Il diritto alla salute mentale durante la pandemia da COVID-19

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  Alice Stillone
  05 agosto 2021
  4 minuti, 8 secondi

Nell’ordinamento italiano il diritto alla salute è sancito all’art. 32 della Costituzione e non è riconducibile alla mera protezione della dimensione fisica del corpo umano ma comprende anche la tutela della salute mentale. La “sanità” infatti - la cui definizione è contenuta nella Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) - “è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale” e pertanto non si limita all’assenza di malattie negli individui, ma riguarda piuttosto uno stato di benessere generale comprendente anche l’aspetto psichico.

A livello internazionale tale diritto è contenuto in diversi trattati, tra i quali la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che, all'articolo 25, sancisce il diritto di ogni individuo ad un tenore di vita sufficiente e al raggiungimento del benessere con riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari. Inoltre, l’articolo 12.1 del Patto Internazionale sui Diritti Economici Sociali e Culturali sancisce come gli stati parte del patto siano tenuti a riconoscere il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che egli sia in grado di conseguire.

Da un sondaggio dell’OMS condotto da giugno ad agosto 2020 tra le 130 parti dell’organizzazione, è emerso che la pandemia ha peggiorato la fornitura di servizi per la salute mentale. Molti paesi hanno infatti segnalato di avere sospeso l'erogazione di diverse tipologie di servizi di salute mentale: oltre il 60% dei paesi ha segnalato interruzioni dei servizi di salute mentale per persone vulnerabili inclusi bambini, anziani e adolescenti, il 67% dei paesi ha visto interruzioni della psicoterapia, mentre un 30% ha segnalato l’interruzione nell’accesso ai farmaci per disturbi mentali.

Infine dallo studio emerge che, seppur molti paesi abbiano adottato la telemedicina o la teleterapia per adattarsi alla nuova realtà dovuta alla pandemia, in molti dei paesi a basso reddito tali pratiche non sono state adottate. L’OMS evidenziava pertanto la necessità di maggiori finanziamenti a livello statale volti all’implementazione dei servizi indirizzati a preservare la salute mentale ritenendo che, con l’avanzare della pandemia era - ed è tuttora - ragionevole credere che sempre più persone possano necessitare di servizi del genere.

In Italia, il Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute mentale dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS) è stato attivo nella partecipazione e nella conduzione di studi finalizzati ad analizzare l’impatto della pandemia da COVID-19 sulla salute mentale della popolazione. In tal senso, il Centro ha partecipato a uno studio coordinato dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Università “Luigi Vanvitelli” il cui obiettivo era valutare la presenza di sintomi dello spettro ansioso-depressivo, ossessivo-compulsivo e post-traumatico da stress. Su un campione di 20.720 partecipanti è emerso che durante il lockdown sono aumentati i livelli di ansia, depressione e sintomi legati allo stress. Inoltre, lo studio prova come la durata dell’esposizione al lockdown sia positivamente correlata al rischio di presentare peggiori sintomi ansioso-depressivi.

Il Centro ha in seguito avviato una collaborazione con il Ministero della Salute per la stesura dell’Italian Health Equity Status Report con il coordinamento dell’Ufficio OMS di Venezia che ha come principale obiettivo quello di implementare l’equità nella tutela della salute a livello nazionale, locale e regionale, creando le condizioni per garantire alla popolazione una vita prospera ed in salute.

Tuttavia, nonostante queste iniziative sembrino provare un impegno concreto a livello nazionale nell’implementazione delle politiche volte a sostenere la salute mentale, ad oggi in Italia il supporto psicologico raramente entra nella vita delle persone. La popolazione è poco incoraggiata dalle politiche pubbliche a prendersi cura della propria salute mentale ed infatti, in questo settore, si investe solamente il 3,5% delle risorse destinate alla spesa sanitaria (rispetto ad altri stati europei in cui la percentuale oscilla dal 10% al 15%).

Da alcuni studi è inoltre emerso che - rispetto a 40 anni fa - si assiste ad un cambiamento del disagio psichico e dei disturbi mentali: oggi i disturbi che emergono sono meno invalidanti rispetto al passato ma allo stesso tempo decisamente più diffusi (disturbi dei comportamenti alimentari, depressione giovanile, disturbi d’ansia e ludopatia).

A tal proposito infatti, il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha affermato che “una buona salute mentale è assolutamente fondamentale per la salute e il benessere generale della società” e poiché il COVID-19 ha interrotto i servizi essenziali di salute mentale praticamente in tutto il mondo, egli ha invitato i leader mondiali ad attivarsi rapidamente per investire in programmi di salute mentale garantendo così ad ogni cittadino una piena soddisfazione del loro diritto alla salute.

Fonti utilizzate per il presente articolo:

- https://www.centrostudilivatino.it/covid-19-e-diritto-alla-salute-psicologica/#_ftnref3;

- Dichiarazione Universale dei diritti Umani. Assemblea generale dell’ONU, 10/12/1948

- Patto Internazionale sui Diritti Economici Sociali e Culturali. Assemblea generale dell’ONU, 16/12/1966

- Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. NY, 22/07/1946

- https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-salute-mentale

- Health Equity Status Report Initiative, WHO-Regional Office for Europe.

- http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=88560

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Alice Stillone

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Salute e Benessere

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