Che le elezioni in Venezuela fossero un momento estremamente delicato era evidente, innestandosi in una fase altrettanto fragile delle relazioni internazionali.
La situazione nel Paese guidato dal Presidente Maduro è estremamente drammatica, sia dal punto di vista economico, che umanitario, ormai da quasi un decennio, con un’inflazione che negli ultimi anni ha raggiunto il picco record del 390%, colpendo le frange più fragili della popolazione[1]. A questi problemi strutturali negli ultimi tempi si sono sommati anche problemi di approvvigionamento energetico, resi famosi dalla particolare battaglia del Governo contro pratica del “mining” delle criptomonete, una delle vie di uscita adottati dalla popolazione per eludere la crisi economica e l’iperinflazione che attanaglia il Paese[2].
Un quadro estremamente fragile in vista di una tornata elettorale altrettanto problematica, caratterizzata da un rifiuto da parte del Governo in carica di ospitare alcuni osservatori internazionali, invitati dall’opposizione, rispediti a casa a poche ore delle elezioni. A questo si è aggiunto poi il divieto di accesso al Paese ad alcuni esponenti del Partito Popolare spagnolo.
Come era pronosticabile dalla tensione creatasi nei giorni precedenti, a seguito dello spoglio elettorale la situazione è incresciosamente peggiorata, con la notizia da parte del Consiglio elettorale della rielezione del Presidente uscente Maduro con il 51% dei voti, contro il leader della principale coalizione delle opposizioni Edmundo Gonzàlez Urrutia, fermo al 44%.
Il verdetto ha creato fortissimi malumori fra la popolazione civile e i partiti di opposizione, che hanno accusato il Presidente uscente di brogli e poca trasparenza; accuse subito colte anche da alcuni leader internazionali, a partire dallo stesso Segretario americano Blinken, che, a stretto giro, ha dichiarato “Abbiamo serie preoccupazioni sul fatto che il risultato annunciato non rifletta la volontà o i voti del popolo venezuelano". Ma anche nazioni che attualmente mantengono legami amichevoli con il Paese, come la Colombia, hanno espresso un forte scetticismo sull’esito delle elezioni[3].
Come, infatti, sottolineato anche dalla Ong The Carter Center, il fatto che a quasi una settimana dalle elezioni, non sia possibile acquisire informazioni relative ai dati disaggregati per seggio elettorale, costituisce una grave violazione dei principi elettorali. Uno sforzo che fra l’altro stanno tentando di fare in autonomia le opposizioni, cercando di recuperare i verbali dei singoli seggi elettorali, per dimostrare la veridicità del voto popolare, che secondo le analisi interne dovrebbe attestare una vittoria al candidato delle opposizioni Urrutia, con una percentuale intorno al 70%[4].
I prossimi giorni saranno però fondamentali per capire se le forti pressioni internazionali saranno in grado di porre maggior trasparenza sull’esito elettorale, in un Paese dove la tensione interna sta aumentando vertiginosamente.
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L'Autore
Tiziano Sini
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