Framing the World, Numero fII

Due settimane frenetiche

  Articoli (Articles)
  Redazione
  27 gennaio 2019
  26 minuti, 8 secondi

Il nostro bisettimanale torna ricco di novità per mantenervi aggiornati sui fatti del Mondo. Gli eventi si susseguono e i colpi di scena non mancano in una quotidianità segnata da cambi di fronte, conferme, scontri ma anche sviluppi positivi. Ancora una volta Diritti Umani, Economia Internazionale e Organizzazioni Internazionali accompagnano la nostra suddivisione dei continenti in sette aree geopolitiche da analizzare scrupolosamente. Gli sviluppi in Venezuela, l’ottimismo in merito all’economia britannica, le divisioni europee per il seggio del Consiglio di Sicurezza, le tensioni tra Israele e Iran sono solo alcuni dei temi proposti dal nostro team. Le crisi, sempre più numerose, continuano a governare le dinamiche degli affari internazionali mentre sporadiche e spesso solo temporanee si rivelano le intese. Il nostro obiettivo: cercare di fare chiarezza.


AFRICA SUB-SAHARIANA

Kenya, ferito da Al Shabaab. Attentato a Nairobi avvenuto il 15 Gennaio nel quale si riporta siano morte almeno 21 persone e 30 siano state ferite. L’attacco è stato scagliato da un gruppo di sei terroristi, è durato alcune ore e l’obiettivo è stato il complesso di lusso Dusit D2. Le ragioni sono motivate dalla lunga storia kenyota contro il gruppo terroristico radicato in un Paese che si trova al confine settentrionale. Infatti, dal 2011 le forze del Kenya sono intervenute più volte nel sud della Somalia prima per allontanare la minaccia e poi per promuovere la creazione della regione autonoma del Jubaland, diventando uno dei maggiori protagonisti delle ritorsioni.

Repubblica democratica del Congo, la decisione è stata presa. Permangono i dubbi sulla veridicità del voto del 30 Dicembre. Tuttavia, se inizialmente alcune maggiori istituzioni - Unione Africana (UA) e South African Development Community (SADC) con Paul Kagame (Rwanda) e Edgar Lungu (Zambia) presidenti - avevano chiesto tempo e un nuovo conteggio ora invece il candidato Felix Tshisekedi ha iniziato ad essere riconosciuto dai suoi pari (Cyril Ramaphosa e Uhuru Kenyatta, rispettivamente Sudafrica e Kenya, in primis), la Corte Costituzionale ha confermato i risultati e anche l’UA ha sospeso la propria richiesta. Giovedì 23 si è svolto il discorso di insediamento del nuovo presidente e si acclama la transizione pacifica: a Fayulu fino ad ora va riconosciuta la non mobilitazione della propria fazione.

Somalia, pressione sui terroristi. Gli States sembrano decisi a ridimensionare fortemente l’influenza di Al Shabaab, costola di Al Qaeda nel corno d’Africa. Secondo Acled Data sono 60 gli attacchi aerei compiuti da Gennaio 2018 che hanno provocati la morte di 450 militanti di cui più di 300 solo negli ultimi 3 mesi. Il tutto in un momento in cui gli USA passano il testimone al governo somalo per condividere le informazioni sui danni e le fatalità derivanti da ogni attacco. Questa pressione ha spinto il gruppo a compiere attacchi contro le forze somale, etiopi (paese con una forte presenza sul territorio sia attraverso missioni ONU che indipendenti) e infine contro la capitale del Kenya.

Sudan, crisi sempre più profonda. Potrebbe essere arrivata l’ora di Bashir, Presidente dal 1989, e ora sempre più isolato agli occhi degli attori internazionali e nazionali. Lui giudicato dalla International Criminal Court, il Paese che invece rientra nella categoria di sponsor del terrorismo; in aggiunta sanzioni e impossibilità di accesso ai fondi del FMI. L’allontanamento della sua persona sembra racchiudere tutti gli elementi che darebbero quantomeno un sospiro di sollievo all’economia del paese e alle condizioni della popolazione. Perdendo l’appoggio delle forze di sicurezza la possibilità potrebbe concretizzarsi e ciò che preoccupa è stata la richiesta di alcuni partiti islamisti, prima suoi alleati, di una soluzione di questo tipo.

