Chi decide la politica estera della Cina?

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  Redazione
  19 settembre 2024
  9 minuti, 55 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

La formazione della politica estera cinese è spesso il risultato di scaramucce tra influenti istituzioni governative centrali, governi a livello provinciale e grandi imprese statali (SOE), ognuna delle quali lavora per acquisire una maggiore autorità propria e potere nel seno del bilancio sia proprio che nazionale. Le attuali sfide diplomatiche sempre più complesse affrontate da Pechino verso il resto del mondo richiedono competenze specifiche per tutti sia nella pianificazione delle azioni e ancora di più nell'analisi e determinazioni finali della politica estera. Gli organi centrali cinesi sono per questo specializzati, utilizzando competenze interne e svolgono ora un ruolo decisivo nella definizione dell'ampia agenda di politica estera che va dispiegando il Paese, come si vede con notevole attivismo.

La periferia dello Stato

Il governo dei numerosi livelli provinciali cinesi e delle grandi imprese statali esercitano un potere adeguato e sufficiente per determinare e comporre gli elementi chiave iniziali e finali dell'agenda di politica estera di Pechino, che vanno dalle controversie sui confini nazionali agli enormi investimenti nella ambiziosa “Belt and Road Initiative” (Via della seta).

Le azioni di questi diversi attori subnazionali hanno non poche conseguenze anche a livello globale. Ad esempio, le cinque maggiori società dei servizi energetici cinesi continuano sostanzialmente a resistere nei confronti delle politiche climatiche internazionali e la loro riluttanza a cooperare ha contribuito a rallentare la realizzazione il programma degli interventi interni sul clima di Pechino.

L’importanza decisiva del Partito

All’Estero della Cina, c'è la percezione comune che la leadership del Partito Comunista Cinese (PCC) detti ogni aspetto dell’intera agenda di politica estera del paese. In realtà, fin dai tempi delle innovative riforme economiche varate da Deng Xiaoping negli anni “70” il processo decisionale politico all'interno della Cina è guidato pure da una serie di interessi più periferici e modellato da diversi opinion leader nazionali.

Sebbene il presidente Xi Jinping abbia centralizzato il potere politico nel PCC, alcuni attori presentano ancora diversi gradi di autonomia e capacità di intervento nel processo di definizione della politica estera. Questo aspetto informativo argomenta contro l'idea errata di un approccio di politica estera sempre espresso dall'alto verso il basso in Cina. Tale malinteso è altresì meno diffuso tra gli specialisti della Cina, ma persiste ancora a tutti i livelli del dibattito di politica estera in tutto il mondo.

Questo storico documento politico si concentra sui singoli protagonisti coinvolti nel processo della formulazione e attuazione della politica estera cinese. Che abbraccia pressoché per intero i settori economico, della sicurezza e del soft power del paese. Pur riconoscendo il ruolo centrale del PCC nelle decisioni più critiche relative agli affari esteri, tali risoluzioni sono, di fatto, spesso il risultato della ricerca del più ampio consenso ottenuto tra una miriade di singoli protagonisti.

La situazione e processo decisionali odierni

La Cina è indubbiamente al centro di numerosi dibattiti relativi alla politica estera globale. Eppure, i politici di tutto il mondo faticano ancora a comprendere questo paese nei suoi livelli più profondi, al di là dei titoli sensazionalistici che comunica la propaganda di casa. Ne deriva che la Cina viene spesso ed erroneamente trattata come un'unica entità unificata, per lo più omogenea e pertanto di facile approccio.

Alla prova dei fatti accade che questa valutazione risulta profondamente lontana dalla verità in quanto evita di considerare l’intensa contrattazione che si svolge tra i vari protagonisti durante la pianificazione e l'attuazione delle politiche interne. Gli studi degli analisti sul processo decisionale della Cina hanno recentemente guadagnato terreno all'interno del mondo accademico e dei gruppi di esperti in diverse discipline chiamati a collaborare per analizzare e risolvere problemi di natura economica, politica, sociale, ambientale, ecc., sia in Cina che a livello globale. Tuttavia, la letteratura esistente sul processo decisionale in buona parte pluralistico della Cina in materia di affari esteri è invece limitata rispetto al gran numero di pubblicazioni che considerano erroneamente la Cina come un'entità monolitica e politicamente monotona.

