Il Sudan: Un Paese Infranto tra Guerra Civile e Crisi Umanitaria
Da oltre un anno e mezzo il Sudan è immerso in una guerra civile devastante tra le Forze Armate Sudanesi (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF). Questa lotta per il controllo del paese, iniziata il 15 aprile 2023, ha avuto conseguenze catastrofiche: quasi 15.000 morti e oltre 8,2 milioni di sfollati, rendendo la crisi di sfollamento la peggiore al mondo. Nonostante la gravità della situazione, il conflitto ha ricevuto una copertura mediatica limitata nei principali media occidentali. Questo articolo si propone di colmare tale lacuna offrendo una panoramica dettagliata sull'andamento della guerra e sul contesto storico che l'ha preceduta, basandosi su un'analisi del Center for Preventive Action, una sezione del Council on Foreign Relations (CFR).
Il Sudan, che per gran parte del XX secolo è stato un protettorato anglo-egiziano, ha ottenuto l'indipendenza da entrambi i paesi nel 1956. Tuttavia, sin dall'inizio, il paese ha affrontato gravi sfide interne, segnate da profonde divisioni tra il nord, arabo-musulmano, e il sud, prevalentemente cristiano e animista. Questa frattura ha alimentato due guerre civili: la seconda, più lunga e cruenta, ha portato alla secessione del Sudan del Sud nel 2011.
La dittatura di Omar al-Bashir, che è durata dal 1989 al 2019, ha ulteriormente complicato la situazione. Al-Bashir, ex ufficiale delle SAF, ha governato con mano ferma, scatenando la guerra in Darfur e alimentando le tensioni etniche. La guerra del Darfur, iniziata nel 2003, è stata descritta come genocida dalla Corte Penale Internazionale e dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Le milizie Janjaweed, finanziate da al-Bashir, hanno compiuto atrocità su larga scala, portando alla creazione delle RSF, un potente gruppo paramilitare. Nel 2019, le proteste popolari hanno portato alla caduta del regime di al-Bashir con un colpo di stato orchestrato dal SAF e dalle RSF e alla creazione di un governo di transizione congiunto, guidato dal generale Abdel Fattah al-Burhan delle SAF e da Mohamed Hamdan “Hemedti” Dagalo delle RSF. Tuttavia, questa transizione ha dimostrato presto di essere instabile.
Nel 2021 un secondo colpo di stato ha rovesciato il primo ministro Abdalla Hamdok e ha portato alla sospensione della costituzione. La mancanza di una leadership civile effettiva ha contribuito a un peggioramento della situazione, con Burhan e Hemedti che hanno continuato a esercitare il potere. I tentativi di avviare un processo di transizione democratica sono stati ostacolati dalle divisioni interne e dalla mancanza di accordi concreti tra le due fazioni.
Il conflitto attuale: una lotta senza fine
La guerra civile che infuria attualmente è caratterizzata da una brutale lotta per il potere tra SAF e RSF. Le violenze si sono intensificate, con scontri devastanti a Khartoum e in altre aree strategiche. La RSF, accusata di aver perpetrato gran parte della violenza, ha mirato a gruppi etnici specifici, alimentando una crisi umanitaria dalle proporzioni allarmanti.
I dati recenti mostrano che a causa dei combattimenti sono morte tra le 10.000 e le 15.000 persone e il numero di sfollati è aumentato in modo esponenziale. Quasi due milioni di rifugiati sono fuggiti in paesi vicini come il Ciad, l'Etiopia e il Sudan del Sud, saturando i campi profughi e aumentando il rischio di ulteriori disastri umanitari. Le condizioni di vita nei campi sono deplorevoli, con carenze di cibo e assistenza sanitaria.
Le reazioni internazionali
Nonostante gli sforzi internazionali per porre fine al conflitto, i negoziati sono stati caratterizzati da fallimenti. Gli sforzi di mediazione condotti da Stati Uniti e Arabia Saudita sono naufragati e le sanzioni imposte dagli Stati Uniti non hanno prodotto risultati significativi. A ottobre 2023 SAF e RSF hanno accettato di riprendere i negoziati, ma i colloqui sono stati caratterizzati da incertezze e mancanza di progressi concreti.
Nel frattempo, le atrocità continuano a verificarsi. Le recenti violenze in Darfur, compresi massacri e attacchi genocidi contro le minoranze locali, hanno attirato l'attenzione delle organizzazioni internazionali. Human Rights Watch e altre ONG hanno documentato crimini di guerra e pulizie etniche, mentre l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, ha paragonato la situazione attuale a quella che ha portato al genocidio del Darfur tra il 2003 e il 2005.
La situazione in Sudan rimane critica, con gravi preoccupazioni per la possibile escalation del conflitto in una guerra regionale. La Conferenza dei donatori a Parigi, prevista nei prossimi mesi, potrebbe rappresentare un'opportunità per rilanciare i negoziati di pace, ma le sfide rimangono enormi. La comunità internazionale dovrà agire con decisione per prevenire ulteriori atrocità e per affrontare una crisi umanitaria di proporzioni senza precedenti.
Il Sudan è attualmente uno dei più gravi incubi umanitari della storia recente, con conseguenze che si ripercuotono ben al di là delle sue frontiere. La guerra civile e la crisi umanitaria richiedono una risposta globale urgente e coordinata per garantire la protezione dei civili e il ripristino della pace e della stabilità nel paese.
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