Bielorussia: quale destino?

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  Michele Bodei
  11 marzo 2021
  2 minuti, 26 secondi

Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa, è in esilio in Lituania dopo che l’esito della controversa elezione dello scorso agosto ha confermato il mandato del presidente Lukashenko, con l’80% dei voti. Oggi la candidata sconfitta cerca l’attenzione della comunità internazionale e chiede un’azione da parte dell’Unione Europea dopo che il governo, il 5 marzo, ha chiesto la sua estradizione.

La Bielorussia ha ottenuto l’indipendenza nel 1991, a seguito del crollo dell’Unione Sovietica. Da allora è una repubblica presidenziale, costituita da un presidente e da un parlamento periodicamente eletti. Lukashenko è presidente dal 1994 ed è sempre stato riconfermato alle successive elezioni con percentuali altissime. Gli esiti sono stati spesso contestati da osservatori internazionali, come l’OSCE – l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Si può considerare la Bielorussia come un regime autoritario, dove ci sono dubbi sul reale riconoscimento dei fondamentali diritti civili e politici, tant’è che si tratta dell’ultimo Paese europeo in cui è ancora in vigore la pena di morte. Prima delle elezioni del 9 agosto, sono stati arrestati diversi oppositori politici, tra cui il blogger Sjarhej Cichanoŭskij, marito di Svetlana Tikhanovskaya. Quest’ultimo evento, insieme alle accuse di brogli elettorali, hanno causato proteste in tutto il paese.

La Bielorussia segue una politica estera di basso profilo, in cui svolge un ruolo fondamentale l’Unione Russia-Bielorussia: un’organizzazione internazionale nata nel 1996 con lo scopo di armonizzare i due paesi a livello politico, economico e sociale.

Ma come sono i rapporti con l’Unione Europea? Nel 2004 l’Unione ha applicato un embargo sulle armi e il divieto di esportare beni utilizzabili a fini di repressione interna, a seguito della sparizione di quattro oppositori politici. Sono state adottate ulteriori misure mirate: il congelamento dei beni e il divieto di viaggio di quattro persone ritenute responsabili della sparizione. Il 15 febbraio 2016, il Consiglio aveva deciso di allentare le sanzioni, visti alcuni miglioramenti in merito al rispetto dei diritti umani, mantenendo comunque l’embargo. Tuttavia, l’Unione Europea ritiene che le ultime elezioni non siano state né libere né regolari e condanna gli atti intimidatori del governo nei confronti dell’opposizione e la violenza nella repressione delle proteste. A ottobre le sanzioni mirate sono state estese a 7 entità e 88 persone, tra cui lo stesso Lukashenko.

Il protrarsi delle proteste – e forse anche l’estensione delle sanzioni europee – ha convinto il presidente bielorusso a preparare una riforma costituzionale da sottoporre a referendum nel 2022. L’idea di Lukashenko è di dimettersi quando la nuova costituzione entrerà in vigore, ma non è ancora possibile affermare che ciò porterà alla fine dell'accentramento dei poteri nelle mani della figura presidenziale. Allo stesso modo, non è possibile stabilire se sia imminente l’apertura verso l’Europa, che di certo non sarebbe gradita all’alleato russo.

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Michele Bodei

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