Siria, un Paese in guerra e senza soccorsi

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  Valentina Ruaro
  22 febbraio 2023
  5 minuti, 15 secondi

Tra il 5 e il 6 febbraio la Turchia è stata vittima di due scosse di magnitudo 7.8 e 7.6 con epicentro nella provincia turca di Kagaramanmaras. Il terremoto ha devastato il sud della Turchia e coinvolto i territori del nord-ovest della Siria (adesso solo in parte sotto il controllo del regime di Bashar al-Assad), le città della costa mediterranea e le aree centrali del Paese.

Il sisma ha riportato alla luce il problema dell’accesso degli aiuti umanitari internazionali in quel territorio, che persiste sin dalla guerra civile scatenatasi tra le forze ribelli ed il regime di Assad nel 2011 e che ancora perversa nel Paese. Il terremoto ha principalmente coinvolto le regioni sotto il controllo delle forze ribelli che si oppongono al governo Assad. Per raggiungere le aree più seriamente colpite, le Nazioni Unite sono state obbligate ad attraversare la Turchia, rallentando l’arrivo del convoglio di aiuti che ha raggiunto le aree devastate solo il 9 febbraio, ossia 2 giorni dopo il sisma.

Per comprendere come avvengono sia l'invio di aiuti e soccorsi inviati dall’estero che il loro processo di distribuzione nelle varie aree terremotate, è necessario tenere in considerazione le divisioni politico-militari scaturitesi in Siria successivamente allo scoppio della guerra civile nel 2011, che ha causato la frammentazione del territorio siriano creando le cosiddette “Sirie”. Esiste il rischio che le manovre di soccorso diventino il riflesso della stringente e pericolosa spartizione territoriale: infatti, sia i territori governati dal regime di Damasco che quelli “liberati” del nord-ovest sono caratterizzati da malgoverno e corruzione, ponendo così il rischio di una iniqua distribuzione degli aiuti disponibili. Come ha già insegnato la prolungata crisi umanitaria siriana, l’equa distribuzione degli aiuti potrebbe essere compromessa dalle pressioni esercitate dall’oligarchia al potere o dai signori delle guerre locali, i quali potrebbero arbitrariamente decidere dove allocare tali risorse.

L’area più problematica è la provincia del nord-ovest, Idlib, dominata dall’organizzazione islamista Hayat Tahrir al Sham (HTS), che è un' avversaria sia di Damasco che dei ribelli filo-turchi. Fondamentale per l’accesso degli aiuti in questa provincia è il valico di Bab al Hawa, in realtà difficilmente accessibile sia a causa del sisma che del persistente conflitto nei punti che collegano Idlib alle zone controllate dal regime. In questo scenario, gli aiuti che entrano nel nord-ovest sembrano destinati a rimanere in questo territorio; allo stesso modo, quelli destinati alle zone governative rischiano di non poter oltrepassate le linee di divisione interne alla Siria.

Bisogna aggiungere che gli attori principalmente impegnati nella distribuzione degli aiuti sono i Caschi bianchi e la Mezzaluna rossa siriana: i Caschi bianchi hanno un ruolo di protezione civile sostenuto da Stati Uniti e Regno Unito. Ma nonostante il regime di Assad abbia approvato gli aiuti diretti all’area nord occidentale del Paese, le organizzazioni non governative e quelle internazionali esitano nel fornire sostegno al regime centrale a causa della persistente corruzione del governo. La militarizzazione degli aiuti è una pratica ricorrente del regime Assad, già utilizzata in occasione della pandemia da Covid-19 durante la distribuzione dei vaccini ai sostenitori del regime. Invece, la Mezzaluna rossa siriana rappresenta l’interfaccia tra il governo centrale di Damasco e le organizzazioni non governative straniere come quelle italiane, svizzere e rumene già operative sul territorio di Damasco. I vertici della Mezzaluna rossa siriana sono di nomina governativa e si occupano della distribuzione degli aiuti nelle aree governative di Hama, Aleppo, Latakia, Tartus e alcuni distretti di Idlib: la Mezzaluna rossa ha un suo ufficio di distribuzione in ogni città.

Per quanto riguarda l’UE, il governo siriano ha chiesto l’attivazione del meccanismo di protezione civile europeo, che permette ai Paesi dell'Unione di offrire soccorsi in caso di calamità naturali. Nello specifico, il regime ha richiesto che tutti gli aiuti rivolti al Paese, compresi quelli destinati al di fuori della sua area di controllo, arrivino nella capitale Damasco o all’aeroporto di Aleppo per evitare che finiscano nelle mani dei ribelli islamisti. Ciò riduce la capacità dell'Unione Europea di intervenire nelle aree fuori dal controllo di Damasco.

