75 anni di Nato tra insidie e un nuovo ruolo strategico da definire

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  Tiziano Sini
  10 aprile 2024
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Il 4 e il 5 aprile scorso si sono tenute le celebrazioni per il 75° anniversario della Nato.

La North Altantic Treaty Organization costituitasi, ormai nel lontano 1949, dal ben noto Trattato del Nord Atlantico o, più semplicemente, Trattato di Washington, durante il periodo della Guerra Fredda, costituisce ancora oggi la principale organizzazione militare nel mondo, continuando a recitare un ruolo centrale anche nel momento attuale.

La storia della Nato, come è stato ricordato durante le celebrazioni, non è stata né semplice né lineare, subendo battute di arresto non facili da gestire, come l’uscita da parte della Francia, sotto la Presidenza De Gaulle, che portò anche allo spostamento della Rappresentanza Permanente a Bruxelles, dove è attualmente, a fasi di valorizzazione e centralità strategica, come quella attuale[1].

Se c’è, infatti, un tema che durante queste giornate di celebrazione è rimasto al centro è proprio quello del conflitto ucraino.

Un punto che si porta dietro numerose riflessioni sia di carattere strategico, visto gli sviluppi che la guerra sta prendendo dopo due anni dall’inizio dell’invasione da parte della Russia; sia, soprattutto, strettamente organizzativo, con una nuova leadership da nominare da cui dipenderanno molto le scelte da adottare in futuro, in un periodo che ha visto un forte rilancio nel processo di adesione, come testimoniato dall’ingresso di Finlandia e Svezia.

Per quanto riguarda, infatti, il discorso relativo alla decisione sul nuovo Segretario, la candidatura del Primo Ministro olandese Rutte appare sempre più robusta, come dichiarato anche dal Vicepresidente italiano Antonio Tajani[2], ma per certi aspetti ancora in bilico, come dimostrato dalle uscite di Orban, in favore dell’altro candidato, il rumeno Klaus Iohannis.

La questione anche in questo caso sembra ricalcare le dinamiche degli ultimi mesi a livello europeo, con il Premier ungherese che, prendendo posizione e minacciando di utilizzare il diritto di veto contro l’omologo olandese, a causa delle forti accuse e degli aspri scontri mosse da quest’ultimo proprio sul principio di diritto in Ungheria, coglie l’occasione per colpire parte dell’establishment europeo, al fianco del candidato olandese[3].

Ma i temi sul tavolo non si riducono solamente a questo, d’altro canto molto dipenderà anche da come andranno le elezioni negli Stati Uniti, con il candidato repubblicano Trump, che più volte durante i comizi non si è trattenuto dal manifestare, anche con uscite colorite, frustrazione nei confronti dei partner europei, rei di non volersi impegnarsi dal punto di vista economico, ma allo stesso tempo di volere però usufruirne della protezione della NATO, soprattutto in una situazione come quella attuale.

Il problema riguarda, infatti, la famosa quota del 2% del Pil che gli Stati dovrebbero raggiungere per le spese militari, ma che risulta ancora appannaggio per alcuni.[4]

Un tema che inesorabilmente si intreccia a quello dell’impasse da parte della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sugli aiuti all’Ucraina e di una crescente trazione strategica proprio da parte dei Paesi europei, i quali con molta probabilità avranno il compito di colmare il vuoto lasciato dalla minor presenza, almeno dal punto di vista economico, americana. Una tendenza che sembra dimostrata dalla proposta delineata dal Segretario Stoltenberg, di coordinare le forniture di armi a Kiev, attraverso il lancio di un programma di assistenza pluriennale da 100 miliardi di dollari in 5 anni[5].

Tutti indizi che rilevano come le celebrazioni della Nato siano cadute in un momento dei più delicati e attivi per l’organizzazione.

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Tiziano Sini

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