Siria, un Paese in guerra e senza soccorsi

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  Valentina Ruaro
  22 February 2023
  4 minutes, 53 seconds

Tra il 5 e il 6 febbraio la Turchia è stata vittima di due scosse di magnitudo 7.8 e 7.6 con epicentro nella provincia turca di Kagaramanmaras. Il terremoto ha devastato il sud della Turchia e coinvolto i territori del nord-ovest della Siria (solo in parte sotto il controllo del regime di Bashar al-Assad), le città della costa mediterranea e le aree centrali del Paese.

Il sisma ha riportato alla luce il problema dell’accesso degli aiuti umanitari internazionali, risalente alla guerra civile tra le forze ribelli ed il regime di Assad che segna il Paese dal 2011. Il terremoto ha principalmente coinvolto le regioni sotto il controllo delle forze ribelli del Paese che si oppongono al governo Assad. Le Nazioni Unite, per raggiungere le aree severamente terremotate, sono state obbligate a passare dalla Turchia, rallentando l’arrivo del convoglio di aiuti che ha raggiunto le aree devastate solo il 9 febbraio, 2 giorni dopo il sisma.

Per analizzare l’ingresso degli aiuti e soccorsi dall’estero ed il processo di distribuzione di essi nelle varie aree terremotate, è necessario tenere in considerazione le divisioni politico-militari scaturite in Siria successivamente allo scoppio della guerra civile nel 2011 che ha causato la frammentazione del territorio siriano creando le cosiddette varie “Sirie”. C’è il rischio che le pratiche di soccorso riflettano la stringente spartizione territoriale, dove, sia i territori governati dal regime di Damasco che quelli “liberati” del nord-ovest, sono caratterizzati da malgoverno e corruzione, ponendo il rischio di una iniqua distribuzione degli aiuti disponibili. Come ha già insegnato l’esperienza della prolungata crisi umanitaria siriana, l’equa distribuzione degli aiuti potrebbe essere intaccata dalle pressioni esercitate dall’oligarchia al potere o dai signori delle guerre locali, che potrebbero arbitrariamente decidere dove allocare le risorse disponibili.

L’area più problematica è la provincia del nord-ovest Idlib dominata dall’organizzazione islamista Hayat Tahrir al Sham (HTS), avversaria sia di Damasco che dei ribelli filo-turchi. Fondamentale per l’accesso degli aiuti in questa provincia è il valico di Bab al Hawa difficilmente accessibile sia a causa del sisma, che dal persistente conflitto nei punti che collegano Idlib alle zone controllate dal regime. In questo scenario, gli aiuti che entrano nel nord-ovest sembrano destinati a rimanere in questo territorio; allo stesso modo, quelli destinati alle zone governative rischiano di non poter oltrepassate le linee di divisione interne alla Siria.

Gli attori principalmente coinvolti nella distribuzione degli aiuti sono i Caschi bianchi e la Mezzaluna rossa siriana. I Caschi bianchi svolgono un ruolo di protezione civile sostenuto da Stati Uniti e Regno Unito. Nonostante il regime di Assad abbia approvato gli aiuti diretti all’area nord occidentale del Paese, le organizzazioni non governative e quelle internazionali esitano nel fornire sostegno al regime centrale a causa della persistente corruzione del governo. La militarizzazione degli aiuti è una pratica ricorrente del regime Assad già utilizzata durante la pandemia da Covid-19 con la distribuzione dei vaccini ai sostenitori del regime.

La Mezzaluna rossa siriana rappresenta l’interfaccia tra il governo centrale di Damasco e le organizzazioni non governative straniere come quelle italiane, svizzere e rumene, già operative sul territorio di Damasco per fornire aiuti. I vertici della Mezzaluna rossa siriana sono di nomina governativa e si occupa della distribuzione degli aiuti nelle aree governative di Hama, Aleppo, Latakia, Tartus e alcuni distretti di Idlib. In ogni città la Mezzaluna rossa ha un suo ufficio di distribuzione.

Per quanto riguarda l’UE, il governo siriano ha richiesto l’attivazione del meccanismo di protezione civile europeo, permettendo ai Paesi membri di offrire soccorsi. Il regime ha richiesto che tutti gli aiuti diretti al Paese, compresi quelli destinati al di fuori della sua area di controllo, arrivino nella capitale Damasco o all’aeroporto di Aleppo, per evitare che finiscano nelle mani dei ribelli islamisti. Questo riduce la capacità di intervento dell’UE nelle aree fuori dal controllo di Damasco.

