“Camminare rasente al muro”: l’ultima opera del poeta e scrittore Fabrizio Sani

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  Sara Oldani
  07 settembre 2023
  4 minuti, 58 secondi

“Camminare rasente al muro” è l’ultima opera del poeta e scrittore Fabrizio Sani, pubblicata da Edizioni Malamente nel 2023. Il giovane autore, dopo anni di esperienza nell’editoria e nella produzione artistica e letteraria, si è cimentato nella creazione di un saggio geopolitico con l’obiettivo di portare agli occhi dell’opinione pubblica un Paese “dimenticato”: l’Iraq. Sani, attraverso un libro agevole ma allo stesso tempo ricco di dettagli e possibilità di approfondimenti, affronta un argomento scomodo come lo stato attuale della libertà d’espressione in Iraq a vent’anni dall’invasione americana. Per fare ciò, Sani si fa strumento di tutte quelle voci di attivisti, intellettuali, giornalisti ed esperti iracheni per cercare di rappresentare quanto più fedelmente la situazione sul luogo. Insieme ad una folta biografia specialistica di report di analisti internazionali, l’autore fa ricorso a numerose interviste che permettono di dare un volto e dignità agli intellettuali uccisi in Iraq dal regime o dalla pluralità di regimi, come emergerà nel saggio. Per arrivare a queste considerazioni, il libro comincia con una necessaria rassegna storica che illustra sinteticamente come è nato l’Iraq e le sue evoluzioni politiche nel corso degli anni, a partire dalla monarchia sotto controllo britannico di Faysal I, le mire geopolitiche e petrolifere dei suoi vicini territoriali, i colpi di stato militari fino all’avvento della leadership autoritaria di Saddam Hussein, con il supporto ideologico del partito ba’athista. Sotto il regime di Saddam, in Iraq vige un vero e proprio stato di polizia riassumibile nella frase titolo del saggio “Camminare rasente al muro”, la quale illustra bene come doveva essere lo stato della libertà di pensiero e di opinione nel Paese. Condizione, tuttavia, peggiorata a seguito delle guerre del golfo: da una parte, a seguito dell’invasione del Kuwait, l’Iraq si trova piegato dalle sanzioni economiche della comunità internazionale, fatto che ha avuto un impatto profondo sulla (non) ricostruzione del Paese e sulla sua produzione culturale; dall’altra, l’invasione e la seguente occupazione statunitense dopo la seconda guerra del Golfo hanno determinato un impoverimento sotto tutti i punti di vista del Paese mediorientale. La caduta di Saddam Hussein – esemplificata dalla celebre rimozione della sua statua in mondovisione – è stato il simbolo della fine di un’epoca e l’inizio di una nuova, molto più complessa e instabile dal punto di vista securitario e politico. Infatti, nonostante la nuova costituzione democratica sancisca nero su bianco la libertà di espressione, nei fatti tale diritto fondamentale è leso dalla molteplicità di centri di potere esistenti nell’Iraq post 2003. L’autore, in maniera critica e assai lucida, evidenzia le colpe della “coalizione dei volenterosi”, macchiatasi di molte mancanze circa la pessima gestione dell’occupazione e la mancanza di un progetto di medio-lungo periodo per una ricostruzione del Paese e della nazione. La strumentalizzazione dei media, inoltre, utilizzati per veicolare messaggi propagandistici e favorire un’americanizzazione dell’Iraq, non ha fatto altro che alimentare l’astio anti-americano dell’opinione pubblica, disillusa e sfiduciata nei confronti dei governi intercorsi negli scorsi anni. 

La classe dirigente al potere risulta un burattino nelle mani di potenze regionali – in primis l’Iran – e delle milizie confessionali che detengono de facto il monopolio della forza e tracciano delle invisibili linee rosse che il cittadino iracheno può oltrepassare a rischio della propria vita e quella dei suoi cari. Questo è il caso di tre intellettuali-attivisti iracheni a cui Sani ha dedicato il terzo capitolo del saggio: Hadi al Mahd, speaker radiofonico, Alaa Mashzoub, poeta e Hisham al Hashimi, analista esperto di terrorismo islamico e milizie. Cos’hanno in comune? Sono stati tutti e tre uccisi perché criticavano il sistema, perché speravano in un Iraq che desse giustizia e dignità equamente, privo di corruzione, clientelismo, strapotere delle potenze straniere e delle milizie. Milizie che si sono macchiate dell’omicidio di centinaia di intellettuali che oltrepassavano la “linea rossa”, forti del fatto che i loro delitti rimangono perlopiù impuniti. Come descritto in maniera esemplare dall’autore, le milizie non sono un elemento anti-sistema, ma sono un attore ibrido che è colluso e in competizione con altri centri di potere. Il governo, perlopiù, è succube della forza delle milizie e non riesce ad arginarle: sono invece i leader religiosi e tribali che godono di maggiore autorità ed influenza e possono limitarne gli effetti violenti, sempre però nell’ambito dei propri interessi. 

I media, come analizzato in un capitolo ad hoc, sono finanziati dai politici e dalle milizie, per cui non permettono la diffusione di un’informazione chiara e libera. Gli unici media indipendenti hanno sede fuori dall’Iraq, in quanto in Iraq gli intellettuali e i giornalisti sono nel mirino di questa moltitudine di centri di potere. In conclusione, dunque, possiamo affermare che il saggio “Camminare rasente al muro” sia una lettura necessaria per comprendere lo stato della libertà d’espressione in Iraq e non solo, infatti ha il grande pregio di portare all’attenzione un Paese le cui dinamiche non vengono narrate nei media mainstream, specialmente occidentali – caso emblematico la copertura “non attenta” circa la rivoluzione d’ottobre verificatasi nel 2019. Un moto di protesta diffuso in tutte le grandi città irachene, originatosi spontaneamente dal basso, formato da giovani sognatori che lottano per superare le divisioni settarie e religiose, per costruire un nuovo Iraq. Fabrizio Sani con questo saggio ci invita a non voltarci dall’altra parte, a non rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza, al dolore ed alle ingiustizie, ma di agire e attivarsi. Cosa possiamo fare come semplici cittadini? Conoscere, informarci e liberarci dai nostri stereotipi orientalisti. L’Iraq non è solo terra di conflitti e terroristi, ma è stata la culla della civiltà umana, nata in Mesopotamia, la terra tra i due fiumi: solo dando linfa a questa civiltà attraverso la cultura è possibile ridare dignità all’umano e a un popolo martoriato da decenni. Raccontare le storie di chi lotta per le proprie opinioni è un primo passo.

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L'Autore

Sara Oldani

Sara Oldani, classe 1998, ha conseguito la laurea triennale in Scienze politiche e relazioni internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e prosegue i suoi studi magistrali a Roma con il curriculum in sicurezza internazionale. Esperta di Medio Oriente e Nord Africa, ha effettuato diversi soggiorni di studio e lavoro in Turchia, Marocco, Palestina ed Israele. Studiosa della lingua araba, vuole aggiungere al suo arsenale linguistico l'ebraico. In Mondo Internazionale Post è Caporedattrice dell'area di politica internazionale, Framing the World.

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Recensione Iraq Fabrizio Sani libertà di pensiero