Strumenti di tutela dei diritti umani: La Carta Araba dei diritti dell'uomo

Ostacoli al riconoscimento dalla comunità internazionale e i limiti dei meccanismi di monitoraggio

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  Flora Stanziola
  03 dicembre 2022
  5 minuti, 57 secondi

Il 10 dicembre ricorre l’anniversario dell’adozione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il primo strumento – seppur di carattere non vincolante, ma che ormai è entrato a far parte del diritto internazionale consuetudinario – a tutela dei diritti umani, che scaturiva dalla necessità di elencare dei principi, universali, indivisibili e irrinunciabili per tutta la comunità internazionale senza discriminazioni di razza, sesso, religione.

A partire da questa dichiarazione, e dalla struttura delle Nazioni Unite nel corso degli anni sono stati creati diversi sistemi di carattere regionale a tutela dei diritti umani. Tra questi, oltre ai più avanzati quali il Consiglio d'Europa (CdE), l’Organizzazione degli Stati americani (OSA) e l’Unione africana (UA), ne esistono altri meno evoluti che presentano meccanismi di controllo dei diritti umani: la Lega degli Stati Arabi (Lega Araba), la Comunità degli Stati Indipendenti, sorta a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica e l'Associazione delle Nazioni del sud-est asiatico (ASEAN).

La Lega Araba nasce all’indomani della Seconda guerra mondiale come entità regionale organizzata. Fin dalla sua fondazione, il 22 marzo del 1945, la Lega degli stati arabi ha adottato il principio dell’“unanimità” per le decisioni che riguardano gli interessi dell’intera regione che include tutti i paesi la cui popolazione è a maggioranza araba.

I paesi membri attualmente sono Algeria, Arabia Saudita, Bahrein, Isole Comore, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Gibuti, Giordania, Iraq, Kuwait, Libano, Libia, Marocco, Mauritania, Oman, Palestina, Qatar, Siria (sospesa nel 2011), Somalia, Sudan, Tunisia, Yemen.

La Lega Araba nasce come strumento del nazionalismo arabo contro ogni forma di dominazione coloniale, dando quindi inizialmente un senso laico all’organizzazione. Al tempo della sua fondazione, infatti, la Lega si poneva come obiettivi il coordinamento dell’azione politica e la salvaguardia dell’indipendenza e della sovranità degli Stati membri. La vera e propria svolta nel campo delle attività avvenne il 3 settembre 1968, anno in cui l’organizzazione decise di istituire una Commissione araba permanente per i diritti dell’uomo.

Dal 1980 la Commissione permanente, nel contesto di una nuova consapevolezza che attraversava il mondo arabo in tema di diritti dell’uomo, intraprese l’elaborazione di una prima Carta araba avente ad oggetto una codificazione in senso liberale e garantista dei diritti umani, non prevedendo però espressamente tra i propri obiettivi la promozione e la difesa dei diritti e delle libertà dell’uomo. La Carta Araba venne adottata per la prima volta il 15 settembre 1994 senza però entrare in vigore a causa del mancato conseguimento del numero minimo di ratifiche.

Dopo 10 anni dall'elaborazione della carta, nel 2004 gli stati membri della Lega Araba hanno pensato di riformularla tenendo conto anche delle regole islamiche dettate dalla sharia. Ciò portò un numero maggiore di Stati a procedere alla ratifica. La Carta araba dei diritti dell’uomo venne adottata a Tunisi il 23 maggio 2004 ed entrata in vigore il 15 marzo 2008.

Il 24 gennaio 2008 l'allora alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Louise Arbour dichiarò che la Carta araba dei diritti dell'uomo era incompatibile con la Dichiarazione universale dei diritti umani, con le norme di diritto internazionale e con i principali strumenti istituiti per la tutela dei diritti dell’uomo, in particolare per gli aspetti attinenti ai diritti delle donne e alla pena di morte per i bambini. Inoltre, un altro ostacolo all’accettazione da parte della comunità internazionale fu il mancato riconoscimento del principio di universalità dei diritti dell’uomo in quanto l’influenza della sharia comportava anche una distinzione tra i diritti umani da riconoscere all’uomo di religione musulmana e quelli da riconoscere all’uomo di religione non musulmana.

Un confronto tra la Carta Araba e la Dichiarazione porta alla distinzione dei diritti in tre gruppi: un primo gruppo a cui appartengono i diritti tutelati sia dal diritto internazionale che dalla sharia, un secondo gruppo dove si possono inserire i gruppi esclusi dalla sharia ma presenti nella Dichiarazione e un terzo gruppo composto dai diritti riconosciuti formalmente dalla sharia ma condizionati da essa.

