Come la transizione ecologica cambierà il mercato del lavoro

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  Filippo del Monte Alia
  27 settembre 2023
  5 minuti, 17 secondi

Come la transizione ecologica cambierà il mercato del lavoro

La transizione ecologica che stiamo, o che dovremo affrontare, impatterà sulla vita di tutti e su tutti gli aspetti della vita. Uno di questi è proprio il mercato del lavoro. Una piena transizione ecologica, che rivoluzionerebbe pressoché tutti i settori dell’economia, non potrebbe non rivoluzionare anche il modo in cui noi tutti ci lavoriamo.

Lavori inquinanti e lavori green

Innanzitutto, bisogna operare una distinzione tra i tipi di impiego a seconda dell’impatto che hanno sull’ambiente. Un rapporto stilato dal Fondo Monetario Internazionale (IMF) ci viene in aiuto, distinguendo tra green intensity e pollution intensity, vale a dire l’impatto positivo (green) o negativo (pollution) che un lavoro può avere sull’ambiente. Non necessariamente, tuttavia, un lavoro rientra in una di queste due categorie, in quanto esistono settori e impieghi il cui impatto sull’ambiente è trascurabile, non quantificabile o non rilevante, o che hanno un impatto sia positivo che negativo tanto da rientrare in entrambe le categorie. Sorprendentemente, i dati dell’IMF indicano che la maggior parte dei lavori ha un impatto neutro sull’ambiente, mentre i lavori con impatto positivo o negativo costituiscono solamente una frazione del mercato del lavoro. Inoltre, la maggior parte delle economie prese in considerazione nello studio ha registrato una riduzione della quantità di emissioni di molti impieghi, un dato che forse si spiega con l’espansione del settore terziario, tendenzialmente meno inquinante, in molte economie emergenti.

Il cambiamento c’è già, però è molto lento. Un altro studio, infatti, aggiunge che il tasso di persone che sono passate da un lavoro poco sostenibile a un lavoro green è aumentato, anche se di poco, negli ultimi vent’anni, passando dallo 0,1% allo 0,7% di tutti i cambi di impiego. A svolgere un ruolo importante nell’ottenere o meno un lavoro a basso impatto ambientale, inoltre, è il livello di istruzione del lavoratore, che diversi studi hanno confermato avere un rapporto positivo con la green intensity descritta precedentemente.

Come la transizione cambierà il lavoro

La classificazione effettuata dallo studio dell’IMF va tuttavia inserita in un contesto di inevitabile trasformazione che toccherà tutti i settori, indipendentemente dall’impatto che hanno sull’ambiente, in quanto viviamo in un sistema economico fortemente interconnesso. Secondo un rapporto dell’ONU, infatti, sono generalmente quattro i modi in cui i posti di lavoro saranno toccati dalla transizione ecologica. Alcuni posti verranno creati, come per esempio in seguito alla scoperta di nuove tecnologie sostenibili. Altri posti verranno trasformati, come nel caso di un lavoratore che dal lavorare in un’industria inquinante svolgerà la stessa mansione ma in un’industria a basso impatto ambientale. Sarà inevitabile sostituire alcuni posti con altri, riformando i lavoratori per adattarsi al nuovo impiego, è il caso della sostituzione delle fonti di energia fossile con fonti rinnovabili. Infine, alcuni lavori verranno eliminati in quanto non più necessari in un contesto produttivo e lavorativo troppo diverso dal precedente. 

La transizione in Europa

Un recente rapporto della Commissione Europea adotta la stessa divisione operata dall’IMF, distinguendo i lavori in tre categorie: verde, marrone e bianca. L’ultima, quella dei lavori a basso impatto ambientale, positivo o negativo, è la più grande ed è il motivo per cui l’implementazione del Green Deal europeo, che naturalmente impatterà anche sul mercato del lavoro dell’Unione, porterà solamente a un aumento stimato dell’1,3% degli impieghi totali legati direttamente al Green Deal entro il 2030. I settori più inquinanti (marroni), infatti, sono la causa del 90% delle emissioni di CO2 all’interno dell’UE, ma danno lavoro sola ad una  frazione minore dei lavoratori presenti sul territorio.

