Cosa significherebbe per l'UE l'annessione della Groenlandia agli USA?

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  Chiara Croci
  13 gennaio 2025
  3 minuti, 56 secondi

Mancano ormai pochi giorni all’entrata in carica del neo-eletto Presidente Statunitense Donald Trump e, seppur non indossi ancora le vesta ufficiali, Trump sembra aver già mosso alcune pedine che possono anticipare la struttura della sua scacchiera strategica che avremo modo di conoscere molto presto.

Una delle dichiarazioni che più ha fatto scalpore è quella riguardante il suo desiderio di prendere il controllo sulla Groenlandia, sul Canada e su Panama: si tratta di affermazioni forti che bypassano il concetto di autodeterminazione e sovranità nazionale con gli obiettivi, esposti dal neo-Presidente, di rafforzare la sicurezza nazionale Statunitense e “proteggere il mondo libero”.

In particolare, ciò che ha risvegliato questo desiderio espansionistico ed egemonico in Trump è la strategicità del paese, considerando anche il particolare momento storico. La Groenlandia è, infatti, ricca di minerali, riserve petrolifere, gas naturale e materie prime usate principalmente per produrre batterie, turbine eoliche e veicoli elettrici. Appropriarsi di quei territori così invitanti dal punto di vista economico ed industriale rappresenterebbe anche una calcolata mossa geopolitica: si tratterebbe per gli USA della possibilità di diventare un’alternativa al quasi monopolio cinese attuale riguardo i possedimenti di minerali rari e di competere con la Russia in materia di esportazione di gas verso l’Europa. Senza contare che annettere la Groenlandia permetterebbe agli Stati Uniti di attuare una sorta di politica di contenimento di una Cina irriverente, considerata la minacciosità della crescente presenza di quest’ultima a livello Artico.
Inoltre, la presenza della Pituffik Space Base Statunitense che ospita permanentemente missili balistici e militari non è meno rilevante nel giustificare la dichiarazione di Trump.

Sembrerebbe non esserci alcun ritegno dall’utilizzo della forza per realizzare questo piano ambizioso, parallelamente all’impiego di sanzioni economiche nei confronti della “Terra verde” in caso di opposizione. Queste condizioni hanno destato la preoccupazione dell’Unione Europea e in particolare di stati come la Francia, la Germania e chiaramente la Danimarca che non hanno fatto attendere intimidazioni per far retrocedere Trump.

La Groenlandia si trovava, già prima delle dichiarazioni statunitensi, in una posizione delicata: essendo un paese semi-autonomo dalla Danimarca, governato dalla Costituzione di quest’ultima ma con un proprio Primo Ministro, la possibilità di indire un referendum per diventare un paese indipendente ci sarebbe, ma secondo alcuni ricercatori come Ulrik Pram Gad sarebbe poco probabile considerati i vantaggi economici derivanti dall’associazione con il ricco paese europeo.

Sia il Cancelliere tedesco Scholz che il ministro degli Esteri francese Barrot hanno fatto leva sull’importanza dei confini sovrani degli Stati, alludendo persino al caso dell’invasione russa dell’Ucraina e sostenendo che, considerati i suoi tratti imperialisti, l’ambizione del governo federale statunitense - finora presentatosi come promotore di pace e giustizia nel quadro del conflitto appena citato – non si allontanerebbe troppo dal confluire in uno scenario simile.
Per l’Unione Europea si tratta di un campanello d’allarme – l’ennesimo, come anche sottolineato in occasione del Summit tenutosi in Lapponia finlandese lo scorso dicembre – che sottolinea la necessità e l’urgenza di “rafforzarsi, in un mondo vinto dalla legge del più forte, in ambito militare e della competitività”, come ribadito da Barrot.
Come conseguenza, il cancelliere tedesco ha annunciato che gli alleati della NATO miglioreranno le capacità difensive in coordinamento reciproco aumentando i finanziamenti: si può ipotizzare che lo scopo di Trump fosse proprio questo, considerando le richieste di una maggiore contribuzione finanziaria che vengono ormai avanzate da anni dagli USA (principale contributore finanziario) verso gli altri membri dell’alleanza. A conferma della supposizione, Trump ha, infatti, dichiarato che agli stati membri della NATO sarà richiesto di aumentare la spesa per la Difesa dal 2% al 5%, nonostante il segretario di Stato Blinken abbia cercato di smussare le spigolose asserzioni trumpiane.

Un’altra ipotesi potrebbe riguardare un tentativo statunitense di avere un controllo più ravvicinato sull’Unione Europea in modo da prevedere, monitorare e contenere le minacce delle grandi potenze asiatiche da più vicino.

Qualunque sia il vero scopo del neo-eletto Presidente americano, la sicurezza e la difesa dell’Unione Europea sembrano messe in discussione: questa potrebbe essere un’ulteriore occasione per incentivare la realizzazione di una strategia difensiva e di politica estera congiunta che possa far convogliare le forze degli stati parte della comunità europea in direzione di un’indipendenza decisionale e di un atteggiamento di non soggiogazione allo stato Nordamericano.

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Chiara Croci

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