Zimbabwe, la violenza aumenta. A scatenare la rivolta della popolazione è stato l’aumento del prezzo del carburante di oltre il 200%, 3.31$ per litro. Il Presidente Mnangagwa ha optato per una risposta severa da parte dell’apparato di sicurezza del Paese e il black out di internet (ora ristabilito). I numeri sono preoccupanti, il Zimbabwe Human Rights NGO Forum al 25 Gennaio ancora parlava di almeno 12 morti ma centinaia di persone coinvolte in arresti, violenza e scene di guerra civile. La polarizzazione è profonda, la popolazione non si è trattenuta da azioni di distruzione, saccheggio e violenza contro le forze dell’ordine che non si sono risparmiate nella risposta. Il Presidente ha invocato il dialogo tra tutte le parti in causa: cittadini, forze di polizia, leader dei partiti e autorità religiose.

Marcello Alberizzi


AMERICA

Brasile, le armi da fuoco per tutti. Il neo presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha firmato il decreto che facilita le procedure per possedere un’arma da fuoco legalmente. Intanto, il vicepresidente Mourao ha affermato che il Brasile riconosce la legittimità di Guaidò come presidente del Venezuela, ma non sosterrà alcun intervento militare nel paese perché tale azione non rientra nei piani di politica estera del governo.

Canada, il paese per i richiedenti asilo. Rahaf Mohammed al Qunun (di cui si è parlato nella scorsa pubblicazione) è arrivata il 12 gennaio in Canada. La diciottenne è scappata dalla sua famiglia saudita dopo essere stata minacciata di morte. Il Canada ha accettato la domanda di asilo. Il dipartimento dell’economia del governo canadese, intanto, annuncia che continueranno gli investimenti in Messico nel 2019 a sostegno dell’economia messicana.

Il primo ministro Justin Trudeau ha comunicato le dimissioni consensuali dell’Ambasciatore in Cina, John McCallum, senza specificare le motivazioni. Sembra che le motivazioni siano da ricondurre a delle dichiarazioni fatte sul caso Huawei, ma non vi è alcuna conferma da parte delle Istituzioni canadesi.

Colombia, la violenza è ancora presente. Il 17 gennaio un’autobomba è esplosa all’interno di un’accademia di polizia a Bogotà. L’Esercito di Liberazione Nazionale (Eln), che ha rivendicato l’attentato, è l’unico gruppo armato ancora attivo nel paese anche se nel febbraio 2017 era stata avviata una trattativa di pace che è stata sospesa nell’agosto dell’anno successivo in attesa che il gruppo armato cessi ogni azione violenta nel paese. Le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, meglio note come FARC, hanno deposto le armi e si sono trasformate in un partito politico in seguito al raggiungimento di un accordo con lo Stato.

Ecuador, la presenza di venezuelani. Il paese è caratterizzato da violenti scontri con la popolazione venezuelana che scappa dalla grave crisi che riguarda il loro paese. Il 19 gennaio una donna venezuelana incinta è stata uccisa davanti ad alcuni agenti, omicidio seguito da violenti rappresaglie xenofobe contro i cittadini venezuelani presenti nel paese. L’Ecuador è noto per un alto tasso di omicidi e di violenze sulle donne.

Messico, l’accoglienza umanitaria. Il presidente Andrés Manuel Lòpez Obrador ha autorizzato un’operazione di accoglienza umanitaria di migranti partiti dall’Honduras, concedendo un permesso valido per un anno (rinnovabile) che concede loro di poter lavorare, accedere al servizio sanitario e dell’istruzione e di avere vitto e alloggio per coloro che ne avessero bisogno.

Nicaragua e la libertà di stampa. Il giornalista Carlos Fernando Chamorro, direttore di Confidencial si trova in esilio in Costa Rica per continuare a svolgere il suo lavoro informando e documentando sul regime di Daniel Ortega. In Nicaragua i giornalisti Miguel Mora e Lucia Pineda Ubau si trovano da oltre un mese in carcere per aver svolto professionalmente e indipendentemente il lavoro di giornalisti. L’Unione europea condanna la brutale repressione del regime di Ortega, ritenendo l’azione un attacco alla democrazia, ai diritti umani, alle libertà civili che aggrava la crisi sociale e politica. ll presidente del parlamento europeo Antonio Tajani ha annunciato che faranno seguito le sanzioni contro la dittatura del Nicaragua. Il regime di Ortega è sostenuto solo da Bolivia, Cuba, Corea del Nord e Venezuela.

Panama, la giornata mondiale della gioventù. All’arrivo a Panama, nei giorni in cui la situazione in Venezuela è precipitata, Papa Francesco ha espresso la sua vicinanza a tutti i familiari delle vittime. Segue l’evolversi della situazione, sostenendo una transizione pacifica e democratica grazie anche al lavoro che la Santa Sede svolge tramite i vescovi e i parroci locali.

