I problemi strutturali dell'economia cinese

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  Redazione
  25 ottobre 2024
  6 minuti, 35 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale Post

I deludenti numeri del PIL (prodotto interno lordo) cinese degli ultimi tempi mostrano che la crescita economica cinese è rallentata in termini reali al 4,75% dal precedente tasso di crescita economica annuale pari al sette-otto% registrato nel decennio 2010. Questo dato economico è divenuto un campanello d'allarme per i decisori della politica economica cinese. Ed è interpretato dagli analisti come una conferma che l'economia cinese attraversa un periodo di seria difficoltà e che il suo modello di crescita economica ha ormai superato i giorni più credibili e positivi del suo passato. A meno che il governo cinese non introduca importanti riforme economiche, stavolta strutturali, che incoraggino in maniera duratura la spesa dei consumatori interni, la Cina potrebbe vivere un prossimo decennio di crisi economica. Ciò potrebbe avere riflessi importanti e negativi sulle prospettive economiche mondiali, dato che Pechino è tuttora la seconda economia più grande al mondo e fino a poco tempo fa costituiva il principale motore della crescita economica mondiale, nonché il suo principale consumatore di materie prime di valenza strategica internazionale.

Quali le cause ?

Gli analisti intravedono una delle cause principali degli attuali problemi economici della Cina nel modello economico altamente sbilanciato che il governo comunista monocratico ha perseguito negli ultimi 30 anni. Infatti, Pechino ha fatto eccessivo affidamento non solo sugli investimenti in generale e su quelli immobiliari in particolare per guidare la crescita economica. È anche diventata eccessivamente dipendente dalle massicce esportazioni e in aggiunta da una fornitura costante di manodopera a basso costo proveniente dal suo settore agricolo.

Una misura che evidenzia ulteriormente lo stato di squilibrio dell'economia cinese è il fatto che gli investimenti rappresentano fino al 42 percento dell’intero prodotto interno lordo (PIL). Ovvero rappresenta circa il doppio dell’analogo tasso vigente nelle economie più avanzate, dando origine a un importante problema di eccesso della propria capacità produttiva.

Con la domanda interna delle famiglie incapace di assorbire completamente la produzione manifatturiera nazionale, la Cina Popolare è diventata fortemente dipendente dai mercati esteri che attualmente assorbono il suo notevole surplus manifatturiero.

Ciò avrebbe potuto avere un senso in passato allorché la Cina era una piccola economia sottosviluppata con una sostanziale impronta economica internazionale limitata. Ma, ora che la Cina è diventata una forte potenza industriale, il suo desiderio di esportare per equilibrare il suo problema di eccesso di capacità produttiva sta incontrando una crescente resistenza sia negli Stati Uniti che nei paesi europei.

La bolla immobiliare

Un'altra misura dello stato sbilanciato dell'economia cinese è la dimensione della bolla immobiliare e del mercato del credito che ha creato. Secondo i dati elaborati dall’Università di Harvard, l'edilizia abitativa costituisce ora circa il 30 percento dell'economia cinese. Ciò equivale a circa una volta e mezza la quantità vigente in altre economie industrializzate.

Nel frattempo, secondo la Banca dei regolamenti internazionali, dal 2008, il credito al settore privato cinese è aumentato di circa il 100 percento del PIL. Quel tasso di espansione del credito è maggiore di quello che ha preceduto il decennio economico patito dal Giappone negli anni '90 e di quello che ha preceduto il crollo del mercato immobiliare e del credito subprime (finanziamenti erogati a clienti ad alto rischio di insolvenza), degli Stati Uniti nel 2008. Ora c'è la dimostrazione più evidente che la bolla del mercato immobiliare e del credito finanziario cinese è palesemente scoppiata: i prezzi delle case sono in sensibile calo da un anno, si stima affidabilmente che 65 milioni di unità abitative siano vuote, una serie di grandi costruttori immobiliari, tra cui Evergrande, sono inadempienti sui prestiti e numerosi quanto ambiziosi progetti immobiliari sono stati del tutto abbandonati.

Gli attuali e deboli numeri relativi all’entità della spesa dei consumatori cinesi suggeriscono che l'edilizia abitativa è diventata un freno importante gravante sulla fiducia offerta e percepita dai consumatori.