Sostanzialmente si pongono in evidenza due ragioni principali in ragione di quest’ultima acuta discrepanza.

In primo luogo, il processo decisionale all'interno dell'establishment politico di Pechino è di natura per niente omogenea ma bensì fluida, opaca nell'attuazione e flessibile nei termini della determinazione del successo internazionale riscontrabile nel contesto dei risultati politici. I documenti politici pubblicati formalmente sono solitamente ricchi di formulazioni gergali, rendendo difficile, soprattutto per chi non parla cinese, analizzare e quindi indagare a sufficienza i dettagli del processo decisionale.

In secondo luogo, in linea con l'accresciuta ampiezza e profondità dell'agenda di politica estera di Pechino, i politici cinesi hanno esteso il loro pensiero andando oltre la sola comprensione geopolitica degli affari esteri. Di conseguenza, diverse istituzioni governative centrali specializzate in politiche economiche e industriali interne partecipano ora attivamente alla definizione dell'agenda di politica estera. Ciò ha portato, ad esempio, alla "professionalizzazione" del servizio civile diplomatico di Pechino, con il reclutamento di specialisti per effettuare la pianificazione e l'attuazione dei programmi operativi.

Questo cambiamento può creare confusione negli estranei, sia nel settore pubblico che in quello privato. Nelle comunità estere occidentali, i riferimenti alla "Cina" sono in gran parte limitati alle sole affermazioni di Pechino e/o dell'apparato governativo centrale.

Tuttavia, nel suo enorme territorio la Cina presenta numerose amministrazioni a livello provinciale, ognuna dotata delle proprie prospettive geografiche ed caratteristiche economiche spesso peculiari. In seguito, dal 1978, ha avuto luogo un processo di limitata liberalizzazione economica che consente ai governi provinciali una certa autonomia anche sulle proprie politiche economiche.

Di conseguenza, molte province utilizzano la loro limitata autonomia per impegnarsi direttamente con i governi stranieri e le principali multinazionali. In una certa misura, queste province stanno anche adottando un approccio dal basso verso l'alto per definire l'agenda di politica estera del governo centrale.

Altri attori chiave nella formulazione e nell'attuazione della politica estera di Pechino sono le imprese statali (SOE) controllate centralmente, il cui coinvolgimento nella politica estera spazia dagli investimenti della Belt and Road Initiative (BRI) alle attività “provocatorie” della marina militare nel Mar Cinese Orientale e Meridionale. La saggezza convenzionale vuole che le SOE cinesi agiscano per conto dello Stato; anche se i loro interessi commerciali non sempre convergono totalmente con l'agenda delle operazioni dello Stato.

Come evolvono le relazioni tra i diversi attori nella definizione dell'agenda di politica estera cinese.

Questo modello analitico è stato ampiamente applicato alle democrazie liberali, ma può essere attribuito anche a uno stato monopartitico come la Cina Popolare, nel quale più parti interessate possono modellare i risultati in diverse sfere politiche ed economiche.

Il PCC e le istituzioni del governo centrale

Il PCC è onnipresente nel processo decisionale in tutto l'apparato politico cinese. Il Consiglio di Stato e il Comitato permanente del Politburo del PCC, composto da sette membri, forniscono una panoramica strategica e gli obiettivi politici a lungo termine degli affari esteri di Pechino. Per l’esattezza, le singole misure politiche rientrano in gran parte nella sfera di competenza di varie istituzioni governative centrali, imprese di Stato e governi a livello provinciale.

L'approccio della Cina alla politica estera è diventato sempre più pluralistico dopo che Deng Xiaoping è riemerso come leader supremo del paese nel 1978. L'amministrazione Deng introdusse riforme economiche di riferimento che portarono al decentramento in tutti i tipi di politica, a livello nazionale e provinciale.

Di conseguenza, nessuna singola istituzione del governo centrale ha la piena titolarità dei numerosi processi decisionali sviluppati in materia di affari esteri. Nel tentativo di ottenere una maggiore influenza politica, queste parti interessate usano la loro esperienza e le loro risorse per ottenere l'accesso al Politburo.

La costante ricerca del consenso

La ricerca del consenso rimane una delle caratteristiche fondamentali del processo decisionale tra i vertici del PCC e tra tutte le istituzioni governative interessate. Sebbene il "consenso" sia spesso un'illusione, il procedimento negoziale offre l'opportunità agli attori esistenti e nuovi – vale a dire ai gruppi di interesse costituiti – di influenzare le opinioni dei leader più anziani all'interno del Partito.