Stati Uniti d’America, sostengono la presidenza Guaidò. Il Pentagono e il Dipartimento di Stato stanno cercando di fare maggiori pressioni sulle forze armate venezuelane, che tuttora sostengono il presidente Maduro, per abbandonare il regime. Intanto, il Segretario di Stato, ha comunicato che l’Ambasciata statunitense a Caracas rimane aperta e incrementa i contatti con il neo-presidente Guaidò.

Lo shutdown degli Stati Uniti d’America
. Una manovra per investimenti per la sicurezza esterna del paese che incrementa l’insicurezza interna. Penitenziari caratterizzati da un forte pericolo di evasione dei detenuti. Controlli diminuiti e molti agenti federali in malattia. La mancata retribuzione del personale federale, ad eccezione dei parlamentari, sta avendo un risvolto drammatico nel paese.

“Il vero nemico in Medio Oriente è l’Iran”, così si esprime il Segretario di Stato Mike Pompeo durante il discorso a Il Cairo. Gli Stati Uniti ritengono responsabile l’Iran delle attività di Assad in Siria e di Hezbollah in Libano.

Venezuela, il paese tra due presidenti. Il 23 gennaio Guaidò si è autoproclamato presidente ad interim. Ha invocato un emendamento costituzionale che consente al capo della legislatura di guidare un governo provvisorio fino quando non si possano tenere nuove elezioni. La Comunità internazionale si è divisa schierandosi con il presidente Maduro o con il neo presidente ad interim (si rimanda alle varie sezioni per una lettura più completa delle prospettive secondo ogni paese). Intanto in Venezuela continuano le proteste e le repressioni della polizia e dei militari che non smettono di sostenere il Presidente Maduro.

Michele Pavan


ESTREMO ORIENTE


Malesia, nuovo Sultano al trono. Abdullah ha giurato diventando Re del Paese lo scorso giovedì, sostituendo il predecessore Muhammad V che aveva abdicato suscitando grande scalpore dopo soli due anni di mandato. In Malesia il Sultano rimane in carica per cinque anni venendo sostituito in un sistema a rotazione unico nel suo genere. Si tratta infatti di un sistema elettorale in cui i Nove sovrani di altrettanti Stati Malesi nominano uno tra di essi che formano la Conferenza dei Regnanti. Gli altri quattro Stati (sono 13 in totale) invece prevedono un governante.

Filippine, tra referendum e terrorismo. Il Paese vive da quasi cinquant'anni duri scontri tra la maggioranza cristiana e la minoranza musulmana. Questa settimana la regione del Mindanao, la maggiore isola nel sud, ha visto prima (Lunedì scorso) l’approvazione del referendum per ottenere uno statuto autonomo rispetto allo Stato; poi (Domenica) l’attentato terroristico che ha colpito una chiesa Cattolica nella città di Jolo uccidendo almeno 20 persone e ferendone oltre 100. La città aveva rifiutato il referendum e l’ISIS ha reclamato la responsabilità nel tardo pomeriggio di ieri. Il governatore regionale Hataman si è detto prudente sul legare i due eventi da un nesso causale.

Nord Corea, secondo storico incontro. La Casa Bianca ha annunciato che vi sarà un secondo incontro alla fine del mese di Febbraio tra il Presidente americano e il dittatore nord coreano. Sono trascorsi più di sette mesi dal 12 giugno, giorno in cui Trump aveva ottenuto una grande vittoria diplomatica e questa notizia sembra continuare a confermare la politica avviata e il successo ottenuto nei confronti dello “stato canaglia”. Le fonti del governo tuttavia confermano che le sanzioni continueranno a essere applicate ma che c’è un buon grado di ottimismo sulla direzione delle trattative.

Marcello Alberizzi


EUROPA CENTRO-OCCIDENTALE E UNIONE EUROPEA

Germania e Spagna: situazione in Venezuela. Il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, in conferenza stampa afferma che il governo tedesco sta valutando di riconoscere il presidente del parlamento venezuelano Juan Guaidò come capo di Stato del Venezuela. Seibert dice: “Maduro non può pretendere di essere presidente dal momento che le ultime elezioni non hanno soddisfatto gli standard democratici, l'auspicio è che l'Europa parli a una voce su questa crisi democratica ed economica catastrofica". Anche l’Unione Europea ha iniziato a muoversi, infatti sono in corso molti contatti tra i diversi governi europei e Federica Mogherini, alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. La Spagna ha comunicato Venerdì 25 Gennaio di riconoscere Guaidò come presidente legittimo del Venezuela se Maduro non convocherà delle libere elezioni. Infatti il ministro degli Esteri ha detto "Se non esiste la volontà del regime venezuelano a procedere alla convocazione di elezioni, noi solleveremo l'adozione di altre misure, tra le quali anche il riconoscimento di Guaidò come capo di Stato ad interim".

