UN ANNO DI ELEZIONI

Che impatto avranno le elezioni statunitensi in America Latina?

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  Alessia Boni
  21 aprile 2024
  6 minuti, 50 secondi

Introduzione

Il 2024 si prospetta un anno cruciale per il futuro globale. Nello specifico, il 5 novembre verranno indette le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, cuore pulsante nelle dinamiche delle relazioni internazionali, le cui implicazioni avranno un impatto rilevante su scala mondiale. Questo periodo riveste particolare importanza per temi cruciali per l'America Latina, come l'immigrazione.

La democrazia negli Stati Uniti ha affrontato sfide senza precedenti negli ultimi anni, culminando nell'assalto al Campidoglio da parte dei sostenitori dell’ex presidente Trump il 6 gennaio 2021. Le prossime elezioni stabiliranno, oltre alla legislatura quadriennale del presidente, la nomina di 33 senatori e dell'intera Camera dei Rappresentanti (453 seggi).

Gli Stati Uniti sono uno stato federale a sistema presidenziale. A differenza di altri sistemi presidenziali è all’interno del collegio elettorale che si decide il futuro delle elezioni. Si può diventare presidente, come nel caso di Trump nel 2016 e di Bush nel 2000, senza avere la maggioranza del voto popolare ma solo quella dei voti nel collegio elettorale. Dunque, è il collegio l’istituzione decisiva per l’elezione del presidente, non sempre rispecchiando la maggioranza popolare.

Questo funambolismo tra democratici e repubblicani all’interno del collegio elettorale ha trasformato il suo funzionamento in una sorta di roulette politica. Infatti, le ultime elezioni sono state decise da pochissimi voti, oltre al ruolo dei media e delle lobbies.

Un anno di votazioni in America Latina

Parallelamente, mentre gli Stati Uniti si preparano alle elezioni, anche l'America Latina sta vivendo un periodo di intensa attività politica. Con tre nuovi presidenti entrati in carica e sei elezioni presidenziali in programma, la regione si trova al centro di un anno di cambiamenti che avranno ripercussioni oltre i confini nazionali.

Dopo la vittoria dirompente di Javier Milei in Argentina e il tumultuoso insediamento di Daniel Noboa in Ecuador a chiusura del 2023, il primo appuntamento del 2024 ha riguardato El Salvador, con la conferma quasi scontata del presidente Nayib Bukele. Il governo Bukele, che ha implementato politiche punitive più rigide, detenzioni arbitrarie, rafforzamento delle forze dell’ordine e controllo da parte dell’esercito, è ammirato da altri leader conservatori della regione. 

Nel mese di maggio si vota a Panama e in Repubblica Dominicana, ma i riflettori sono puntati sul due giugno, con le elezioni generali in Messico. Le elezioni messicane si svolgono pochi mesi prima di quelle negli Stati Uniti e sono accompagnate dal voto per il Parlamento e per i governatori dei singoli stati. A fine ottobre si voterà poi in Uruguay, dove, così come per il Messico, il presidente in carica non può essere eletto per due volte consecutive.

In Brasile, il secondo anno di mandato di Lula da Silva sarà influenzato dallo scenario economico e dalle elezioni municipali di ottobre. Lula è impegnato in un gioco di equilibrismo e scambi di favori tra il Partito dei Lavoratori e le forze moderate che fanno da baricentro costante nella politica brasiliana, per garantire l’appoggio dei piccoli partiti che sono stati in passato alleati della destra di Jair Bolsonaro. Infine, in Venezuela, per ottenere l’alleggerimento delle sanzioni commerciali il presidente Nicolas Maduro ha promesso alla comunità internazionale che le elezioni presidenziali del 2024 verranno svolte nella più assoluta trasparenza.

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Osserviamo la politica di Trump nei confronti degli americani di origine latina attraverso il prisma della sua politica sull'immigrazione, che spazia dal disumano "muro al confine" all'inasprimento della sua retorica verso gli immigrati, che egli accusa di “portare solo crimine” negli Stati Uniti. Il tema dell’immigrazione latinoamericana subirà le conseguenze più amare di una politica rinnovata volta a "tolleranza zero" nei confronti dei migranti, con nuove deportazioni, detenzioni e separazioni familiari.

L'America Latina ospita una delle più grandi crisi migratorie mondiali, con l'aumento del numero di persone che attraversano la regione a causa di conflitti sociali, economici e politici e che saranno proprio loro a subire l’impatto più tragico dalle elezioni imminenti. Il 2023 si è concluso con oltre 2,4 milioni di migranti alla frontiera sud-ovest e attraverso la giungla del Darien, il numero più alto mai registrato.

