Deforestazione: piaga ambientale e sociale che fa ancora discutere.

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  Beatrice Basone
  18 March 2024
  4 minutes, 34 seconds

Le foreste tropicali sono una riserva inestimabile di biodiversità in quanto ospitano più del 90% della diversità genetica animale e vegetale e, allo stesso tempo, rappresentano un alleato importante contro il cambiamento climatico. Le piante e gli alberi, come sappiamo, immagazzinano e trasformano l’anidride carbonica presente nell’atmosfera in ossigeno attraverso quel processo conosciuto come “fotosintesi clorofilliana”.

Negli ultimi anni abbiamo sentito parlare sempre più di deforestazione, con conseguente distruzione di importanti ecosistemi in varie parti del mondo. Questo ha comportato un acuirsi dell’effetto serra e del riscaldamento globale. Secondo una stima del World Resources Institute (WRI), gli ecosistemi distrutti nell’ultimo biennio hanno rilasciato nell’atmosfera più di 2,7 miliardi di tonnellate di CO2. Parliamo di un’emissione paragonabile a quella dell’India in un intero anno. Considerando che l’India è uno dei Paesi più popolosi del mondo e uno tra i più inquinanti nella classifica per emissione di gas serra, intuiamo subito quanto questo fenomeno abbia impattato la perdita di ettari di verde.

Ancora, nel 2022 i monitoraggi satellitari da parte del WRI sono stati allarmanti; abbiamo perso un’area di circa 4,1 milioni di ettari di foresta pluviale tropicale, il che significa aver perso un polmone verde a livello mondiale delle dimensioni della Svizzera o dei Paesi Bassi.

Importanti impegni per ridurre la deforestazione sono stati intrapresi già a partire dalla Conferenza delle Nazioni unite nel 2026 a Glasgow da parte di ben 141 Paesi, con l’intento di invertire la rotta entro il 2030. Tuttavia, nonostante i numerosi sforzi, la dirittura d’arrivo, ad oggi, sembra ancora parecchio lontana.

Il caso del Brasile e la Foresta Amazzonica

Il Brasile è la nazione con la foresta pluviale più grande del mondo; detiene circa il 60% della foresta amazzonica, vitale per contenere gli effetti del cambiamento climatico e conservare numerose specie animali e vegetali.

Da sempre uno degli Stati che sul tema della deforestazione fa più discutere, soprattutto alle Conferenze delle Parti, tra cui anche l’ultima conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici - COP 28 - dove i leader mondiali hanno discusso nuovamente l’urgenza di invertire la rotta sul problema della deforestazione entro il 2030, questa volta con interventi di rilievo a riguardo. Insieme agli altri Paesi interessati dalla superficie estesa della foresta Amazzonica, quali Colombia, Venezuela, Guyana, Guyana Francese, Suriname, Bolivia e Perù – il Brasile ha ben chiaro l’obiettivo e sembra crederci fortemente.

Già a novembre 2023, la Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale (BNDES) del Brasile aveva approvato lo stanziamento di 65 milioni di dollari dal Fondo Amazzonia per un progetto volto alla salvaguardia della foresta pluviale contro le attività illegali.

Durante la COP 28, la stessa banca ha stretto poi un accordo di cooperazione con la compagnia elettrica nazionale Eletrobras, siglando una partnership per l’investimento di circa 1,9 milioni di euro in progetti volti alla decarbonizzazione in Amazzonia, ponendo l’attenzione sulla volontà del Brasile di rimettersi seriamente in gioco, in vista della prossima COP 30 che si terrà nel 2030 a Belem, nello Stato brasiliano del Para, porta d'ingresso della foresta amazzonica.

“Il pianeta è stufo degli accordi sul clima infranti e di obiettivi trascurati, di discorsi eloquenti e vuoti. Abbiamo bisogno di atteggiamenti concreti.” – ha affermato il Presidente e leader brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva in uno dei suoi discorsi durante la COP28.

Lula dovrà monitorare i progressi che il Brasile sta ottenendo sul campo ambientale, compresa quindi anche la deforestazione dell’Amazzonia.

L’evento COP 28 era stato, peraltro, preceduto dalla notizia della volontà del governo brasiliano di istituire un Fondo per la Conservazione delle Foreste; uno sforzo, sembrerebbe, per innescare un meccanismo di risarcimento per i danni provocati nel Sud del mondo dai Paesi più ricchi e che più sono coinvolti in opere distruttive di disboscamento per scopi commerciali.

Ricordiamo, infatti, che tra le principali cause della deforestazione ci sono in primis le attività intensive di allevamento di bestiame, che nella maggior parte dei casi avvengono in maniera illegale nell’Amazzonia brasiliana. Inoltre, attività di sfruttamento del suolo per fini agricoli, come la produzione di legno, soia e olio di palma, sono tenute per lo più da aziende multinazionali che da sempre operano in maniera poco trasparente, incombendo sulle popolazioni locali e indigene brasiliane.

In conclusione 

Positivo, quindi, che il tema sia stato nuovamente discusso a livello internazionale. Tuttavia, il Brasile ha fatto promesse ambiziose sulla deforestazione, meno sul tema dell’utilizzo dei combustibili fossili, un’altra piaga del Paese. Ma l’impegno e la fiducia si dimostrano a poco a poco e per questo non possiamo dire che l’ultima conferenza mondiale sul clima non si sia chiusa, quanto meno, con qualche buon proposito a favore del pianeta.

La deforestazione è una piaga sociale e ambientale ancora da discutere e su cui lavorare. Bisogna farlo per il nostro pianeta, sì, ma anche per i risvolti sociali negativi a cui questa pratica porta. La speranza per il futuro è che il mondo possa accogliere con dignità tutti i suoi abitanti nel rispetto dei loro habitat e, quindi, anche di tutti quegli ettari di foreste che sono fonte vitale per la sopravvivenza di tutti gli abitanti, compresi i più privilegiati.

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Beatrice Basone

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Ambiente e Sviluppo

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