Finlandia, un nuovo modello di Stato. L’ex premier finlandese Alexander Stubb afferma che la globalizzazione ha fallito nel redistribuire la ricchezza, il modello nordico è la risposta. Il modello nordico significa un mondo sociale e non più capitalista, nel quale si possono mitigare i movimenti populisti. Il sistema nordico è un sistema che ha come scopo la riduzione delle diseguaglianze sociali tramite un sistema normativo che garantisce diritti e servizi sociali ed è orientato alla promozione della mobilità sociale e alla meritocrazia. Lo Stato si prende cura della persona in tutto l’arco della sua vita e i governi dei paesi scandinavi mettono in una posizione centrale i propri cittadini.

Turchia e i rapporti con l’UE. Erdogan ritiene che l’Unione Europea non mantenga le promesse fatte alla Turchia inerenti alla questione migratoria. Poiché nell’accordo del 2016 venivano promessi 6 miliardi alla Turchia, mentre l’Unione Europea ne ha dati solo ¼. L’accordo del 2016 prevedeva inoltre la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, per i profughi siriani che vengono rimandati in Turchia dalle isole greche un altro siriano verrà trasferito dalla Turchia all’Unione Europea attraverso canali umanitari e i migranti sulla rotta balcanica saranno rimandati in Turchia se non presenteranno domanda d’asilo presso le autorità greche. Quest’ultima misura è stata necessaria per porre fine alle sofferenze umane e avrebbe dovuto ripristinare l’ordine.

Martina Oneta


EUROPA CENTRO-ORIENTALE E RUSSIA

Russia

Il missile Novator e i dubbi sul Trattato INF. la Russia ha svelato il nuovo missile 9M729 Novator, appartenente all’ultima generazione dei sistemi missilistici da crociera Iskander-M. Gli Stati Uniti, che non hanno partecipato all’evento di presentazione, considerano il nuovo gioiello di Mosca non compatibile con i limiti imposti dal Trattato INF, per l’eccessiva autonomia di 5500 km; desta sempre preoccupazione l’oblast di Kaliningrad, che, se armato con tali missili, potrebbe aumentare la vulnerabilità dell’Europa occidentale. Il Ministero della Difesa russo ha invece affermato la compatibilità con il Trattato.

Per la Russia, Maduro rimane il legittimo leader del Venezuela. in una nota del Ministero degli Esteri, la Russia ha affermato che continuerà a riconoscere Maduro come legittimo Presidente del Venezuela, dichiarando che l'auto-proclamazione al potere di Juan Guaidó costituisce una pericolosa “interferenza straniera” nel paese, e che tale evento potrebbe portare il Venezuela nel caos di una sanguinosa guerra civile. Per la Russia, il sostegno a Maduro rimane un simbolo di riconoscimento dell’importanza strategica del paese per Mosca.

Europa centro-orientale

Ucraina, verso le elezioni. Yulia Tymoshenko, ex leader della Rivoluzione Arancione del 2004, ha comunicato di volersi candidare per le prossime elezioni del 2019; una candidata molto favorevole a una Ucraina nella NATO e nell’Unione europea e schierata contro le politiche di Mosca, decisa a riprendersi il controllo della regione separatista del Donbass. Questo è il paese che la Tymoshenko ha annunciato di voler portare a tutti i cittadini. La candidata ha già ricevuto diversi appoggi, tra cui quello dell’ex Presidente georgiano Mikheil Saakashvili.

Yanukovich condannato per alto tradimento. Un’altra notizia importante giunge dall’Ucraina. L’ex Presidente ucraino Viktor Yanukovich, fuggito in Russia dopo gli eventi del 2014, è stato condannato per “alto tradimento” da un tribunale di Kiev. La condanna è stata motivata dalle azioni dell’ex Presidente che hanno portato a minacciare la sicurezza nazionale ucraina, una sorta di “complicità” con le azioni di Mosca verso l’integrità territoriale del paese.

