“Camminare rasente al muro” è l’ultima opera del poeta e scrittore Fabrizio Sani, pubblicata da Edizioni Malamente nel 2023. Il giovane autore, dopo anni di esperienza nell’editoria e nella produzione artistica e letteraria, si è cimentato nella creazione di un saggio geopolitico con l’obiettivo di portare agli occhi dell’opinione pubblica un Paese “dimenticato”: l’Iraq. Sani, attraverso un libro agevole ma allo stesso tempo ricco di dettagli e possibilità di approfondimenti, affronta un argomento scomodo come lo stato attuale della libertà d’espressione in Iraq a vent’anni dall’invasione americana. Per fare ciò, Sani si fa strumento di tutte quelle voci di attivisti, intellettuali, giornalisti ed esperti iracheni per cercare di rappresentare quanto più fedelmente la situazione sul luogo. Insieme ad una folta biografia specialistica di report di analisti internazionali, l’autore fa ricorso a numerose interviste che permettono di dare un volto e dignità agli intellettuali uccisi in Iraq dal regime o dalla pluralità di regimi, come emergerà nel saggio. Per arrivare a queste considerazioni, il libro comincia con una necessaria rassegna storica che illustra sinteticamente come è nato l’Iraq e le sue evoluzioni politiche nel corso degli anni, a partire dalla monarchia sotto controllo britannico di Faysal I, le mire geopolitiche e petrolifere dei suoi vicini territoriali, i colpi di stato militari fino all’avvento della leadership autoritaria di Saddam Hussein, con il supporto ideologico del partito ba’athista. Sotto il regime di Saddam, in Iraq vige un vero e proprio stato di polizia riassumibile nella frase titolo del saggio “Camminare rasente al muro”, la quale illustra bene come doveva essere lo stato della libertà di pensiero e di opinione nel Paese. Condizione, tuttavia, peggiorata a seguito delle guerre del golfo: da una parte, a seguito dell’invasione del Kuwait, l’Iraq si trova piegato dalle sanzioni economiche della comunità internazionale, fatto che ha avuto un impatto profondo sulla (non) ricostruzione del Paese e sulla sua produzione culturale; dall’altra, l’invasione e la seguente occupazione statunitense dopo la seconda guerra del Golfo hanno determinato un impoverimento sotto tutti i punti di vista del Paese mediorientale. La caduta di Saddam Hussein – esemplificata dalla celebre rimozione della sua statua in mondovisione – è stato il simbolo della fine di un’epoca e l’inizio di una nuova, molto più complessa e instabile dal punto di vista securitario e politico. Infatti, nonostante la nuova costituzione democratica sancisca nero su bianco la libertà di espressione, nei fatti tale diritto fondamentale è leso dalla molteplicità di centri di potere esistenti nell’Iraq post 2003. L’autore, in maniera critica e assai lucida, evidenzia le colpe della “coalizione dei volenterosi”, macchiatasi di molte mancanze circa la pessima gestione dell’occupazione e la mancanza di un progetto di medio-lungo periodo per una ricostruzione del Paese e della nazione. La strumentalizzazione dei media, inoltre, utilizzati per veicolare messaggi propagandistici e favorire un’americanizzazione dell’Iraq, non ha fatto altro che alimentare l’astio anti-americano dell’opinione pubblica, disillusa e sfiduciata nei confronti dei governi intercorsi negli scorsi anni.
