La parola Bouganville solitamente rimanda a vividi fiori rosa il cui nome è stato donato da Louis-Antoine Conte di Bougainville, un ammiraglio ed esploratore francese. Ma Bougainville ha donato il suo nome anche a una piccola isola dell’arcipelago delle Isole Salomone, parte della Papua-Nuova Guinea dal 1975.
Rilevante in quest’isola è il suo ricco terreno che dagli anni ‘70 è occupato da una delle più grandi miniere di rame e oro del mondo, la miniera di Panguna, gestita dalla compagnia “Bougainville Copper Limited” (BCL). La miniera però sarà chiusa al seguito di una ribellione della popolazione locale a causa dei danni ecologici e sociali provocati, e di dispute riguardo alla distribuzione dei proficui guadagni prodotti dalla miniera.
Infatti, dal 1975 alla sua chiusura, la miniera di Panguna era la principale fonte di ricchezza della Papua Nuova Guinea, escludendo gli aiuti internazionali. Da alcuni anni si sta discutendo la riapertura della miniera, in quanto porterebbe denaro nella casse della neonata Regione Autonoma di Bougainville; nonostante ciò, vi è una forte resistenza da alcuni gruppi, specificamente i Me’ekamui, che si ritengono i legittimi rappresentanti dei proprietari terrieri intorno alla miniera di Panguna e temono gli effetti di una sua rimessa in funzione.
Il conflitto
Il conflitto di Bouganville inizia come una ribellione contro la miniera e la compagnia che la gestisce, ma in pochi mesi il conflitto muta in una vera e propria guerra indipendentista per l’Isola. Il capo della ribellione è Francis Ona, un impiegato della miniera insoddisfatto dalla fetta di guadagni riservata alla popolazione Bouganvillea e dalla “apartheid economica” della BCL, che fornisce migliori condizioni lavorative, stipendi, alloggi e promozioni ai lavoratori stranieri rispetto a quelli isolani. Per questa ragione, la maggior parte degli abitanti percepisce la miniera come uno sfruttamento inegualitario delle risorse della loro terra.
Nel 1988 la miniera è sabotata dai ribelli, ma la violenza vera e propria arriva dopo la dura risposta dell’esercito della Papua Nuova Guinea, assumendo caratteri etno-nazionalisti contro i papuani. Nel febbraio 1989 nasce la Bougainville Revolutionary Army, che porta avanti un senso identitario diverso da quello papuano: i Bougainville si sentono più simili agli abitanti delle Isole Salomone, con cui condividono il tono più scuro della pelle, in contrasto ai “redskins” del paese di appartenenza, oltre a sottolineare la differenza della loro tradizione e cultura.
Nel 1990, Ona dichiara unilateralmente l’indipendenza di Bouganville. La Papua Nuova Guinea e il Bougainville Interim Government lotteranno fino al 1997, con la tregua di Burnham e l’anno dopo con l’accordo di Lincoln a porre fine alla violenza. Le negoziazioni di pace continueranno fino alla firma del Bougainville Peace Agreement nel tardo agosto 2001 rendendo Bougainville una regione autonoma.
Indipendenza e risorse
Durante le negoziazioni, si dà per assunto fra le leadership dei rispettivi partiti che la miniera non riapra nel futuro prossimo, posizione conveniente in quanto la miniera è un punto particolarmente sensibile per la popolazione di Bougainville e una discussione riguardo questa avrebbe portato a numerose complicazioni e rallentamenti per l’ottenimento dell’accordo. Ciò nonostante, il controllo delle risorse naturali dell’isola, priorità per gli isolani, è una parte importante dell’accordo raggiunto. Il Bougainville Peace Agreement (BPA) è generalmente considerato di successo in quanto non ci sono state ricadute di violenza sistematica dalla sua firma ma, malgrado ciò, il problema della miniera Panguna sta ritornando in superficie a più di 30 anni dopo la sua drammatica chiusura.
La regione ha votato per l’indipendenza in un referendum del 2019, come previsto dall’BPA, con il 98% della popolazione a favore della piena sovranità Bouganvillea. Ma il referendum non è vincolante e l’ultima parola riguardo allo status della regione è del governo della Papua Nuova Guinea. Per rendere l’indipendenza sostenibile, considerando la relativa assenza di industria e di altre miniere, la miniera di Panguna è necessaria – donerebbe infatti la possibilità a Bougainville di essere finanziariamente autonoma.
Nel febbraio 2022, il governo di Bougainville, dopo ardue negoziazioni, ha ottenuto un accordo con i proprietari terrieri per iniziare la procedura di riapertura della miniera. L’opposizione alla riapertura da parte dei locali deriva dall’inquinamento portato dagli scarti della miniera e i ricordi traumatici del sanguinoso conflitto. Il governo è riuscito a persuaderli evidenziando la necessità economica della miniera e proponendo un dialogo costante con i clan proprietari, promuovendo una distribuzione egalitaria dei profitti e un forte sistema normativo per prevenire gli abusi ed eccessivi danni ecologici, anche grazie a nuove tecnologie.
Il futuro di Bougainville sembra dunque aprirsi all’indipendenza, non solo da un punto di vista legale, ma anche economico, grazie alla miniera di Panguna. Malgrado ciò, vi sono ancora molti interrogativi riguardo agli effetti di tale riapertura in un territorio che ricorda vividamente il drammatico conflitto, il più grande in Oceania dalla fine della Seconda guerra mondiale.
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Fonti consultate per il presente articolo:
Foto: https://unsplash.com/photos/CE0qefUfAe8
https://www.unep.org/resources/report/natural-resources-and-conflict-guide-mediation-practitioners
https://www.jstor.org/stable/25169410
https://www.treccani.it/enciclopedia/bougainville/
https://www.theguardian.com/world/2019/nov/20/birth-of-a-nation-bougainvilles-referendum-explained
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L'Autore
Gaia De Salvo
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risorse naturali guerra conflitti Oceania Diritti umani Indipendenza papua nuova guinea bougainville