Kosovo e Serbia, ancora tensioni su dazi. il Primo Ministro del Kosovo Ramush Haradinaj ha affermato la volontà di mantenere il 100% dei dazi doganali contro la Serbia e la Bosnia Erzegovina. Una grossa preoccupazione sia per Bruxelles, che teme un continuo peggioramento del già difficile dialogo tra Pristina e Belgrado; infatti, il premier serbo Vučić ha continuato ad affermare le forti posizioni della Serbia in merito al non riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. Forse, solo una mediazione delle grandi potenze, in primis Mosca e Washington per la loro influenza nei Balcani, riusciranno a far sbloccare l’impasse.

Macedonia, finalmente l’accordo storico. Il Parlamento greco ha approvato l’accordo bilaterale tra il Premier greco Tsipras e quello macedone Zaev per la modifica del nome della Macedonia in “Repubblica della Macedonia settentrionale”. Un accordo storico che pone fine a un conflitto culturale durato quasi 30 anni, e che metterà fine alla forte opposizione greca per l’ingresso della Macedonia nella NATO e nell’Unione europea.

Andrea Maria Vassallo


MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA (MENA)

Siria, cosa rimane dello Stato islamico? La settimana scorsa l’Isis ha perpetrato un attacco suicida contro una pattuglia della coalizione internazionale (a guida Usa) a Manbji, località a nord-est di Aleppo controllata dalle forza arabo-curde. Il bilancio dell’attentato è di una ventina di vittime, tra cui 4 soldati americani. Tale azione rischia di compromettere la recente scelta di Trump di smobilitare le sue truppe dal teatro siriano e fomenta, pertanto, le tensioni e le agitazioni locali. Rispetto all’accaduto, il vice-presidente Mike Pence ha commentato che gli Usa impediranno allo Stato islamico (ormai crollato) di riorganizzarsi e riprendere il controllo dei territori. Ulteriori rassicurazioni sono arrivate dai vertici delle Syrian Democratic Forces (SFD - alleate degli States), che hanno dichiarato l’imminente conclusione della battaglia contro i miliziani di Daesh nel sud-est della Siria. “Penso che nel prossimo mese annunceremo ufficialmente la fine della presenza militare di questo cosiddetto Califfato”, ha sancito Mazloum Kobani, comandante delle SDF.

Israele non si nasconde più dietro ai suoi attacchi in Siria.
Il 21 gennaio l’aviazione israeliana ha condotto un esteso raid contro una serie di obiettivi militari della forze iraniane Quds (i pasdaran). L’attacco è avvenuto in risposta al lancio di un missile terra-terra iraniano diretto verso le alture del Golan - intercettato dal sistema anti-missile Iron dome. Nelle ultime settimane Tel-Aviv ha chiaramente incrementato il livello del suo impegno militare in Siria contro l’Iran. In più, mentre nei mesi precedenti gli attacchi contro le istallazioni (o coinvogli) iraniani erano perpetrati segretamente e non venivano confermati, il raid sopracitato è stato rivendicato apertamente tramite una comunicazione ufficiale (fatto del tutto inedito).
L’abbandono della tradizionale opacità che aveva contraddistinto gli strike dell’aviazione israeliana rappresenta un chiaro segnale che Tel-Aviv vuole lanciare a Teheran: Israele continuerà a configurarsi come attore preponderante in Siria (in termini di capacità offensiva e deterrenza) nonostante il ritiro dei loro alleati americani.

Afghanistan, tra attentati e negoziati.
Storicamente, lo stato afghano ha sempre avuto un’enorme valenza per il panorama jihadista: è proprio qui che sono sorte ideologie e indirizzi strategici che hanno influenzato l’Islam armato, ed è qui che si sono formati alcuni tra i combattenti (e teorici) più rinomati nella galassia del radicalismo islamico. Attualmente, l’Isis è operativo in Afghanistan con la sua branca locale Wilayah Khorasan. Tuttavia, la presenza del Califfato passa in secondo piano se consideriamo il peso dei Talebani, lo storico gruppo dell’insorgenza afghana. Questi sono responsabili dell’attacco del 21 gennaio contro una base militare non distante da Kabul, che ha provocato decine di morti - più di 100 come riferito da alcune fonti locali. Nonostante l’attentato, in Qatar sono in corso una serie di colloqui tra funzionari americani e le fazioni del gruppo terroristico afghano. Secondo quanto reso noto dai talebani, il 26 gennaio le due parti hanno sottoscritto una bozza di accordo per porre tregua al conflitto in Afghanistan (alcuni delegati dei Taliban hanno fatto filtrare i primi dettagli dell’accordo, non confermati ma nemmeno smentiti dalla diplomazia americana).

