A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS
La retorica e le azioni dell'amministrazione Trump hanno messo i legami transatlantici in un’eccitazione con pochi precedenti. Eppure, nonostante le tensioni, l'Europa e gli Stati Uniti hanno l'opportunità di reinventare la loro alleanza e garantire vantaggi reciproci.
Ci sono ragioni legittime per chiedersi se gli attuali leader europei e nordamericani siano degni eredi dell'alleanza costruita sul sangue, sul tesoro e sulla visione virtuosa dei loro antenati dopo la seconda guerra mondiale. Lo spettacolo che si è svolto alla recente Conferenza sulla Sicurezza di Monaco (MSC) è certamente un caso forte a dimostrare che non lo sono ancora a sufficienza. Infatti, ogni protagonista principale sta deludendo il collettivo di cui fa parte.
Le relazioni transatlantiche sembrano essere scalzate dal loro asse. Il caso dell'Ucraina dimostra che la sicurezza della NATO e l’affidabilità dell'Europa devono migliorare. E l'alleato più importante, gli Stati Uniti, è guidato da un presidente il quale manifesta delusione verso un po’ tutte le alleanze , specie se europee, ma “crede” piuttosto nelle relazioni bilaterali e nelle sfere di influenza, senza essere mai esaustivo sul chi, quando, come e ancora di più sui perché.
Allo stesso tempo, una revisione e un aggiornamento almeno parziale dell'accordo transatlantico sono attesi da tempo e le due parti dovrebbero cogliere questa opportunità.
Tanti in Europa hanno sostenuto l’affermazione del primo ministro albanese, Edi Rama, "l'America senza l'Europa è solo un'isola; L'Europa senza l'America è una penisola".
Gli Stati Uniti dovrebbero essere in grado di spostare molte delle loro risorse dall'Europa per affrontare le altre sfide strategiche che ritengono più urgenti. Ma fare questo, facendo un grande accordo con la Russia e ritirando le truppe statunitensi dal fianco orientale della NATO, mentre si sostiene una sfera di influenza russa in Europa, sarebbe controproducente per Washington.
Se Trump è deciso a garantire all'America lo status di campione indiscusso del mondo, la sua alleanza con l'Europa si configura come indispensabile. Un’ Unione Europea ipoteticamente in fiamme che fronteggia l'aggressione russa e in crisi economica causa dei dazi statunitensi trascinerebbe gli USA con sé, data l’ampiezza e profondità dei legami economici, finanziari e militari intercorrenti tra di loro.
Trump può non credere nella costruzione della NATO, nell'alleanza, ma ciò che può apprezzare dai suoi giorni nel settore immobiliare è un consorzio. Dal latino consors: condiviso in proprietà. Gli Stati Uniti e l'Europa hanno de facto la proprietà condivisa, anche se ineguale, della leadership globale. E' tempo che entrambe le parti formulino un nuovo accordo di tipo consortile.
La transnazionalità è sempre stata un’importante parte integrante delle relazioni transatlantiche, e non è mai andata a scapito dei valori che ne sono alla base: democrazia, integrità, Stato di diritto e dibattito sia politico che geopolitico basato e concluso sui fatti concreti e condivisi.
Con il recente discorso del vicepresidente degli Stati Uniti Vance al Meeting di Monaco, l'amministrazione Trump ha in un certo senso attraversato il Rubicone: Vance ha rimbrottato la democrazia europea sulla falsariga delle campagne di destabilizzazione della Russia e ha invitato la Germania a sbarazzarsi del suo rimasuglio di neonazisti, ovvero , come ha ricordato, gli eredi immeritevoli dello stesso movimento politico per il quale 416.800 soldati americani sono morti nella seconda guerra mondiale.
Ma non tutto è desolante
Nonostante alcune delle preoccupanti dichiarazioni pubbliche che i suoi principali esponenti di governo hanno pronunciato, l'amministrazione Trump non si sta disimpegnando totalmente dagli europei, almeno per ora e solo oralmente. Infatti, prosegue chiedendo con forza il loro contributo sugli scenari conflittuali dell'Ucraina e nonostante le numerose boutade pronunciate provocatoriamente non ha mai menzionato l'abbandono della NATO e/o il ritiro completo dei propri contingenti militari e di sicurezza dall'Europa. Niente di tutto questo era scontato sotto Trump. Anzi, alcune delle sue dichiarazioni potrebbero presentare proficue opportunità.
Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Pete Hegseth, ha detto agli astanti europei di questi giorni che gli Stati Uniti "daranno priorità al conferimento all'Europa di una maggiore responsabilità per la propria sicurezza". A questo punto gli europei potrebbero approfittarne per edificare le proprie capacità industriali, specie nel settore della difesa, creando un gran numero di posti di lavoro redditizi e sicuri, oltre che darsi i mezzi necessari per la tutela della propria sovranità e diventare alleati più utili per Washington.
Gli europei possiedono la necessaria capacità di agire e costruire, ma a tassativa condizione che abbandonino lo sciovinismo molto provinciale manifestato finora da molti (e anche in Italia) mettendo da parte i dubbi in politica estera ed negli affari internazionali su se stessi e smettano di sfruttare liberamente le varie garanzie di sicurezza offerte da
gli Stati Uniti.
Convincere le loro popolazioni, che sono sempre più favorevoli al sovranismo populista di estrema destra, ad accettare potenziali perdite di truppe in Ucraina, senza una copertura americana completa, per preservare la loro libertà, sovranità e prosperità, non dovrebbe essere un compito così impossibile. Potrebbe anche aiutare i partiti tradizionali a smascherare il bluff dei populisti.
L'Ucraina offre un modello da seguire
Mentre lottano per la loro sopravvivenza, gli ucraini hanno imposto scelte strategiche ai loro partner, dall'annientamento della flotta russa del Mar Nero all'occupazione del territorio russo a Kursk. Hanno anche mostrato il coraggio di essere titubanti verso la richiesta estrattiva dell'amministrazione Trump per le loro “terre rare” in assenza di garanzie postume, nonostante il rischio di porre fine al sostegno degli Stati Uniti.
Al momento i paesi europei non si trovano di fronte a minacce vitali così immediate, ma i negoziati tra Stati Uniti e Russia sull'Ucraina pongono sicuramente loro una doppia sfida: contenere la Russia in Ucraina per prevenire un futuro attacco contro di loro e fortificare i propri confini in caso di crollo dell'Ucraina, uno scenario che metterebbe a dura prova le risorse dell'Europa e potenzialmente la dividerebbe ulteriormente.
Questo dilemma potrebbe anche spingere alcuni degli Stati membri più esposti dell'UE a perseguire la proliferazione nucleare come ultima carta vincente per la sicurezza in un mondo suddiviso in sfere di influenza e competizione tra grandi potenze. Questo sarebbe l'ultimo chiodo nell'ordine del secondo dopoguerra.
Forse è giunto il momento per i leader europei di tacere. Il continuo rifiuto di paesi come la Germania, l'Italia o la Polonia di impegnarsi a fornire garanzie di sicurezza credibili all'Ucraina con poco sostegno da parte degli Stati Uniti indica che, nonostante tutti i loro timori, non sono abbastanza disposti ad aiutare se stessi.
C'è uno scenario nel quale gli Stati Uniti non solo barattano la loro presenza sul fianco orientale della NATO, ma si oppongono anche al dispiegamento di truppe europee in Ucraina. Potrebbe non essere il più probabile oggi, ma con Trump in questo momento nulla essere escluso.
Rimangono alcuni interrogativi senza una risposta positiva e concreta, in quanto sia l'Europa che gli Stati Uniti hanno scelte epocali da compiere.
Gli Stati Uniti hanno messo la volpe cinese nel pollaio con la gallina dalle uova d'oro?
Trump si unirà alle fila di Barack Obama e Joe Biden e presiederà una nuova invasione russa di un paese sovrano europeo?
Gli europei pensano di poter salvare le loro economie sacrificando la loro sicurezza?
Ne sapremo di più nei prossimi mesi.
Ma una cosa deve essere chiara: l'alleanza transatlantica è in una sorta di crisi gramsciana nella quale il vecchio è morto mentre il nuovo sta lottando per nascere.
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