Democrazia in evoluzione: che cosa aspettarci dalle Elezioni Europee 2024

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  Alessandro Alloro
  24 gennaio 2024
  6 minuti, 25 secondi

Il 2024 non sarà soltanto l’anno delle elezioni americane, bensì sarà anche l’anno delle elezioni europee. Questo importante appuntamento che si tiene ogni cinque anni, coinvolgendo quasi mezzo miliardo di persone, è ritenuto uno degli eventi di maggior portata democratica al mondo e riguarda noi cittadini europei da vicino.

Un po’ di storia delle elezioni europee

Le elezioni del Parlamento europeo si tennero per la prima volta nella storia tra il 7 e il 10 giugno 1979 quando le Comunità europee esistevano già da una trentina d’anni. Inizialmente il Trattato di Parigi che istituiva la CECA del 1951 prevedeva all’art. 21 che l’Assemblea parlamentare fosse “composta di delegati che i Parlamenti sono chiamati a designare nel loro seno per un anno, o eletti a suffragio universale diretto, a seconda della procedura fissata da ciascuna Alta Parte Contraente”. La volontà di eleggere a suffragio universale il parlamento comunitario la troviamo anche nel seguente trattato, il Trattato di Roma del 1957 che dava vita alla Comunità Economica Europea. Il Trattato di Roma continua sulla stessa linea del precedente accordo internazionale che prevedeva la nomina dei parlamenti nazionali di alcuni delegati che avrebbero così conservato il doppio mandato di parlamentari nazionali ed europei. Tuttavia all’art. 138.3 si legge: “L'Assemblea elaborerà progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati Membri”. L’intenzione di mettere in atto questi progetti, tuttavia, fu frenata da personalità eminenti della scena politica europea di quegli anni, come il Presidente francese Charles de Gaulle, il quale si opponevano a tale iniziativa, preferendo conservare la carica del doppio mandato parlamentare. Questa scelta si avvicinava maggiormente all’idea dell’ “Europe des États” che aveva in mente lo statista francese. In seguito alla morte di de Gaulle, La Conferenza del vertice di Parigi tenutasi il 9 e 10 dicembre 1974 stabilì che si sarebbero dovute tenere elezioni dirette a partire dal 1978. Nel gennaio 1975 il Parlamento approvò un progetto di convenzione e la decisione e l'atto relativi all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea a suffragio universale diretto furono firmati a Bruxelles il 20 settembre 1976. Previa ratifica da parte di tutti gli Stati membri, l'atto entrò in vigore a luglio 1978 e le prime elezioni, come precedentemente menzionato, si tennero nell’estate del 1979.

Rendere davvero europee le elezioni del Parlamento europeo

Dal 1979 ad oggi le elezioni del Parlamento europeo sono state per lo più elezioni nazionali su larga scala in cui i governi nazionali hanno cercato di riconfermare la propria legittimazione politica. Tuttavia, negli ultimi anni il tema delle elezioni europee sta cercando faticosamente di farsi spazio nello scenario politico nazionale ed europeo affinché gli si dia il giusto peso politico che gli spetterebbe. Il Parlamento europeo, malgrado l’aumento dei suoi poteri nel corso degli anni, e sancito dal Trattato di Lisbona, che ne ha ampliato nuovamente i poteri, non è riuscito ancora a imporsi come un’istituzione realmente rappresentativa dei cittadini europei. Questo è imputabile principalmente alla mancanza di una leggere elettorale europea unica, all’assenza di veri e propri partiti politici europei, nonché all’impossibilità per il cittadino europeo di influenzare direttamente la nomina di un governo europeo e la scelta di un programma di legislatura che sia realmente europeo. Questa situazione è conseguente al fatto che le varie forze presenti all’interno del Parlamento europeo sono continuamente coinvolte in un processo di negoziati e di compromessi che impedisce ai candidati alle elezioni europee di fare delle promesse elettorali precise come avviene con i partiti politici nazionali. Inoltre, il Parlamento europeo manca di un potere che contraddistingue un vero e proprio parlamento, ovvero il potere di iniziativa legislativa. Infatti, un atto legislativo dell’Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i trattati non dispongano diversamente. È pertanto sotto gli occhi di tutti che la campagna elettorale per le elezioni europee è in realtà una campagna elettorale nazionale, condotta da partiti nazionali, basata su liste di candidati nazionali e non transnazionali, scelti da gruppi politici che non presentano veri e propri programmi alternativi ma solo manifesti alquanto privi di reali contenuti, spesso fortemente simili tra di loro, e che non sono ancora riusciti a proporre dei propri candidati alla carica di Presidente della Commissione europea, malgrado fosse già autorizzata in pratica tale scelta tramite la creazione della figura degli Spitsenkandidaten. Se si affermasse questa pratica, si andrebbe quantomeno a colmare la mancanza di un rapporto diretto tra la scelta elettorale del cittadino europeo e l’investitura di un governo europeo sostenuto da parte di una maggioranza politica solida e ben definita in seno al Parlamento europeo.