Rivalità e amicizie della Turchia. La prospettiva del ritiro delle truppe statunitensi dal nord-est della Siria ha alimentato il livello delle tensioni in loco: nelle ultime settimane, Ankara ha rafforzato l’intensità delle sue minacce contro le milizie curdo-siriane delle YPG - accusate di sostenere il PKK. In riferimento alla vicenda Kashoggi, le contrapposizioni tra Turchia e Arabia saudita non si sono ancora appianate. Inoltre, l’ONU ha deciso di intraprendere una missione indipendente in merito all’uccisione del giornalista saudita dissidente. Gli esperti internazionali si recheranno la prossima settimana in Turchia per condurre le indagini. Per quanto concerne la questione venezuelana, Erdogan si è espresso a favore di Maduro. “Fratello Maduro, tieni la testa alta, la Turchia è al tuo fianco”- ha detto Il presidente turco durante un colloquio telefonico con il suo omologo venezuelano.

Vincenzo Battaglia


OCEANIA

Australia, il governo può chiedere di decriptare gli smartphone alle case di produzione. Così si esprime la nuova legge in vigore nel Paese. Apple si è schierata contro la manovra, come già fatto in occasione dell’attentato a San Bernardino (USA) nel 2015, perché la decriptazione di un dispositivo metterebbe a repentaglio la sicurezza di altri dispositivi diventando, così, un problema per milioni di utenti.

Il caldo in Australia ha raggiunto temperature mai registrate sino ad ora, causando incendi boschivi, numerosi morti tra la fauna selvatica e un incremento dei ricoveri ospedalieri.

Michele Pavan


DIRITTI UMANI

Angola. Con l’adozione del nuovo codice penale, il 23 gennaio l’Angola ha finalmente depenalizzato l’omosessualità, prima definita ai sensi della legge come un “vizio contro natura”. Il governo ha inoltre proibito ogni tipo di discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, pena due anni di reclusione. “Il caso dell’Angola rappresenta un passo importante verso un mondo più eguale”, ha dichiarato Human Rights Watch, “gli altri 69 stati al mondo che ancora penalizzano l’omofobia seguano il suo esempio”.

Egitto. Tre anni fa, il ricercatore italiano di 28 anni Giulio Regeni spariva nel nulla a Il Cairo. Il suo corpo, esanime e irriconoscibile per le torture subite, è stato ritrovato il 3 febbraio nella periferia della città. Da allora, le autorità italiane non hanno mai smesso di indagare. Ad oggi, il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaicco hanno individuato cinque nomi: tutti agenti dei servizi segreti e della polizia egiziana sospettati di aver avuto un ruolo nel rapimento del ragazzo italiano. La procura del Cairo, tuttavia, si è rifiutata di collaborare con le autorità italiane. Regeni era in Egitto a svolgere attività di ricerca per la sua tesi di dottorato sui sindacati del paese.

Mali. Migliaia di ragazze nigeriane scomparse sono state ritrovate in Mali dall’agenzia nigeriana antitratta. Secondo quanto riportato dall’agenzia, infatti, sarebbero state ritrovate tra le 20.000 e le 45.000 ragazze, la maggior parte delle quali vendute come schiave del sesso. Molte di loro sono state rapite per strada mentre andavano a scuola, altre sono state ingannate con proposte di lavoro fasulle. L’agenzia sta ora lavorando per riportare a casa le ragazze ritrovate. La Nigeria purtroppo non è nuova a questi avvenimenti: dal 2014 ad oggi, più di 2000 giovani sono state rapite da Boko Haram e usate come schiave del sesso, combattenti o addirittura attentatrici suicide. Lo stesso accade purtroppo alla maggior parte delle donne nigeriane migranti: secondo uno studio di Amnesty International, l’80% delle donne nigeriane arrivate in Italia è vittima di sfruttamento sessuale.

Mediterraneo. Il 19 gennaio un barcone su cui si trovavano 120 persone è affondato davanti alle coste libiche. Solo 3 persone si salvarono grazie all’intervento di un elicottero della Marina Militare Italiana. I sopravvissuti sono stati recuperati dopo tre ore che erano in acqua in condizioni di ipotermia e sono stati trasportati all’ospedale di Lampedusa. Dopo essersi ripresi, hanno raccontato delle violenze subite in Libia e hanno dichiarato “meglio morire che tornare in Libia”. Poco dopo, altri 53 migranti sono morti in un secondo incidente nel tratto di mare tra Marocco e Spagna. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha chiesto agli stati di intervenire al fine di prevenire ulteriori morti nel Mediterraneo, e di evitare il rimpatrio dei migranti in Libia.

