Com'è andata la COP28?

  Articoli (Articles)
  Leonardo Di Girolamo
  22 dicembre 2023
  4 minuti, 41 secondi

Si è da poco conclusa la COP28, l’ultima Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e de facto il più importante organo decisionale a livello globale sulla questione climatica. La conferenza è stata da subito oggetto di critiche e controversie, innanzitutto scaturite dalla scelta del paese ospitante che è ricaduta sugli Emirati Arabi Uniti, uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo, e dopodiché dalla presidenza di Sultan Ahmed Al Jaber, CEO della compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi ADNOC.

A seguito della conclusione della COP28, avvenuta martedì 12 dicembre, molti giornali nazionali ed internazionali hanno descritto il risultato finale come un “accordo storico”: per la prima volta, i Paesi facenti parte della Convenzione si sono ufficialmente impegnati a ridurre i combustibili fossili, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità (emissioni nette uguali a zero) entro il 2050. Come spesso accade, bisogna ridimensionare la questione.

Di certo, si tratta di un passo in avanti rispetto agli Accordi di Parigi del 2015, che furono il risultato della COP21. Al tempo, nonostante i Paesi parte dell’UNFCCC avessero raggiunto un’intesa sulla necessità di ridurre le emissioni al fine di contenere l’aumento delle temperature globali entro i famosi 1.5°C rispetto al periodo preindustriale, ciò che mancava all’accordo era una metodologia chiara e dei tempi ben delineati per raggiungere questo obiettivo comune. D’altra parte, il testo di Dubai chiede chiaramente ai Paesi di abbandonare i combustibili fossili entro il 2050.

Ciononostante, la stesura del testo finale non è stata assolutamente semplice: i negoziati si sono concentrati molto sulla scelta delle parole da utilizzare, fra Paesi che avrebbero preferito un linguaggio più incisivo e senza mezzi termini e Paesi che hanno invece fatto molta pressione affinché le parole utilizzate fossero più morbide nei confronti dei combustibili fossili. E infatti la tanto discussa espressione “phase-out”, ovvero una “eliminazione graduale” dei combustibili fossili non ha trovato spazio nel testo di Dubai, sostituita invece dall’espressione “transitioning away”, ovvero un più semplice “allontanamento” dai combustibili fossili. Sul sito della UNFCCC, si parla in maniera più precisa di un allontanamento in modo “giusto, ordinato ed equo, sostenuto da profonde riduzioni delle emissioni e aumenti dei finanziamenti”. Il testo di Dubai viene anche criticato per la sua natura non vincolante: si legge infatti che i Paesi facenti parte della Convenzione sono invitati (“calls on”) a prendere parte agli sforzi comuni per una transizione globale.

I Paesi hanno inoltre raggiunto un accordo comune sugli obiettivi per il Global Goal on Adaptation (GGA), che va a identificare gli obiettivi necessari da raggiungere per ottenere maggiore resilienza riguardo l’impatto del cambiamento climatico: in sintesi, uno strumento di solo adattamento, e non volto alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Anche il lato economico è stato, ovviamente, molto importante durante la Conferenza. Il Green Climate Fund (GCF), ovvero il fondo istituito dai Paesi facenti parte dell’UNFCCC con sede a Incheon (Corea del Sud) volto ad assistere i paesi in via di sviluppo nell'adattamento e nella mitigazione nei confronti dei cambiamenti climatici, è stato incrementato di valore, raggiungendo il record storico di $12.8 miliardi di dollari provenienti da 31 paesi, fra cui anche l’Italia (e l’Unione Europea, che collettivamente rappresenta il maggior contributore del fondo).

Sulle risorse energetiche, il testo di Dubai è difficile da giudicare. Da un lato, manca una presa di posizione forte sul metano, gas molto più pericoloso dell’anidride carbonica nell'ambito dei cambiamenti climatici, ma che viene solamente menzionato rapidamente tra gli altri gas serra. D’altra parte, il testo invita i Paesi a triplicare le fonti rinnovabili e duplicare la propria efficienza energetica entro il 2030: nel paragrafo 30, si fa riferimento al notevole abbassamento del costo delle tecnologie rinnovabili avvenuto negli ultimi anni, sottolineando la necessità a continuare su questa strada. Inoltre, per la prima volta anche l’energia nucleare prende parte al testo finale della COP: viene indicato fra le nuove tecnologie necessarie assieme ai meccanismi di carbon capture; risultato sicuramente spinto dalla volontà dei venti Paesi partecipanti che, proprio durante le due settimane della COP28, hanno annunciato un accordo volto a triplicare l’energia nucleare entro il 2030 (accordo a cui l’Italia non ha preso parte).

In conclusione, proprio per ridimensionare la gioia attorno al testo di Dubai, è importante ricordare come non sono stati solamente giornalisti ed esperti a criticarne la debolezza e la mancanza di innovazioni concrete, ma anche i Paesi che hanno preso parte ai negoziati hanno avuto da ridire. Il punto più critico è stata l’assenza di passi differenziati per i Paesi in via di sviluppo, dove la transizione energetica può avere effetti traumatici per gli equilibri socioeconomici interni, ed è anche mancato un richiamo alle differenti responsabilità storiche della situazione attuale. Assenza sentita molto da Paesi insulari come Samoa, che saranno i primi ad essere colpiti più duramente dagli effetti dei cambiamenti climatici: pochi minuti dopo l’approvazione del testo di Dubai, è intervenuta la delegata di Samoa (in rappresentanza della AOSIS, l’Alleanza dei Piccoli Stati Insulari), parlando direttamente al presidente Sultan Ahmed Al Jaber e dichiarando come i negoziati siano stati portati avanti “come se noi non fossimo nella stanza”. I tre minuti di standing ovation che sono seguiti sono il vero simbolo del dissenso dei piccoli Stati che, ancora una volta, si sentono traditi dagli interessi nazionali delle grande economie del mondo.

Mondo Internazionale APS - Riproduzione Riservata ® 2023

Condividi il post

L'Autore

Leonardo Di Girolamo

Tag

COP 28 COP28 climate change climatechange cambiamento climatico cambiamenti climatici UNFCCC Nazioni Unite nazioniunite United Nations Emirati Arabi Uniti dubai