Al termine dell’anno 2009 gli stati che avevano ratificato la Carta, hanno espresso l’impegno a modificare le proprie leggi e politiche in accordo con le disposizioni della Carta, anche in virtù dell’istituzione di un Comitato arabo dei diritti umani composto da sette membri avente funzioni di supervisione dell’attuazione della medesima. La Carta Araba prevede in particolare due organi di monitoraggio: il Comitato arabo per i diritti umani e dal 2014 la Corte araba per i diritti umani, la quale è stata creata ma non è ancora mai stata resa operativa.

Il Comitato è un organo che non può adottare atti vincolanti, può adottare solo atti mandatori. Esso si limita a ricevere rapporti periodici degli stati. Ogni tre anni infatti gli stati membri della Lega Araba devono presentare un rapporto periodico che riporti cosa è stato fatto in materia di diritti umani. Questo meccanismo di controllo è estremamente confidenziale, difatti le raccomandazioni del comitato non sono pubbliche bensì avviene un dialogo tra gli stati membri che si svolge a porte chiuse, e ciò rappresenta un problema in termini di efficacia dello strumento. Inoltre, sembrerebbe che i paesi membri della Lega Araba presentino questi rapporti solo saltuariamente e non ogni tre anni. Un altro limite di questo organo è rappresentato dal fatto che non coopera con altre istituzioni o organizzazioni. 

La mancata operatività della Corte Araba quale organo incaricato di rilevare le violazioni e sanzionare gli Stati parte rappresenta un forte limite alla Carta. Il Comitato Arabo da solo, non può essere considerato uno strumento effettivo di tutela dei diritti umani, perché nel suo funzionamento non contempla la possibilità che gli Stati membri o i singoli individui possano avanzare petizioni nei suoi confronti. In sostanza, siamo di fronte a un elenco di diritti (o presunti tali) da tutelare, senza però l’istituzione di un giudice che sia competente a giudicare le violazioni e a punire chi le compie.

Nonostante ciò, attualmente si può affermare che la Lega degli Stati Arabi sia stata l’unica organizzazione regionale araba ad aver dato alla luce una Carta, ratificata ed entrata in vigore, valevole come piattaforma comune per quei principi di libertà a cui dovrebbero attenersi le nazioni arabe al fine di assicurare ai rispettivi popoli la giusta garanzia dei diritti civili, economici, politici e sociali.


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Fonti consultate per il presente articolo:

Abdel-Fadil, M. 1993, “Esperienze di cooperazione e di integrazione economica nel mondo arabo, con particolare riferimento al ruolo svolto dalla Lega Araba” in Stato ed economia nel mondo arabo; Stato ed economia nel mondo arabo Fondazione Giovanni Agnelli, , pp. 1-19.

Ceffa, C. B., (Luglio 2010), “La libertà religiosa nell'islam: la Carta araba dei diritti dell'uomo”, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale disponibile online: https://www.academia.edu/8219052/La_libert%C3%A0_religiosa_nellislam_la_Carta_araba_dei_diritti_delluomo?source=swp_share

https://archimondo.it/wp-content/uploads/2021/12/Carta-araba-dei-diritti-delluomo.pdf

https://www.treccani.it/enciclopedia/league-of-arab-states-lega-degli-stati-arabi_%28Atlante-Geopolitico%29/

https://web.archive.org/web/20021113111506/http://www.dhimmitude.org/archive/universal_islam.html

Fonte immagine di copertina:

https://www.pexels.com/it-it/foto/scrittura-testo-perline-musulmano-6920597/

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L'Autore

Flora Stanziola

Autrice da giugno 2022 per Mondo Internazionale Post. Originaria dell'Isola d'Ischia e appassionata di lingue e culture straniere ha conseguito nel 2018 il titolo di Dott.ssa in Discipline per la Mediazione linguistica e culturale. Dopo alcune esperienze all'estero e nel settore turistico, nel 2020 ha intrapreso la strada delle relazioni internazionali iscrivendosi al corso di laurea magistrale in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, appassionandosi alle tematiche relative alla tutela dei diritti umani. Recentemente ha concluso il suo percorso di studi con la tesi dal titolo: "L'Uganda contemporaneo: dalle violenze ai processi di sviluppo".

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Diritti umani islam