Mediterraneo. Nel suo report di 70 pagine “‘No Escape from Hell’: EU Policies Contribute to Abuse of Migrants in Libya”, Human Rights Watch ha accusato l’Europa di ignorare volontariamente il ciclo di violenze perpetuate contro i migranti in Libia. In particolare, il supporto mostrato dall’Unione Europea e soprattutto dall’Italia alla Guardia Costiera libica contribuisce secondo la ong all’intercettazione dei migranti e alla loro detenzione arbitraria in condizioni inumane e degradanti. In risposta, la Commissione Europea ha dichiarato che il dialogo europeo con la Libia verte su principi umanitari e sul rispetto dei diritti umani.

Marta Stroppa


ECONOMIA E FINANZA INTERNAZIONALE

Cina, Germania e Italia. Diffusi i dati sull’economia cinese nel quarto trimestre e sembrano positivi: import +7% ed export +12%. Ma le borse asiatiche reagiscono negativamente perché analizzando nel dettaglio si capisce che il segno positivo è dovuto alle imprese che hanno anticipato vendite/acquisti per evitare futuri aumenti dei dazi commerciali. Il solo mese di dicembre infatti rivela importazioni in calo del 7.6% ed esportazioni del 4.4%. Ripercussioni immediate colpiscono il più importante partner commerciale della Cina, la Germania, che vede dimezzarsi la crescita attesa nel 2019 dal 1.9% all’1%. Colpita di riflesso anche l'Italia, il cui export è dipendente in buona misura dalla buona performance dei mercati cinesi e tedeschi: a dicembre l’export è in calo del 5.6%. Data la rilevanza delle esportazioni, che contribuiscono al 26% del PIL), è attesa una recessione tecnica (due trimestri consecutivi con crescita negativa) per l'anno 2018 e la previsione di crescita per il 2019 è stata abbassata a 0.6%.

Regno Unito
. Theresa May è stata sconfitta nel voto parlamentare del 15 gennaio che avrebbe dovuto approvare il piano per la Brexit, ma nonostante la deadline del 29 marzo sia sempre più vicina e la possibilità di un'uscita senza accordo incomba minacciosa, le borse sembrano non prestare molta attenzione e proseguono in un trend rialzista. L’ottimismo è giustificato dal FMI che rivede al rialzo la crescita britannica, dall’occupazione ai massimi storici e dalla sterlina ai massimi da due mesi a questa parte.

Stati Uniti. Dall’altra parte dell’Atlantico, lo shutdown del governo federale, il più lungo della storia con i suoi 34 giorni, è giunto finalmente al termine, anche se solo fino al 15 febbraio, in attesa di un accordo permanente. Le tensioni politiche, sommate alle già presenti tensioni commerciali, hanno provato a trascinare al ribasso i mercati ma sono state contrastate dai risultati trimestrali, pubblicati tra metà gennaio e metà febbraio. Di questi fattori a prevalere sono state, sorprendentemente, le performance delle società quotate a Wall Street poiché a discapito della rilevanza politica, lo shutdown ha avuto un impatto trascurabile, circa 0.02% del PIL secondo UBS. I buoni risultati del settore bancario, nonostante le attese negative dovute al rialzo dei tassi di interesse, e del settore industriale spingono Wall Street e le fanno guadagnare più del 7% dall’inizio dell’anno.

John Bogle. È morto giovedì 16 gennaio a 89 anni John “Jack” Bogle, il leggendario creatore del fondo d’investimento The Vanguard, primo index fund a “tracciare” l’andamento generale dei mercati. The Vanguard è diventata una delle maggiori società d’investimento, con circa 5100 miliardi di dollari di assets sotto gestione. Il premio Nobel per l'economia Paul Samuelson disse che “la sua invenzione è paragonabile a quella della ruota, del formaggio, del vino e dell'alfabeto.” Jack è stato un personaggio anomalo nel panorama di Wall Street, dato che Vanguard è una società senza fini di lucro, poiché restituisce tutti i profitti ai propri investitori. Proprio questa caratteristica gli era valsa l’accusa di essere “un-American”, prima che fosse finalmente riconosciuto come la persona che democratizzò la finanza.

