UN Peacekeeping oggi: alcuni dati sulle 12 missioni in corso

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  Chiara Cecere
  15 maggio 2023
  5 minuti, 45 secondi

Il peacekeeping delle Nazioni Unite è uno degli sforzi più grandi dell'ONU mirante a costruire e sostenere la pace globale: uno strumento efficace per aiutare i Paesi ospitanti a percorrere il difficile cammino che va dal conflitto alla pace. Il mantenimento della pace stessa ha solamente punti di forza, tra cui la legittimità, la condivisione degli oneri e la capacità di dispiegare e sostenere truppe e forze di polizia da tutto il mondo, integrandole con forze di pace civili per portare avanti mandati multidimensionali.

Attualmente, le operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite sono 12 e dispiegate in tre continenti: Kosovo, Cipro, Golan (Siria-Israele), Libano, Medio Oriente, Sahara Occidentale, Mali, Abeyi (Etiopia-Sudan), Repubblica Centrafricana, Congo, Sud Sudan, Jammu e Kashmir (India-Pakistan). Infatti, le forze di pace dell'ONU forniscono sicurezza, sostegno politico e consentono la realizzazione di operazioni di peacebuilding, sostenendo i Paesi in crisi a compiere la difficile transizione dal conflitto alla pace. Il peacekeeping delle Nazioni Unite implica tre principi fondamentali: il consenso delle parti, l'imparzialità e il non uso della forza - se non per autodifesa e difesa del mandato. Le odierne operazioni multidimensionali sono chiamate non solo a mantenere la pace e la sicurezza, ma anche a facilitare il processo politico, a proteggere i civili, ad assistere il disarmo, la smobilitazione e il reinserimento degli ex combattenti, a sostenere l'organizzazione delle elezioni, a proteggere e promuovere i diritti umani e a contribuire al ripristino dello Stato di diritto. È anche vero che il successo non è mai garantito: il mantenimento della pace delle Nazioni Unite avviene - quasi per definizione - nei luoghi più difficili sia dal punto di vista fisico che politico; tuttavia, in 60 anni di esistenza, l'ONU ha accumulato una serie di successi comprovati, tra cui la vittoria del Premio Nobel per la pace nel 1988.

Esaminando i dati, negli ultimi 25 anni il numero di missioni attive ONU si è aggirato intorno alle 20 unità e il numero di personale dispiegato è raddoppiato. All'inizio del 1993, le Nazioni Unite schieravano circa 50.000 persone, mentre nel febbraio 2017 i peacekeepers attivi erano 100.000. Il loro aumento si traduce in una prospettiva promettente: la comunità internazionale è più che mai disposta e capace di reagire ai conflitti. Però, l'interpretazione di questi dati può essere duplice. L'aumento delle risorse destinate al contenimento della violenza non deve essere attribuito solamente a un mondo più pacifico: infatti, i caschi blu si trovano a operare sempre più spesso in contesti di conflitto armato per seguire obiettivi di peacebuilding piuttosto che in scenari di post-conflitto e peacekeeping. Al contrario di quello che si possa pensare, i Paesi a basso o medio reddito contribuiscono maggiormente al mantenimento della pace attraverso le Nazioni Unite. Dagli anni 2000, almeno la metà dei peacekeepers che hanno partecipato proviene da Stati membri delle Nazioni Unite aventi un reddito basso o medio-basso. Nel 2015, la percentuale di coloro provenienti da Paesi a reddito basso o medio-basso aveva raggiunto l'80%. Ad esempio, il Bangladesh fornisce il maggior numero di caschi blu di tutti i Paesi contributori di truppe e polizia.

Sono state oltre 70 le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite dal primo dispiegamento avvenuto nel 1948 e più di 50 di queste sono iniziate negli ultimi 25 anni. Inoltre, la durata media delle missioni di pace delle Nazioni Unite è di 31 mesi, mentre a oggi sei missioni hanno superato i 26 mesi, tra cui:
- UNTSO: l'Organizzazione delle Nazioni Unite per la Supervisione dell'Armistizio in Medio Oriente (1948);
- UNMOGIP: il Gruppo di Osservatori delle Nazioni Unite tra l'India e il Pakistan (1949);
- UNFICYP: le Forze delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace a Cipro (1964);
- UNDOF: le Forze di disimpegno degli osservatori delle Nazioni Unite nel Golan (1974);
- UNIFIL: le Forze di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (1978);
- MINURSO: la Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara Occidentale (1991).
In totale, oggi ci sono 12 missioni attive nel mondo. Oltre a quelle menzionate in precedenza - che sono ancora attive - vi si aggiungono le seguenti:
- UNMIK: la Missione di Amministrazione ad interim delle Nazioni Unite in Kosovo (1999);
- MINUSMA: la Missione di Stabilizzazione Integrata Multidimensionale delle Nazioni Unite in Mali (2013);
- UNISFA: le Forze di Sicurezza Provvisorie delle Nazioni Unite per Abyei (2011);
- UNMISS: la Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (2011);
- MINUSCA: la Missione di Stabilizzazione Integrata Multidimensionale delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana (2014);
- MONUSCO: la Missione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo (1999).