I settori bianchi, tuttavia, subiranno importanti cambiamenti che li porteranno a colorarsi di verde, con un aumento degli effetti benefici per l’ambiente, secondo la Commissione. Il rapporto però evidenzia anche un problema nella definizione di lavori verdi: quanto deve essere severo il metro di misura per giudicare un lavoro verde, marrone o bianco? In base a ciò le previsioni degli studi su cui è basato il rapporto della Commissione variano di molto. Studi che includono un gran numero di lavori nella fascia verde ne prevedono un aumento del 40% entro il 2030, mentre opinioni più severe parlano di un aumento del 2-3% entro la stessa data. Bisogna inoltre tenere in considerazione l’eterogeneità dei vari contesti nazionali e regionali all’interno dei quali avranno luogo i cambiamenti.

I settori marroni, invece, subiranno una riduzione e una trasformazione strutturale importante nei prossimi anni, in linea con l’opinione dell’IMF e con le tendenze pre-Green Deal, con una riduzione dei tassi di occupazione del 3%.

L’America Latina e il problema delle catene di approvvigionamento

Come già detto in precedenza, il contesto in cui avviene la transizione è fondamentale per misurare l’impatto della transizione. Prendendo in esame un’area geografica come l’America Latina, molto diversa dall’Europa, veniamo messi di fronte a una serie di problematiche legate alla produzione di materie prime grezze o beni che vedrebbero il proprio consumo ridotto sensibilmente. Un esempio può essere la florida industria degli allevamenti brasiliani o argentini. Se infatti il la popolazione mondiale riducesse sensibilmente il consumo pro capite di carne per via dei disastrosi effetti che l’allevamento su vasta scala ha sull’ambiente, uno dei settori più floridi di questi paesi entrerebbe in crisi. Non sarebbero solamente i lavoratori degli allevamenti a vedere il proprio impiego in pericolo, ma anche coloro il cui lavoro dipende indirettamente da questo settore come, per esempio, i camionisti che trasportano la carne. Nonostante ciò, decarbonizzare le proprie economie potrebbe risultare comunque una scelta vincente nel lungo termine secondo la International Labour Organisation ILO: una riduzione del 35% delle proprie emissioni totali creerebbe milioni di nuovi posti di lavoro, molti dei quali sarebbero nel settore dell’agricoltura, non più destinata ai mangimi per animali ma al consumo umano, che vedrebbe un aumento del 54% dei posti di lavoro disponibili. Settori come quello delle energie pulite registrerebbero un aumento del tasso di occupazione stimato al 22%, mentre quello dell’edilizia crescerebbe del 2%, numero che corrisponderebbe a circa mezzo milione di posti di lavoro in più.


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Fonti utilizzate nell’articolo:

https://www.pexels.com/it-it/f...

https://www.elibrary.imf.org/view/journals/001/2022/146/article-A001-en.xml

https://unfccc.int/sites/default/files/resource/Just%20transition.pdf

https://www.nber.org/system/files/working_papers/w31539/w31539.pdf

https://economy-finance.ec.europa.eu/system/files/2022-12/dp176_en_green%20transition%20labour.pdf

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---americas/---ro-lima/documents/publication/wcms_752069.pdf

https://www.oecd-ilibrary.org/sites/302d43f1-en/index.html?itemId=/content/component/302d43f1-en#:~:text=It%20will%20reshape%20some%20sectors,Walker%2C%202011%5B7%5D).

https://www.imf.org/en/Publications/WP/Issues/2022/07/22/Transitioning-to-a-Greener-Labor-Market-Cross-Country-Evidence-from-Microdata-521182

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