Jeff Bezos
(Amazon), attualmente l’uomo più ricco del mondo con un patrimonio stimato in 137 miliardi di dollari, rischia di uscire malconcio da quello che potrebbe essere il divorzio più costoso della storia. Bezos, infatti, al momento del matrimonio non era nemmeno milionario e non aveva firmato alcun accordo pre-matrimoniale. La legge dello stato di Washington, dove risiede, prevede in questi casi la divisione in parti uguali del patrimonio accumulato durante il matrimonio, per l’appunto 68.5 miliardi di dollari. Questa cifra farebbe di MacKenzie Tull la donna più ricca al mondo e il quarto individuo nella classifica dei paperoni. La conseguenza più importante è però il fatto che Bezos potrebbe perdere metà di quel 16% delle azioni di Amazon che gli consente di controllare la società: scendendo all’8% infatti il fondo Vanguard con il 6% di equity porrebbe una seria sfida al controllo della società più capitalizzata al mondo.

Siamo (quasi) tutti l’1% percento
. Lunedì 21 gennaio OXFAM ha diffuso l’annuale rapporto sulle disuguaglianze economiche e anche nel 2018 il mondo è diventato più ineguale. I 26 uomini più ricchi del mondo possiedono infatti la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione (3.8 miliardi di persone) mentre nel 2017 e nel 2016 erano rispettivamente i 46 e i 61 più ricchi a possedere tale ricchezza. Anche l’Italia rientra nel trend, con il 5% più ricco della popolazione che possiede una ricchezza pari a quella del 90% più povero, ovvero il 43.7% della ricchezza nazionale netta. Ma le situazione è più complicata di quanto non appaia. Infatti nel 2018 per appartenere all’1% delle persone più ricche al mondo è “bastato” guadagnare un reddito (lordo) di 28360 euro, una cifra alla portata di (quasi) tutti nei paesi occidentali e che ci deve far riflettere, anche solo da un punto di vista numerico, sulla dimensione della disuguaglianza nella distribuzione delle risorse economiche.

Leonardo Aldeghi


ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

ONU - Nazioni Unite. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani invierà questa settimana personale tecnico per il controllo degli atti di violenza e razzismo segnalati nei confronti di migranti e individui di origine africana e rom.

Il presidente Nicolas Maduro ha inviato il ministro degli esteri Jorge Arreaza a parlare durante la riunione del Consiglio di Sicurezza che riguarda proprio la crisi venezuelana. Il Rappresentante permanente della Federazione Russa si è schierato a sostegno del Venezuela, specificando che non vi è un contesto di pericolo per la stabilità internazionale. Il Rappresentante russo ha fatto l’esempio della Francia dei gilet gialli, indicando che riguarda problematiche interne dello Stato e non vi devono essere ingerenze negli affari interni di Stati terzi. Gli Stati Uniti, invece, come molti altri Paesi si sono già schierati a favore del neo-presidente Guaidò, pronti a sostenere nuove elezioni e supporto economico per la crisi umanitaria, alimentare e sanitaria che si sta verificando.

Riemerge il tema del seggio dell’Unione Europea presso il Consiglio di Sicurezza. L’Italia rievoca la necessità di un seggio dell’Unione, mentre Francia e Germania ritengono fondamentale un seggio per i due stati: la Francia è già presente mentre la Germania indica il raggiungimento del seggio come una priorità per il paese.

OSA - Organizzazione degli Stati Americani. I Paesi membri di questa Organizzazione, sono stati invitati dal Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America Mike Pompeo, a riconoscere la presidenza Guaidò, come hanno già fatto Ecuador e i paesi del “Gruppo Lima”: Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Paraguay e Perù.

NATO - Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico. Il Presidente dell’Albania ha accolto con favore la costruzione della prima base aerea dell’Alleanza nel paese presso l’aeroporto militare di Kuchova. In Georgia, invece, l’alleanza intensifica la cooperazione con le forze navali georgiane nel Mar Nero a causa della presenza militare russa.

Framing the world un progetto ideato e creato grazie alla collaborazione di un team di associati di Mondo Internazionale.

Andrea Maria Vassallo: Europa Orientale e Federazione Russa
Camilla Frezza: Sud-Est Asiatico
Leonardo Aldeghi: Economia e finanza internazionale
Marcello Alberizzi: Africa Sub-sahariana
Marta Stroppa: Diritti Umani
Martina Oneta: Europa Centro-Occidentale ed Unione europea
Michele Pavan: America, Oceania ed Organizzazioni Internazionali
Stefano Sartorio: Asia ed Estremo Oriente
Vincenzo Battaglia: Medio Oriente e Nord Africa


Indirizzo Postale dell'Editore: Gallarate, Via Marco Polo 31, 21013

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Economia