"Tin Bota" Romagna

L’alluvione che ha messo in ginocchio una regione

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  Elisa Modonutti
  02 giugno 2023
  4 minuti, 27 secondi

Non ci sono precedenti per descrivere la gravità dell’alluvione che ha colpito la regione Emilia-Romagna lo scorso maggio. Interi comuni isolati completamente a causa di frane, paesi e città inghiottiti dalla forza brutale dell’acqua, che, uscendo dai letti dei molti fiumi del territorio romagnolo, ha invaso case e quartieri. I numeri sono esorbitanti: si parla di 21 fiumi diversi esondati, 43 comuni colpiti e 24 allagati. Le province maggiormente colpite da questa catastrofe naturale sono state quelle di Forlì-Cesena e di Ravenna, dove gli sfollati sono stati decine di migliaia, per una serie di eventi che il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha definito come “eventi catastrofici mai registrati”.

Ma, partendo dall’origine, come possono essere descritte le cause di questa distruttiva alluvione?

Secondo quanto affermato dal meteorologo Edoardo Ferrara, all’origine dell’evento drammatico vi è un ciclone generatosi nel Nord Africa che ha poi risalito la penisola italiana fino a raggiungere il Centro-Nord, colpendo soprattutto l’Emilia orientale e la Romagna, dove le precipitazioni sono state esasperate da quello che viene chiamato “effetto stau”. Nello specifico, come affermato dal meteorologo: “Correnti di grecale, ricche di umidità, si sono scontrate con il contrafforte appenninico [romagnolo], scaricando ingenti quantità di pioggia in modo costante nelle stesse zone. A questa situazione si sono aggiunte diverse aggravanti: il ciclone si è praticamente fermato una volta raggiunto il Centro Italia, protraendo quindi il maltempo; i forti venti di bora sulla costa con mare agitato hanno ostacolato anche il deflusso delle acque dall'Appennino verso l'Adriatico; i terreni erano già intrisi d'acqua per via dell'alluvione di appena due settimane fa sempre nella stessa zona e con cause del tutto simili a quelle attuali.”

Proprio la saturazione d’acqua dei terreni e dei letti dei fiumi, già duramente provata dalle piogge delle settimane precedenti e dai lunghi periodi di siccità che hanno caratterizzato i mesi di marzo e aprile, non è riuscita a contenere l’impatto delle migliaia di metri cubi di acqua abbattutesi sulle province dell’Emilia orientale e della Romagna. Nelle giornate del 15, 16 e 17 maggio, infatti, è caduta una quantità d’acqua che, nella norma, cade sulla regione in media durante un arco di tempo di sei mesi. In 36 ore, la media dell’acqua piovana è stata di 200 millimetri, con punte di 500 millimetri nelle zone più colpite (province di Forlì-Cesena e di Ravenna). Numeri inimmaginabili, se si tiene a mente che in un anno la piovosità media in Romagna è di circa mille millimetri.

Innumerevoli sono le località e i comuni interessati dalla furia dell’acqua o rimasti isolati a causa delle frane, tra queste città c’è anche Forlì, la città in cui studio e vivo attualmente.

Interi quartieri della città sono finiti sotto acqua: Romiti, Schiavonia, San Benedetto, Roncadello, Cava; obbligando moltissime persone ad evacuare le loro abitazioni a causa della piena del Montone, che dopo aver esondato ha travolto tutto con le sue acque. Nel quartiere Romiti, il più colpito dalla furia dell’alluvione, l’acqua ha raggiunto il metro e settanta di altezza. La notte tra il 16 e il 17 maggio è stata quella più drammatica per il comune, dove le lunghe ore che separano il buio dalla luce venivano scandite dall’incessante fruscio della pioggia che non accennava a dare il minimo segno di tregua, dal rombo degli elicotteri di soccorso e dal suono degli allarmi di evacuazione e di aiuto dati dalle forze di salvataggio.

Sono stati giorni terribili per la città, messa in ginocchio da un evento di una portata oltre ai limiti dell’inimmaginabile. 

Il popolo romagnolo, tuttavia, non si è lasciato scalfire da questa tragedia. Cessata l’emergenza meteo e non appena l’acqua si è ritirata, migliaia di persone di tutte le età, armatesi di stivaloni, pale e scope si sono messe subito all’opera per cercare di ripulire tutto il fango e i detriti che la piena del Montone aveva lasciato dietro di sé.

Scene surreali, quelle provenienti dai quartieri più interessati, dove a bordo strada hanno iniziato ad accumularsi pile e pile di mobili ed effetti personali danneggiati irreparabilmente dal fango, case in cui non esistono più giardini o vialetti d’accesso e strade trasformate in fiumi di fanghiglia.

Nonostante ciò, i forlivesi e i romagnoli non demordono e, a suon di “Romagna Mia”, celebre canzone dell’Orchestra Casadei, spalata dopo spalata, pian piano hanno iniziato a ripulire tutto il fango, per ridare luce alle loro case e alla loro città. Un grande aiuto proviene, inoltre, dai molti giovani e volontari, soprannominati “angeli del fango”, che, pronti a sporcarsi le maniche ed a infangarsi, si sono messi all’opera con loro. Malgrado la devastazione subita e i momenti di sconforto, tutti si sono messi all’opera per la pulizia e, tra un piatto di cappelletti al ragù e un pezzo di focaccia locale (perché, come detto dalla signora Lucia, la cui famiglia ha perso nell’alluvione tutto il piano inferiore della casa: “saremmo anche alluvionati, ma siamo pur sempre romagnoli e per noi il cibo viene prima di tutto”), stanno ripulendo intere città dimostrando che la Romagna tiene duro, o meglio “bota”.

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Fonti utilizzate per il seguente articolo: 

Foto a cura dell'autrice.

https://www.agi.it/cronaca/news/2023-05-17/maltempo-emilia-romagna-acqua-mezzo-anno-21424685/

https://www.wired.it/article/emilia-romagna-alluvione-cause-piogge-maggio-crisi-clima-siccita/

https://www.ilsole24ore.com/art/alluvione-emilia-romagna-e-ancora-allerta-rossa-musumeci-troppi-vincoli-i-fondi-AEn3mVWD

https://www.bolognatoday.it/meteo/alluvione-emilia-romagna-cause-meteo-prossimi-giorni.html

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L'Autore

Elisa Modonutti

Studentessa di Scienze internazionali e diplomatiche, amante della lettura, dei viaggi e con una curiosità innata di scoprire il mondo che ci circonda

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