È inoltre fondamentale ricordare che la Siria è sottoposta al regime di sanzioni dei Paesi Occidentali. Finora essa ha ricevuto aiuti arrivati all’aeroporto di Damasco da diversi Paesi, tra cui Russia e Iran - i principali sostenitori di Assad – Egitto, Algeria e Stati Arabi del Golfo con l’esclusione di Arabia Saudita. Alcuni aerei cargo di questi Paesi sono atterrati anche agli aeroporti di Aleppo e Latakia (zone colpite dal terremoto).

Un ulteriore tema corrente è la richiesta di Damasco di sospendere temporaneamente le sanzioni per affrontare la crisi umanitaria. Il Dipartimento del Tesoro americano ha sospeso alcune sanzioni economiche fino alla fine di luglio, specificatamente quelle che riguardano le transazioni economiche indirizzate ad affrontare l’emergenza post-terremoto. L’UE, ha invece adottato la “linea politica dei tre no: no all’eliminazione delle sanzioni, no alla ricostruzione, no al riconoscimento politico fino a quando sarà avvita la transazioni politica a Damasco”. Infatti, come hanno dimostrato a Limesonline degli esperti UE in materia, le sanzioni “consentono praticamente tutto ciò che è necessario per i soccorsi, incluse le medicine. Sono vietati i componenti chimici rozzi ma non medicinali finiti”.

Per quanto concerne le potenze con un peso maggiore nell’area, Mosca ha rinnovato il meccanismo ONU che permette di inviare aiuti umanitari al nord-ovest della Turchia attraverso il valico di Bab al-Hawa. La Cina ha espresso la preferenza di chiudere il valico di Bab al-Hawa e di indirizzare gli aiuti a Damasco per iniziare il processo di ricostruzione delle infrastrutture siriane con risorse offerte da Pechino. Gli Stati Uniti hanno comunicato di non voler fare arrivare gli aiuti direttamente a Damasco e che concentreranno le proprie risorse nei canali diretti al nord-ovest.

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L'Autore

Valentina Ruaro

Sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna e attualmente sto frequentando il corso di laurea magistrale in Studi sulla Sicurezza, l'Intelligence e la gli studi strategici, con un percorso accademico che include prestigiose istituzioni come l'Università di Glasgow, l'Università di Trento e l'Università Karlova di Praga.

Nel campo accademico, collaboro come autrice per Mondo Internazionale, affrontando temi fondamentali sul ruolo delle organizzazioni internazionali, con particolare attenzione all’Unione Europea e alla NATO. Inoltre, per coinvolgere un pubblico più ampio, produco anche contenuti su Instagram per MI Post. Attualmente, sto svolgendo un tirocinio presso il NATO Defense College a Roma, dove approfondisco le mie competenze nell'ambito dell'educazione, della sicurezza e della difesa.

Ho maturato esperienza nel settore della ricerca lavorando per l'European Army Interoperability Centre di Bruxelles, concentrandomi sull'interoperabilità degli stati membri e sul ruolo esterno dell’UE.

I miei interessi ruotano attorno alla geopolitica, alla CSDP dell'UE, alla difesa NATO, con un focus geografico sulla regione Euro-Atlantica e il Medio Oriente, in particolare la Siria.

Motivata dall'empatia e da una determinazione incessante per il cambiamento, sono pronta a continuare a plasmare conversazioni e azioni nel campo della sicurezza internazionale e della difesa.

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I hold a Bachelor's degree in International Relations and Diplomatic Affairs from the University of Bologna, and I am currently pursuing a Master's degree in Security, Intelligence, and Strategic Studies. My academic journey includes esteemed institutions such as the University of Glasgow, the University of Trento, and Charles University in Prague.

Within the academic realm, I collaborate as an author for Mondo Internazionale, addressing pivotal topics concerning the roles of international organisations, particularly focusing on the European Union and NATO. Additionally, I engage a broader audience by creating content on Instagram for MI Post. I am currently interning at the NATO Defense College in Rome, further honing my skills in the education, security, and defence sectors.

I have gained research experience while working at the European Army Interoperability Centre in Brussels, where I focused on member states' interoperability and the EU's external role.

My interests revolve around geopolitics, EU Common Security and Defence Policy (CSDP), and NATO defence, with a geographical focus on the Euro-Atlantic region and the Middle East, specifically Syria.

Driven by empathy and an unwavering determination for positive change, I am prepared to continue shaping discussions and actions in the field of international security and defence.

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