Cosa riserva il futuro ?

A gettare un'ulteriore nube oscura sulle prospettive di crescita economica a lungo termine della Cina sono la scarsa demografia, la situazione problematica delle finanze dei suoi governi locali e il peggioramento della quantità e qualità delle relazioni commerciali con gli Stati Uniti. La popolazione cinese si sta riducendo e il cambiamento demografico finirà per danneggiare l’economia, ridurre la forza lavoro occupata e mettere sotto pressione il ricavo finale della politica fiscale.

Secondo le stime raccolte finora e valutando i dati sulla popolazione mondiale pubblicati dalle Nazioni Unite, la popolazione cinese in età lavorativa diminuirà così marcatamente nel corso del prossimo decennio che l’economia nazionale dovrà affrontare un calo dell′1% o più della crescita del PIL, ogni anno per i prossimi 10 anni. Il conseguente aumento della pressione fiscale derivante dall’invecchiamento medio diventa invece immediata e preoccupa non poco i governanti e gestori economici.

Va da sé che ogni crescita economica dipende dall’entità della produttività, dall’accumulazione di capitali vari per gli investimenti produttivi ed i servizi sociali a vantaggio della popolazione e dalla qualità degli input di lavoro occupazionale. Secondo gli studiosi di economia, l’effetto negativo di un panorama demografico di segno avverso si manifesterà principalmente attraverso una forza lavoro obbligatoriamente in calo. L’aumento dell’età pensionabile è una delle poche soluzioni praticabili per poter mantenere l’equilibrio fiscale a lungo termine.

Secondo i rapporti economici sviluppati in sede internazionale, se l’età pensionabile venisse aumentata a 65 anni entro il 2035, il deficit del bilancio pensionistico potrebbe essere ridotto del 20% e la pensione netta ricevuta potrebbe essere aumentata del 30%, il che suggerisce un alleggerimento dell’onere sia per il governo che per le famiglie.

L’incidenza della natalità

I tassi di natalità stanno mediamente diminuendo in tutto il mondo perché le donne scelgono di avere figli più tardi o di non averli affatto. Come risultato della passata politica nazionale intesa a limitare la propria famiglia al “figlio unico”, la forza lavoro cinese sta oggi di conseguenza diminuendo e continuerà a esserlo ad libitum se non verrà posto rimedio. Allo stesso tempo, i governi locali (regionali e provinciali) sono sovraindebitati e le loro riscossioni delle imposte sulla proprietà stanno diminuendo.

Le barriere commerciali

Nel frattempo, ci sono tutte le prospettive che la Cina dovrà affrontare verso le maggiori barriere commerciali poste soprattutto dagli Stati Uniti, a prescindere dal candidato che vincerà le elezioni presidenziali di novembre. Oltre a non aver ritirato i dazi sulle importazioni cinesi di Trump, il presidente Biden ha imposto un dazio del 100% sulle auto elettriche provenienti dalla Cina e l’ha aumentato anche su altri prodotti di importanza strategica.

Da parte sua, Trump ha indicato che, qualora venisse eletto, imporrà un dazio del 60 percento su tutte le esportazioni cinesi negli USA. Tutto ciò mette il governo cinese in una posizione poco invidiabile per riuscire gestire lo scoppio della bolla che sarà epica del mercato immobiliare e del credito del paese. Pechino sa che inondare il mercato con maggiore liquidità di denaro magari ricorrendo al “pump priming” fiscale non farà che aumentare il problema dell’intero debito del paese anche nel lungo termine. La Cina deve anche sapere che nell'attuale contesto economico internazionale, sarebbe come giocare pericolosamente col fuoco se cercasse di promuovere le esportazioni per dare una scossa all'economia cinese.

Da molto tempo ormai, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) sollecita i decisori politici economici cinesi a intraprendere riforme strutturali di vasta portata per migliorare la rete di sicurezza sociale sfruttandola come strumento per aumentare i consumi delle famiglie. Se attuate senza politiche populiste ma con equilibrio e forza, tali riforme potrebbero consentire alla Cina di sfuggire al passato ed analogo destino del Giappone di un decennio economico sicuramente perduto. Attualmente, ci sono pochi segnali che il governo del Presidente Xi si stia muovendo in questa direzione.

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