Durante la sua precedente amministrazione, Trump ha imposto sanzioni unilaterali a Cuba e Venezuela senza, tuttavia, insediare un’amministrazione alleata a Caracas, ispirata a figure associate alla destra conservatrice e lontane dalla Cina, con cui gli Stati Uniti continuano a gareggiare per il governo dell’economia mondiale. L'Argentina, per esempio, ha scelto di rimanere al di fuori del BRICS+ per ora, preferendo il recinto statunitense. Una nuova amministrazione Trump rafforzerebbe i movimenti ultra-conservatori, anti-Cina e anti-sinistra nella regione.

Sotto questa luce, potrebbe sembrare che Biden, durante un secondo mandato, mostri maggiore interesse per una relazione più profonda con l'America Latina. Tuttavia, una valutazione più attenta della politica della sua attuale amministrazione rivela che in alcuni aspetti non si discosta molto da quella del suo predecessore. L'amministrazione Biden, ad esempio, ha rinnovato l'applicazione delle sanzioni contro il Venezuela e ha rifiutato di togliere Cuba dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo.

Tra elezioni e implicazioni geopolitiche

Gli Stati Uniti si trovano a un bivio che rischia di condurre il paese ad un vicolo cieco in entrambi i casi: nonostante le diverse personalità ed ideologie, i due leader sfidanti non promettono un futuro di cambiamenti radicali nelle relazioni con la vicina America Latina.

Piuttosto, il panorama geopolitico suggerisce una preoccupazione sia democratica che repubblicana di mantenere la regione allineata con i suoi obiettivi di politica estera, in linea con gli Stati Uniti di fronte ad attori non continentali e distante da forme alternative di organizzazione regionale.

Con la crescita di fiorenti governi autoritari in America Latina, traffico di droga e violazione dei diritti umani, evidenziati da episodi quali il colpo di stato in Bolivia nel 2019 e la violenta repressione delle proteste, l'elezione di Joe Biden come 46° presidente degli Stati Uniti ha rappresentato un arresto dell’ondata globale di estrema destra. Tuttavia, la risposta degli Stati Uniti alle manovre autoritarie è stata pressoché inconsistente se non tramite sanzioni, come in Nicaragua, Cuba e Venezuela.

Secondo le analisi dello studioso egiziano Samir Amin, il dominio mondiale guidato dagli Stati Uniti si fonda su cinque pilastri cruciali: armamenti di vasta portata, mezzi di comunicazione di massa, sistema finanziario e monetario, tecnologia avanzata e controllo delle risorse naturali. Tuttavia, queste aree di supremazia stanno mostrando segni di cedimento, con lacune sempre più evidenti e crolli.

I nuovi accordi commerciali e gli sforzi volti alla de-dollorizzazione del sistema finanziario, promossi dal gruppo BRICS+, stanno tentando di erodere il dominio degli Stati Uniti. Nel frattempo, i progressi tecnologici compiuti da Russia e Cina mettono in dubbio la superiorità tecnologica americana. 

Questa situazione implica che gli Stati Uniti dovranno fare sempre più affidamento sulla loro forza militare e sul loro apparato informativo per mantenere il controllo su ciò che considerano il loro dominio naturale. 

Conclusioni

Durante la Guerra Fredda, la polarizzazione tra grandi potenze e il discorso sulla promozione di un "mondo libero" hanno portato gli Stati Uniti a dare priorità alla geopolitica sulla democrazia e a sostenere dittature anti-comuniste nonostante le loro gravi violazioni dei diritti umani, permettendo all'egemonia occidentale di avere successo. 

Chiunque si sieda nell'Ufficio Ovale a gennaio non trasformerà significativamente la situazione attuale in America Latina, ma la questione sul fronte migratorio continuerà a diventare sempre più tragica. La priorità per entrambe le parti sta nel trovare modi per approfondire la dipendenza regionale dagli Stati Uniti e spingere fuori l'influenza cinese e russa, anche se ciò richiede un aumento del controllo delle informazioni e occasionalmente mostrare la potenza militare. La continuità nella politica estera verso la regione, indipendentemente dal vincitore delle elezioni, sottolinea la sua importanza strategica nel nuovo ordine mondiale emergente.

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L'Autore

Alessia Boni

Alessia Boni è originaria di Modena, Emilia-Romagna ed è nata il 13 giugno 1998. Ha una profonda passione per la politica internazionale, l'economia, la diplomazia, le questioni ambientali e i diritti umani.

Alessia ha conseguito una laurea in Relazioni internazionali e Lingue straniere, con un semestre trascorso come studentessa di scambio per il programma Overseas in Argentina presso l'Universidad Austral de Buenos Aires, dove ha sviluppato il suo profondo interesse per l'America Latina.

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America del Sud

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