In sostanza, il 94% delle missioni si svolge in Africa e in Medio Oriente. A livello regionale, la maggior parte degli operatori di pace è stata dispiegata nell'Africa Subsahariana e Medio Oriente, e Nord Africa dall'inizio degli anni Novanta; nel 2016, le Nazioni Unite hanno dispiegato il 94% del personale di pace in queste due regioni.
Le operazioni di pace contemporanee riflettono i diversi ruoli che le forze di pace svolgono: il mantenimento della pace non è più solo un'attività post-conflitto. La tendenza a effettuare dispiegamenti di peacekeeper in Paesi con un conflitto armato attivo è aumentata dall'inizio del secolo. Nel 2015, poco più della metà dei 100.000 peacekeeper attivi era dispiegata in un Paese con un conflitto armato attivo, come il Sudan e la Repubblica Democratica del Congo. Nel 2014, il Segretario generale delle Nazioni Unite commissionò a un gruppo indipendente di esperti di alto livello di operazioni di pace una revisione completa di come le operazioni di pace delle Nazioni Unite potessero essere "più efficaci, efficienti e reattive in un mondo che cambia". La revisione sottolineò che le soluzioni politiche ai conflitti armati sono fondamentali per il mantenimento della pace poiché i peacekeeper sono sempre più spesso dispiegati in luoghi dove "non c'è pace da mantenere".

La non violenza è quindi al centro della missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, e uno dei tre principi fondamentali delle missioni di pace delle Nazioni Unite è il mancato uso della forza, se non per autodifesa e per difendere il mandato della missione. Dal 1948 a oggi, sono stati registrati 3.844 decessi di operatori di pace delle Nazioni Unite. Fortunatamente, il tasso di attacchi sferrati ai peacekeepers è diminuito negli ultimi 25 anni, passando da 1,6 morti ogni 1.000 persone dispiegate nel 1993 a meno di 0,4 dall'inizio del secolo. Inoltre, i primi dieci contributori finanziari al mantenimento della pace da parte delle Nazioni Unite sono: Stati Uniti (27,89%), Cina (15,21%), Giappone (8,56%), Germania (6,09%), Regno Unito (5,79%), Francia (5,61%), Italia (3,30%), Federazione Russa (3,04%), Canada (2,73%) e Repubblica di Corea (2,26%).

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Fonti consultate per il presente articolo:

Credits: https://www.rawpixel.com/image...

https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/marburg-virus-disease

https://www.salute.gov.it/portale/malattieInfettive/dettaglioFaqMalattieInfettive.jsp?lingua=italiano&id=48

https://www.microbiologiaitalia.it/virologia/virus-marburg-oms/


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L'Autore

Chiara Cecere

La mia passione per ciò che studio deriva dalla mia inappagabile curiosità, unita ad un briciolo di idealismo. Per quest’ultimo aspetto, le mie esperienze all’estero in precedenza sono state concentrate sui paesi scandinavi: ho trascorso un anno a Stoccolma lavorando come ragazza alla pari durante il mio gap year prima dell’università e ho vinto lo scambio con la prestigiosa università di Lund da gennaio a giugno 2020, durante la triennale in Diplomatic International Sciences all'Università di Bologna. La mia determinazione è confermata dal fatto che sia riuscita a raggiungere un buon livello di svedese in meno di un anno. Inoltre, il secondo semestre del primo anno (gennaio 2022), ho preso parte ad un secondo Erasmus presso l’università di Science Po Lyon, che ho vinto facendo domanda per la carriera futura, magistrale di International Relations - International Affairs. Sono appassionata ed entusiasta riguardo alla scelta del corso di studi triennale, per cui ho scelto di continuare con una magistrale in International Affairs all’università di Bologna. Ho scelto il curriculum di International Affairs proprio perché sono attratta da aree geografiche diverse dall’Europa, in particolare l’Africa. Considero la mia apertura mentale e la mia sensibilità culturale le mie migliori qualità, e la mia forza motrice è una grande curiosità unita a un pizzico di idealismo.

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