I gruppi di interesse così costituiti hanno a lungo svolto un ruolo cruciale nel processo decisionale all'interno dell'apparato politico di Pechino. Essi forniscono input rilevanti e prospettive più competenti e specializzate in tutti i settori politici, dalla riforma agraria alle relazioni USA-Cina. Questi gruppi sono costituiti da istituzioni governative centrali, imprese statali e governi a livello provinciale. Molti di loro hanno sofisticate capacità di patrocinio per poter plasmare le agende politiche. Mentre il principio guida della governance potrebbe essere molto diverso in un regime democratico, i gruppi di interesse costituiti sono una caratteristica onnipresente dei governi, indipendentemente dal sistema politico.

La Cina non fa certo eccezione

Sono molte le istituzioni e tutti coloro che sono in grado di determinare il successo di un progetto fornendo supporto, informazioni e risorse preziose sia dall’interno che dall’esterno dell’organizzazione e sono altresì coinvolti nella formazione e nell'attuazione della politica estera di Pechino. Gli attori influenti si impegnano in una competizione spietata e difendono le loro politiche preferite e i propri interessi sia dipartimentali che commerciali.

Questo approccio ha molto in comune con le pratiche di molte democrazie liberali occidentali.

Piuttosto che riflettere un piano generale ben calcolato e perfettamente eseguito, i risultati politici a Pechino sono spesso il risultato diretto della contrattazione tra le burocrazie centrali e i governi a livello provinciale. La “Via della seta” (BRI), l'iniziativa di punta del presidente Xi, è un notevole esempio di come una guida politica di ampia portata possa portare a una "corsa al territorio" tra gli interessi acquisiti nel sistema politico cinese.

Tale enorme progetto a lungo termine è un'impresa incredibilmente ambiziosa e multimiliardaria, che comprende la costruzione di numerose e costose infrastrutture fisiche e digitali in quasi 120 paesi nel mondo.

In questo ambito di problematiche, l'attenzione e il sostegno del presidente Xi alla BRI hanno generato due domande cruciali, rimaste tuttora senza risposta, per il governo cinese:

  1. Quale ministero o agenzia governativa ha la responsabilità generale di prendere le decisioni finali sugli investimenti BRI?
  2. Quali fattori chiave determinano che un determinato progetto fa parte dell'iniziativa generale?

Un documento pubblicato dal Consiglio di Stato cinese rileva che la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (NDRC) guida gli sforzi di coordinamento generale per realizzare la BRI e che la responsabilità esecutiva è condivisa congiuntamente dal Ministero del Commercio (MOFCOM), dal Ministero delle Finanze e dal Ministero degli Affari Esteri.

Seguendo una lunga tradizione del Partito, è stato istituito un organo consultivo noto istituzionalmente come "piccolo gruppo dirigente" per formare e raggiungere il consenso tra i diversi attori e per attuare le politiche reali della BRI.

Composto da responsabili politici di alto livello, questo gruppo affronta questioni difficili e/o in sospeso quando sorgono disaccordi e quando sono necessarie sentenze definitive.

Il gruppo si riunisce trimestralmente nei ministeri sopra menzionati, che condividono sia il potere decisionale che la responsabilità operativa.

Oltre a questi quattro ministeri e al “piccolo gruppo dirigente”, altre 15 istituzioni e agenzie dell'apparato politico di Pechino contribuiscono alle decisioni finali sui progetti considerati parte della BRI.

Le difficoltà gestionali interne

Tuttavia, non sempre è facile raggiungere il necessario consenso. Ad esempio, è quasi impossibile aspettarsi che il Ministero delle Finanze e il Ministero dei Trasporti considerino i criteri di selezione dei progetti ferroviari ad alta velocità attraverso la stessa lente analitica e decisionale.

Diversi ministeri modellano l'agenda politica a causa della limitata capacità della leadership del Partito, Con non ha né il tempo né l'esperienza per esprimere giudizi rapidi e poco accorti su una serie di questioni di politica estera.



Victorem se non sentit qui vincit, nisi qui vincitur fatetur

(Quinto Ennio)

"Chi vince non si sente vincitore se non lo ammette chi è vinto"

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