La classe dirigente al potere risulta un burattino nelle mani di potenze regionali – in primis l’Iran – e delle milizie confessionali che detengono de facto il monopolio della forza e tracciano delle invisibili linee rosse che il cittadino iracheno può oltrepassare a rischio della propria vita e quella dei suoi cari. Questo è il caso di tre intellettuali-attivisti iracheni a cui Sani ha dedicato il terzo capitolo del saggio: Hadi al Mahd, speaker radiofonico, Alaa Mashzoub, poeta e Hisham al Hashimi, analista esperto di terrorismo islamico e milizie. Cos’hanno in comune? Sono stati tutti e tre uccisi perché criticavano il sistema, perché speravano in un Iraq che desse giustizia e dignità equamente, privo di corruzione, clientelismo, strapotere delle potenze straniere e delle milizie. Milizie che si sono macchiate dell’omicidio di centinaia di intellettuali che oltrepassavano la “linea rossa”, forti del fatto che i loro delitti rimangono perlopiù impuniti. Come descritto in maniera esemplare dall’autore, le milizie non sono un elemento anti-sistema, ma sono un attore ibrido che è colluso e in competizione con altri centri di potere. Il governo, perlopiù, è succube della forza delle milizie e non riesce ad arginarle: sono invece i leader religiosi e tribali che godono di maggiore autorità ed influenza e possono limitarne gli effetti violenti, sempre però nell’ambito dei propri interessi.
I media, come analizzato in un capitolo ad hoc, sono finanziati dai politici e dalle milizie, per cui non permettono la diffusione di un’informazione chiara e libera. Gli unici media indipendenti hanno sede fuori dall’Iraq, in quanto in Iraq gli intellettuali e i giornalisti sono nel mirino di questa moltitudine di centri di potere. In conclusione, dunque, possiamo affermare che il saggio “Camminare rasente al muro” sia una lettura necessaria per comprendere lo stato della libertà d’espressione in Iraq e non solo, infatti ha il grande pregio di portare all’attenzione un Paese le cui dinamiche non vengono narrate nei media mainstream, specialmente occidentali – caso emblematico la copertura “non attenta” circa la rivoluzione d’ottobre verificatasi nel 2019. Un moto di protesta diffuso in tutte le grandi città irachene, originatosi spontaneamente dal basso, formato da giovani sognatori che lottano per superare le divisioni settarie e religiose, per costruire un nuovo Iraq. Fabrizio Sani con questo saggio ci invita a non voltarci dall’altra parte, a non rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza, al dolore ed alle ingiustizie, ma di agire e attivarsi. Cosa possiamo fare come semplici cittadini? Conoscere, informarci e liberarci dai nostri stereotipi orientalisti. L’Iraq non è solo terra di conflitti e terroristi, ma è stata la culla della civiltà umana, nata in Mesopotamia, la terra tra i due fiumi: solo dando linfa a questa civiltà attraverso la cultura è possibile ridare dignità all’umano e a un popolo martoriato da decenni. Raccontare le storie di chi lotta per le proprie opinioni è un primo passo.
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L'Autore
Sara Oldani
Sara Oldani, classe 1998, ha conseguito la laurea triennale in Scienze politiche e relazioni internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano, con una tesi dal titolo “La protezione internazionale delle minoranze: il caso dei curdi del Rojava”.
I suoi interessi principali sono la geopolitica e la politica internazionale, in particolare dell’area MENA dove ha potuto svolgere uno stage in Israele e Palestina durante il periodo di studi. La passione per questa zona geografica l’ha spinta a cimentarsi nello studio della lingua araba e della cultura stessa.
Dopo la laurea ha svolto un tirocinio per una ONG a tutela dei diritti umani e si è trasferita a Roma per intraprendere la laurea magistrale in Criminalità e sicurezza internazionale.
Attualmente ricopre il ruolo di Caporedattore per il tema Framing the World e da marzo 2021 è autrice per la sezione Medio oriente e Nord Africa.
Sara Oldani, born in 1998, got a Bachelor's Degree in Political sciences and international relations at the Catholic University of the Sacred Heart, Milan, with a thesis entitled "The international protection of minorities: the case of the Kurds of Rojava".
Her main interests are geopolitics and international politics, in particular the MENA area where she was able to carry out a stage in Israel and Palestine during the period of study. The passion for this area led her to learn Arabic language and culture.
After graduating, she attended an interniship for a NGO which promotes human rights and moved to Rome to undertake a Master's Degree in Crime and international security.
She currently holds the role of Editor-in-Chief for the Framing the World project and since March 2021 she has been author for the Middle East and North Africa section.
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Recensione Iraq Fabrizio Sani libertà di pensiero