Sri Lanka: quale futuro dopo Rajapaksa?

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  Laura Salvemini
  27 luglio 2022
  3 minuti, 20 secondi

Sono settimane concitate quelle che sta attraversando lo Sri Lanka, che versa nella peggiore crisi politica ed economica fin dalla sua indipendenza dalla Gran Bretagna, nel 1948. Il presidente Gotabaya Rajapaksa, eletto nel 2019, ha infatti lasciato il Paese in seguito a una serie di rivolte culminate il 9 luglio nell’assalto della residenza presidenziale e nella dichiarazione dello stato di emergenza.

Quella della Sri Lanka è stata però definita da molti come una crisi annunciata, in un Paese che da anni è tenuto sotto osservazione da analisti ed esperti per l’equilibrio precario della sua economia. Tra i campanelli d’allarme per l’economia srilankese negli ultimi anni vi erano: il taglio delle tasse predisposto da Mahinda Rajapaksa (ex-primo ministro e fratello maggiore di Gotabaya), il debito estero di circa 51 miliardi di dollari e l’effetto dannoso della pandemia sul settore turistico, una delle entrate principali del paese.[1]

Tra marzo e aprile 2022 si sono susseguite proteste e manifestazioni nella capitale del Paese, Colombo, inneggianti le dimissioni del presidente a seguito di quello che è stato percepito come un fallimento della dinastia familiare dei Rajapaksa. Negli ultimi mesi, infatti, la difficile situazione in cui già versava il Paese si è ulteriormente aggravata con l’aumento dell’inflazione e la scarsità di beni essenziali come cibo, carburante e medicine. Già ad aprile, la Banca Centrale della Sri Lanka aveva dichiarato il Paese in default e annunciato la sospensione del pagamento del proprio debito ai creditori internazionali.[2]

Come risposta iniziale al persistere delle manifestazioni, il presidente rimuove i membri della sua famiglia dalle posizioni che occupavano nel governo: Mahinda Rajapaksa si dimette infatti il 9 maggio, sostituito da Ranil Wickremesinghe. La situazione però non migliora, e dopo il fallimento di ulteriori mosse governative (come la chiusura temporanea delle scuole e il razionamento dei beni primari) sabato 9 luglio i manifestanti hanno occupato la residenza presidenziale, costringendo l’ultimo dei Rajapaksa in fuga.

L’adesso ex-presidente Gotabaya è infatti fuggito dapprima alle Maldive, dopo aver promesso che si sarebbe dimesso nei giorni seguenti, e si troverebbe adesso invece a Singapore. Proprio da Singapore, il 13 luglio sono arrivate per email le dimissioni di Rajapaksa, accettate ufficialmente dal presidente del parlamento Abeywardena il giorno seguente in un annuncio accolto con celebrazioni da parte dei manifestanti.

Dopo la formalizzazione delle dimissioni, l’ex-primo ministro Wickremesinghe entra prima come presidente ad interim e viene poi confermato dal parlamento con 134 voti a favore su 219. Ma anche la sua figura suscita dissenso tra i protestanti, che lo accusano infatti di corruzione e vicinanza ai Rajapaksa e ne chiedono le dimissioni. Wickremesinghe dovrà restare in carica fino a novembre 2024, terminando il mandato di Rajapaksa.[3]

Mentre davanti all’ufficio immigrazione a Colombo si allunga la fila di cittadini che cercano di ottenere un passaporto per lasciare il Paese, Wickremesinghe si è dichiarato pronto a restaurare la stabilità politica della Sri Lanka, forte dei precedenti sei mandati da primo ministro.

Il nuovo presidente si ritrova davanti a delle sfide economiche e sociali ereditate dalla famiglia Rajapaksa, si stima che l’80% della popolazione versi in condizioni di emergenza alimentare, afflitta dall’aumento dei prezzi legato alla guerra in Ucraina. Il nuovo governo dovrà inoltre far fronte al debito estero, in particolare con la Cina, verso cui il Paese ha accumulato un debito di 6,5 miliardi di dollari.

Fonti utilizzate per il presente articolo:

[1] Gaiardoni A., (27 maggio 2022). “Lo Sri Lanka nella morsa della crisi economica e sociale”, Il Bo Live, Università di Padova Magazine.

[2] Mashal M., (13 luglio 2022). “Here is how Sri Lanka reached this moment of crisis”, The New York Times.

[3] ISPI Online, (20 luglio 2022). “Sti Lanka: un nuovo, vecchio presidente”.

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L'Autore

Laura Salvemini

Laura Salvemini, classe 1997, ha conseguito una laurea triennale in Mediazione Linguistica e Culturale presso l'Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Cinese e Spagnolo. Dopo aver vinto una borsa di studio per approfondire la conoscenza della lingua e della cultura Cinese presso la Liaoning Normal University, unisce alla passione per la Cina e il continente Asiatico quella per le relazioni internazionali. Al momento è una laureanda presso l'Università di Bologna nel corso International Relations con un curriculum dedicato alla sicurezza internazionale. Nell'ultimo anno ha svolto un tirocinio come analista presso il Global Governance Institute di Bruxelles, il tirocinio MAECI CRUI presso l'ambasciata italiana di Kuala Lumpur ed è stata selezionata come tirocinante presso il Commissariato Generale Italiano ad Expo 2020 Dubai. Da Gennaio 2022 è parte della redazione di Framing the World come autrice per la sezione Asia ed Estremo Oriente.

Laura Salvemini, class of 1997, graduated from the University of Milan with a BA in Linguistic and intercultural communication, studying Chinese and Spanish. After winning a scholarship to attend a chinese language and culture course at the Liaoning Normal University, in China, she added her passion for Asia and China to her interest for International Relations. She's now graduating from the University of Bologna with a MA degree in International Relations, with a curriculum dedicated to International Security. In the last year she worked as an analyst at the Global Governance Institute in Bruxelles, was selected as an intern at the Italian General Commissariat at Expo 2020 Dubai and worked at the Italian Embassy in Kuala Lumpur. Since January 2022 she has been an author for the Asia and the Far East section in the Framing the World team.

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