, problemi di natura esogena ed endogena si incrocino nel complicato percorso di ripresa europea, rischiando di minare la realizzazione e i virtuosi obiettivi sanciti dal Next Generation EU.

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