Verso il secolo turco: tra ambizioni e criticità

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  Michele Magistretti
  02 settembre 2023
  3 minuti, 58 secondi

La Turchia si trova in una fase delicata dal punto di vista interno. Il “Sultano” ha dimostrato ancora una volta la propria resilienza politica. Ha ottenuto un nuovo mandato presidenziale, riuscendo a mantenere fedele il grosso della Turchia profonda, nonostante i disastri economici e la gestione caotica dei terremoti di inizio anno. Ankara e il suo presidente si trovano quindi a navigare le tormentate acque di uno scenario internazionale in repentino mutamento.

Vediamo quindi quali sono le prospettive di manovra del paese anatoliche e alcune delle sfide con cui deve fare i conti.

Tra vecchie e nuove sfide

Il presidente Erdogan è riuscito ad assicurarsi un nuovo mandato. Il leader islamista non ha ottenuto questo risultato unicamente grazie al controllo dei media e a un uso spregiudicato delle risorse pubbliche. Anche questa volta è riuscito a proporsi come protettore del paese e unica alternativa credibile per l’elettorato conservatore della Turchia profonda. Anche se questa tornata elettorale ha certificato quale sia il vero king-maker della politica interna turca: i nazionalisti. Pur rappresentati da 3 partiti in competizione tra loro hanno raccolto circa un quarto dei voti espressi.

Il reis deve ora far fronte a una situazione economica sempre più precaria e tentare di proseguire il cammino di ambiguità strategica che vede il paese oscillare tra Oriente e Occidente. Ankara, infatti, continua ad essere il primo attore per il dialogo con Mosca riguardo il dossier del grano ucraino, mentre sostiene militarmente Kiev. Pur rimanendo un solido partner ucraino, Ankara sembra interessata ad approfondire i legami con il sistema finanziario russo e pare stia triangolando la vendita all’estero del carbone della Federazione Russa.

Inoltre, il percorso di indipendenza strategica non sembra subire cambi di rotta repentini. Pur non osando ipotizzare ad un divorzio netto con l’Occidente, Ankara e il suo establishment islamico-conservatore ha ormai gli occhi puntati a oriente e a sud. La Turchia prosegue il cammino di riavvicinamento ai paesi del Golfo, non senza diventarne anche più dipendente e dovendo cedere parte dei propri asset infrastrutturali in cambio di sostegno finanziario. Recentemente, è stato siglato un sostanzioso accordo di vendita dei nuovi droni turchi Bayraktar Akıncı all’Arabia Saudita per il valore di circa tre miliardi di dollari. Ormai la Turchia è entrata a pieno titolo nel mercato della difesa della penisola, anche grazie ai prezzi competitivi. I partner arabi cercano anche una maggior cooperazione per sviluppare industrie autoctone in tale settore, volendo prendere esempio dal paese anatolico e rendendosi così meno dipendenti dagli occidentali.

Contemporaneamente, la dirigenza turca guarda con interesse i recenti sconvolgimenti nel Sahel, pensando di potersi sostituire alla Francia come nuova attore regionale. Da alcuni anni ormai Ankara ha messo in atto un’offensiva economico-diplomatica in Africa occidentale. Tramite fondazioni religiose e con l’ausilio di enti come la DEIK (il Consiglio per le relazioni economiche con l’estero) e la TIKA (l’Agenzia di coordinamento e cooperazione turca) ha promosso la costruzione di opere infrastrutturali, tra cui scuole e ospedali in paesi come Mali, Niger e Burkina Faso.

Il rapporto con l’alleato statunitense rimane abbastanza gelido, sia per la differenza di vedute riguardo il destino delle forze curde nella Siria settentrionale sia per gli screzi con Stoccolma, che stanno dilungando l’entrata del paese scandinavo nell’Alleanza Atlantica.

Una delle priorità in agenda, che conferma i rapporti difficoltosi con alcuni partner occidentali e confermata anche dal nuovo ministro degli esteri, Hakan Fidan, è la questione del contrasto al terrorismo curdo del PKK e delle sue diramazioni in terra siriana e irachena. Contemporaneamente, diventa sempre più dirimente la questione dei rifugiati siriani, verso i quali ormai vi è una scarsa tolleranza in larghe fasce della popolazione turca. Infine, se da una parte il governo turco considera fondamentale la propria presenza militare nella Siria settentrionale, dall’altra il presidente siriano considera il ritiro turco come base imprescindibile della riconciliazione tra i due paesi.

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Fonti consultate per il presente articolo: 

Sinan Ciddi, Black Sea Grain Deal Is Dead, Highlighting Turkey’s Strategic Relevance, FDD, 21 luglio 2023 https://www.fdd.org/analysis/2023/07/21/black-sea-grain-deal-is-dead-highlighting-turkeys-strategic-relevance/?utm_content=buffer9e124&utm_medium=Twitter+(via+Buffer)&utm_source=twitter.com/fdd&utm_campaign=@FDD+via+Buffer+feed

Andrew Lebovich e Nienke van Heukelingen ,Unravelling Turkish involvement in the Sahel, Clingendael, 28 luglio 2023 https://www.clingendael.org/sites/default/files/2023-07/Policy_brief_Unravelling_Turkish_involvement_in_the_Sahel.pdf

Ali Bakir, Turkey’s defense industry is on the rise. The GCC is one of its top buyers, Atlantic Council, 4 agosto 2023 https://www.atlanticcouncil.org/blogs/menasource/turkey-defense-baykar-gcc-gulf/

Ezgi Akin, In first foreign policy speech, Turkey's FM asks NATO to be 'considerate,' slams PKK, Al-Monitor, 7 agosto 2023 https://www.al-monitor.com/originals/2023/08/first-foreign-policy-speech-turkeys-fm-asks-nato-be-considerate-slams-pkk

Foto: https://pixabay.com/it/images/...

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