Le prospettive delle elezioni 2024

Le prossime elezioni europee si terranno tra il 6 e 9 giugno di quest’anno, ma quali sono le attuali prospettive? Secondo le proiezioni di metà gennaio di Euractiv in vista delle elezioni europee di giugno, i gruppi euroscettici al Parlamento Europeo, il Gruppo dell'Identità e della Democrazia di estrema destra (ID) e il Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR) si collocano al terzo e quarto posto rispettivamente, confermando il trend in ascesa delle ultime elezioni. Il Gruppo ID si conferma, infatti, come il terzo partito più votato tra gli Stati membri con il 12,5% e 93 seggi previsti. Il Gruppo ECR è la quinta forza in termini di seggi con 80 deputati europei previsti, ma è il quarto gruppo in termini di voto popolare con il 10,9%, appena sopra i Liberali di Renew Europe che ottiene il 10,3% e 84 seggi un calo di 24 seggi rispetto all’exploit avvenuto alle elezioni del 2019, dove ne conquistarono ben 108, risultato migliore degli ultimi decenni. Il Gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D), seconda forza parlamentare, si attesta intorno al 18,3%, arrivando a 143 contro i 154 delle precedenti elezioni. Il Partito Popolare Europeo (EPP) si conferma primo partito col 23.5% delle preferenze conquista 178 seggi perdendone soltanto 4. I Verdi/EFA limitano la loro caduta libera a 50 seggi dagli attuali 74 con soltanto il 6,8% dei voti. Infine, il Gruppo della Sinistra scende a 37 seggi rispetto ai 41 del 2019. Una maggioranza di blocco di destra composta da ID, ECR, EPP, più alcuni parlamentari che siedono tra le file dei non iscritti porterebbero a un’eventuale coalizione di destra a 367 seggi, più che sufficienti per poter avere una maggioranza in seno al Parlamento. Tuttavia, è improbabile che la “grande coalizione” composta da popolari, socialisti e liberali che ha governato l’Unione Europea negli ultimi anni si spezzi a favore di una coalizione di destra, che sbilancerebbe notevolmente gli equilibri europei.

Al momento non si sa ancora quali saranno i candidati di punta dei diversi gruppi parlamentari, anche se è molto probabile che per il PPE l’attuale Presidente della Commissione Ursula von der Leyen corra per un secondo mandato. Il Gruppo dei S&D dovrebbe, invece, puntare sull’attuale Commissario europeo per il lavoro, il lussemburghese Nicolas Schmit.
Terry Reintke, capo dei Verdi e eurodeputato tedesco, insieme all'eurodeputato olandese Bas Eickhout, l'ex candidata presidenziale lettone Elīna Pinto e la portavoce italiana dei Giovani Verdi europei, Benedetta Scuderi, dovrebbero essere i candidati per rappresentare il partito dei Verdi europei alle elezioni di giugno.

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Alessandro Alloro

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