Il cambio di rotta di Pechino

Dalla chiusura totale ad una repentina apertura: il governo di Xi fa retromarcia

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  Riccardo Carboni
  05 gennaio 2023
  3 minuti, 58 secondi

Se fino a qualche mese fa la Cina si presentava come avanguardia nella lotta al Covid-19 nonostante le forti critiche alle misure estremamente stringenti, oggi la situazione è ben diversa. Lunedì 26 dicembre 2022, l’infezione da Covid-19 è stata classificata dalla Cina come malattia di “Classe B” e non più di “Classe A”, in vista della grande riapertura dell’8 gennaio 2023. Il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, ha descritto la situazione epidemiologica cinese come “sotto controllo”, presentando la Cina come il paese con il più basso tasso di morti e malati gravi. 

Quello che le testate internazionali riportano, però, è l’immagine di un paese inginocchiato di fronte ad una nuova e intensa ondata di infezioni. Il repentino cambio di strategia di Pechino è iniziato con lo stop alle restrizioni e all’estensivo programma di tracciamento tramite test della popolazione allo scopo di rimettere in sesto un’economia stressata in vista della completa riapertura. Secondo gli esperti internazionali, il blocco delle limitazioni ai cittadini cinesi in seguito alle sentite proteste degli ultimi mesi, farà sì che l’infezione si espanda al di fuori dei radar del sistema sanitario nazionale, infettando milioni di cinesi giorno dopo giorno. Il nuovo record di infezioni ha riportato alla mente dei cittadini di tutto il mondo le immagini viste e vissute nel primo 2020, quando i pazienti non riuscivano a trovare un posto letto negli ospedali, e i crematori non smettono di lavorare. Se una colonna portante della strategia “Zero Covid” era la priorità di vaccinazione della “forza lavoro”, 23,8 milioni di cinesi over 60 sono ancora senza vaccino e solo il 40% degli over 80 ha ricevuto il booster, rappresentando così una problematica non indifferente. Inoltre, la scarsa efficacia dei vaccini Sinofarm e Sinovac, rispetto a quelli occidentali, rende l’attuale situazione vaccinale cinese ancor più allarmante. 

In un momento successivo, Pechino ha anche deciso di non pubblicare più dati quotidiani sui nuovi contagi. Inoltre, gli ultimi dati sui contagi e i morti dovuti al Covid forniti dal governo centrale sembrano non rispecchiare l’effettiva condizione in cui si trova il Dragone Rosso: solo 3 morti nel giorno 27 dicembre 2022. In base a quanto dichiarato dalle autorità sanitarie, il numero di morti per Covid è considerato tale qualora i pazienti vengano a mancare per via di problemi respiratori o polmoniti, ma i calcoli statistici suggeriscono che le previste riaperture potrebbero far impennare questo dato ad oltre il milione. Airfinity, istituto di analisi predittiva nel campo medico, stima che il probabile numero attuale di contagi si aggiri attorno a 1 milione al giorno, mentre il numero di morti per Covid ammonterebbe a circa 5.000.

I tumulti interni al Paese, il crescente dissenso della popolazione e i costi economici (e umani) della politica “Zero-Covid” saranno un’ardua sfida per la propaganda del Partito Comunista Cinese e per il presidente Xi Jinping, che ha ribadito di aver dato priorità ai cittadini e alle loro vite prima di tutto. Sulla base di questa affermazione, la comunità internazionale si domanda quali siano state le ragioni che lo abbiano spinto ad aggrapparsi alla strategia degli ultimi anni nonostante i pesanti costi e ad attuare la repentina riapertura, apparentemente priva di una vera e propria organizzazione.

Il fatto che la posizione del PCC verso la pandemia si sia completamente invertita dopo una rivolta popolare può solo rovinare l'aria di infallibilità attentamente coltivata da Xi Jinping


- Orville Schell, direttore del centro sulle relazioni USA-Cina presso l’Asia Society di New York

Infatti, il prestigio legato alla figura di Xi Jinping, a causa del suo precedente approccio, era stato rafforzato durante il vertice del Partito Comunista in ottobre, dove il Presidente ha giurato di attenersi alle severe restrizioni, accrescendo così la sua autorità personale. Il governo cinese ha difeso la politica “Zero-Covid” poiché riteneva che fosse necessaria per salvare la vita dei cittadini cinesi, contrariamente alle politiche fallimentari di altri stati europei dove il virus si propagava senza controllo. Però, le preoccupanti manifestazioni hanno però messo a dura prova i controlli, costringendo Pechino a cambiare rotta. 

La perplessità sulla situazione della Cina si è poi rapidamente propagata tra gli Stati del mondo che, timorosi dell’emergere di una possibile, nuova e pericolosa variante vista l’elevata diffusione del virus, hanno aumentato i controlli richiedendo tamponi negativi per i passeggeri provenienti dalla Cina. Persino l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sollecitato maggiore trasparenza, richiedendo maggiori dati sull’andamento della pandemia, sui ricoveri ospedalieri, sulle vaccinazioni e sui decessi, senza particolare successo.

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L'Autore

Riccardo Carboni

Classe 1999, laureato in Scienze internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Bologna e da sempre appassionato di affari internazionali. Studente all’ultimo anno di Master in International Relations presso la LUISS, ha approfondito tematiche riguardanti la sicurezza internazionale seguendo forum e partecipando a programmi di pianificazione militari secondo la dottrina NATO. Autore all’interno di Mondo Internazionale per l’area tematica “Organizzazioni Internazionali”.

Born in 1999, he holds a bachelor’s degree in International and Diplomatic Sciences from the University of Bologna and have always been passionate about international affairs. Currently a final-year student in the Master's degree program in International Relations at LUISS, he has delved into issues related to international security by following forums and participating in military planning programs based on NATO doctrine. Author and contributor to Mondo Internazionale for the "International Organisations” section.

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