È inoltre fondamentale ricordare che la Siria è tra l'altro sottoposta al regime di sanzioni avviato dai paesi occidentali. Tuttavia, finora gli aiuti giunti all’aeroporto di Damasco arrivano da diversi Paesi, tra cui Russia e Iran - i principali sostenitori di Assad –, Egitto, Algeria e Stati Arabi del Golfo con l’esclusione dell'Arabia Saudita. Alcuni degli aerei cargo di questi Paesi sono atterrati anche negli aeroporti di Aleppo e Latakia (zone colpite dal terremoto). Quindi proprio al riguardo, è recente la richiesta di Damasco di vedersi sospendere temporaneamente le sanzioni per poter affrontare la crisi umanitaria. Di conseguenza, il Dipartimento del Tesoro americano ha sospeso alcune sanzioni economiche fino alla fine di luglio, specificatamente quelle che riguardano le transazioni economiche aventi lo scopo di affrontare l’emergenza post-terremoto. L’UE ha invece adottato la “linea politica dei tre no: no all’eliminazione delle sanzioni, no alla ricostruzione, no al riconoscimento politico fino a quando sarà avviata la transazione politica a Damasco”. Infatti, come hanno dimostrato alcuni esperti UE in materia alla rivista Limes, le sanzioni “consentono di ottenere praticamente tutto ciò che è necessario per i soccorsi, incluse le medicine. Sono vietati i componenti chimici puri ma non i medicinali destinati al consumo”.

Per quanto concerne le potenze aventi un peso maggiore nell’area, se Mosca ha rinnovato il meccanismo ONU che permette di inviare aiuti umanitari nel nord-ovest della Turchia attraverso il valico di Bab al-Hawa, la Cina ha invece espresso la preferenza di chiudere quel valico e di indirizzare gli aiuti per Damasco verso il processo di ricostruzione delle infrastrutture siriane, garantendo nuove risorse offerte da Pechino. Infine, gli Stati Uniti hanno dichiarato di non voler fare arrivare aiuti direttamente a Damasco e che concentreranno l'invio delle proprie risorse nei canali diretti nel nord-ovest.

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Fonti consultate per il presente articolo:

'Terremoto: perché gli aiuti non arrivano in Siria', 9 febbario 2023, Agenzia Nova. URL: https://www.agenzianova.com/news/terremoto-perche-aiuti-non-arrivano-in-siria/

Sewell, A., Chehayeb, K., 'Aid to quake-hit Syria slowed by sanctions, war’s divisions', 8 febbraio 2023, AP News. URL: https://apnews.com/article/politics-syria-government-united-states-bashar-assad-e1bd001643fd8386e8ccb1fcd2a922f3

'Il terremoto approfondisce le voragini politico-militari in Siria', 10 febbraio 2023, Limes. URL: https://www.limesonline.com/terremoto-siria-assad-damasco-medio-oriente/131112

Immagine: https://www.pexels.com/it-it/c...

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L'Autore

Valentina Ruaro

Sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna e attualmente sto frequentando il corso di laurea magistrale in Studi sulla Sicurezza, l'Intelligence e la gli studi strategici, con un percorso accademico che include prestigiose istituzioni come l'Università di Glasgow, l'Università di Trento e l'Università Karlova di Praga.

Nel campo accademico, collaboro come autrice per Mondo Internazionale, affrontando temi fondamentali sul ruolo delle organizzazioni internazionali, con particolare attenzione all’Unione Europea e alla NATO. Inoltre, per coinvolgere un pubblico più ampio, produco anche contenuti su Instagram per MI Post. Attualmente, sto svolgendo un tirocinio presso il NATO Defense College a Roma, dove approfondisco le mie competenze nell'ambito dell'educazione, della sicurezza e della difesa.

Ho maturato esperienza nel settore della ricerca lavorando per l'European Army Interoperability Centre di Bruxelles, concentrandomi sull'interoperabilità degli stati membri e sul ruolo esterno dell’UE.

I miei interessi ruotano attorno alla geopolitica, alla CSDP dell'UE, alla difesa NATO, con un focus geografico sulla regione Euro-Atlantica e il Medio Oriente, in particolare la Siria.

Motivata dall'empatia e da una determinazione incessante per il cambiamento, sono pronta a continuare a plasmare conversazioni e azioni nel campo della sicurezza internazionale e della difesa.

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I hold a Bachelor's degree in International Relations and Diplomatic Affairs from the University of Bologna, and I am currently pursuing a Master's degree in Security, Intelligence, and Strategic Studies. My academic journey includes esteemed institutions such as the University of Glasgow, the University of Trento, and Charles University in Prague.

Within the academic realm, I collaborate as an author for Mondo Internazionale, addressing pivotal topics concerning the roles of international organisations, particularly focusing on the European Union and NATO. Additionally, I engage a broader audience by creating content on Instagram for MI Post. I am currently interning at the NATO Defense College in Rome, further honing my skills in the education, security, and defence sectors.

I have gained research experience while working at the European Army Interoperability Centre in Brussels, where I focused on member states' interoperability and the EU's external role.

My interests revolve around geopolitics, EU Common Security and Defence Policy (CSDP), and NATO defence, with a geographical focus on the Euro-Atlantic region and the Middle East, specifically Syria.

Driven by empathy and an unwavering determination for positive change, I am prepared to continue shaping discussions and actions in the field of international security and defence.

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