Il diritto all'aborto - Parte II

Il diritto all'aborto in Italia, Colombia e Malta

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  Redazione
  29 agosto 2022
  5 minuti, 28 secondi

A cura di Greta Thierry e Giorgio Giardino

Se negli Stati Uniti il diritto all’aborto è tornato al centro della discussione politica, a seguito della storica decisione della Corte Suprema di ribaltare la sentenza Roe v. Wade, nel resto del mondo tale diritto trova garanzie e tutele differenti, se non in alcuni casi la negazione. In questo articolo si osserveranno in particolare tre differenti approcci, ovvero quelli di Italia, Colombia e Malta.

Italia

In Italia il diritto all’aborto è garantito dalla legge 194 del 1978, norma che ha visto un lungo periodo di discussione – durata circa due anni – e che rappresenta un compromesso fra le diverse parti politiche dell’epoca, ed in ragione di ciò nasce con diversi limiti strutturali già noti al momento dell’emanazione. Abortire oggi in Italia significa infatti trovare dinanzi a sé diversi ostacoli che possono allungare i tempi e rappresentare delle forme di pressione psicologica nei confronti della donna che decide di interrompere una gravidanza.

Innanzitutto, la legge non afferma positivamente il diritto all’aborto, ma ne stabilisce i casi in cui esso è consentito. Ad oggi la donna può decidere di interrompere la gravidanza entro i 90 giorni dalla gestazione per motivi di natura medica, come rischi gravi per la propria salute, economici, sociali o familiari. Il primo passo dell’iter che conduce all’aborto è quello di tentare di rimuovere i problemi alla base di questa decisione. È questo uno dei ruoli del consultorio, struttura istituita con l’articolo 2 della norma, che insieme alla struttura socio-sanitaria dovrebbe tentare di indicare “le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”. Inoltre, nel momento in cui si riscontra che il caso non è urgente, scatta il c.d. periodo di riflessione, ovvero sette giorni entro i quali la donna dovrebbe decidere se proseguire con l’interruzione di gravidanza o meno. Questi due punti rappresentano i primi aspetti controversi della norma, in quanto secondo molti costituirebbero delle forme di pressioni psicologiche. La scelta di abortire poi in questa fase è già frutto di un periodo di riflessione, per cui attendere altro tempo significa esporre la donna a rischi per la propria salute fisica e mentale.

Il problema però più rilevante che rende l’aborto un diritto di difficile godimento è quello dell’obiezione di coscienza. L’articolo 9 della legge stabilisce che “l'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza”. In generale in Italia gli obiettori di coscienza rappresentano la maggioranza del personale. Secondo i dati ufficiali del 2020 infatti circa il 64,6% dei soli medici sarebbero obiettori e la situazione è particolarmente grave in alcune regioni, come Abruzzo Calabria, Campania e Molise. Per poter abortire molto spesso le donne sono infatti costrette a spostarsi per riuscire a trovare medici che acconsentano a praticare l’aborto.

Seppur dunque sia presente una norma che consente di interrompere la gravidanza, rimane comunque molto complesso riuscire a godere del diritto all’aborto che in alcuni contesti sembra essere tutto fuorché un diritto.

Colombia

Nel febbraio di quest’anno la Corte costituzionale della Colombia ha preso una decisione storica, depenalizzando l’aborto fino alle 24 settimane di gestazione. Dal 2006 nel Paese era possibile praticare l’interruzione volontaria di gravidanza soltanto in casi determinati, quali il rischio per la salute della donna, in caso di stupro e il rischio che il feto non sopravvivesse al parto. Questa decisione elimina invece l’obbligo di fornire alcuna motivazione alla propria decisione ed il rischio di vedersi inflitta una condanna a quattro anni di carcere.

La decisione è stata presa dopo la campagna Causa justa, portata avanti da vari gruppi femministi e dopo le grandi manifestazioni della “marea verde”, che prendono il nome dai fazzoletti usati dalle manifestanti. La Colombia si unisce quindi al ristretto club di Paesi sudamericani in cui l’aborto viene riconosciuto come un diritto, dopo Argentina e Messico. Nella maggioranza degli stati dell’America Latina l’aborto rimane comunque un reato in quasi tutti i casi, a riprova del fatto che la strada da percorrere è ancora lunga.

Malta

Malta è l’unico Paese dell’Unione Europea a vietare l’interruzione di gravidanza in ogni caso. La legge maltese, infatti, proibisce l’aborto in qualsiasi circostanza, prevedendo una pena fino a 3 anni per le donne che decidono di accedervi, e fino a 4 anni per i medici che lo praticano illegalmente.

Il tabù dell’aborto sull’Isola – esemplificato dai risultati di un sondaggio del 2018, che dimostravano quanto la metà della popolazione maltese accettasse la morte per gravidanza piuttosto che l’aborto – ha chiaramente messo a rischio la salute fisica e psicologica delle donne maltesi e non, e in alcuni casi ha portato alla morte della gestante.

La drammatica situazione a Malta, che – come anticipato - non permette l’aborto nemmeno nei casi di rischio per la vita della donna, incesto o stupro, è tornata a far discutere in seguito all’esperienza di una turista americana, la cui storia è stata documentata dal fidanzato. Andrea Prudente, in vacanza a Malta quest’estate, si è vista infatti negare l’accesso ad un aborto salvavita. Insieme al compagno ha dovuto lasciare Malta per raggiungere la Spagna, ove le sono state prestate le dovute cure.

L’odissea di Andrea Prudente è stata la stessa di numerose altre donne maltesi, che hanno dovuto lasciare il proprio Paese – o rischiare conseguenze penali, psicologiche e talvolta letali - per avere accesso a ciò che è considerato un diritto – fortunatamente – nella maggioranza dei Paesi più sviluppati – con significative eccezioni sottolineate anche nei precedenti articoli.

Il caso di Malta colpisce anzitutto per il fatto che è l’unico caso di totale divieto nell’Unione Europea e, al contempo, rappresenta l’esempio perfetto dell’incessante difficoltà – se non addirittura impossibilità – per le donne di scegliere, di avere controllo sul proprio corpo e sulla propria salute.

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Fonti per la stesura del presente articolo:

https://www.ilpost.it/2022/02/22/colombia-depenalizzazione-aborto/

https://www.ilpost.it/2022/07/02/limiti-legge-194-aborto/

https://www.repubblica.it/cronaca/2022/06/25/news/aborto_in_italia_legge_194-355389143/

https://www.bbc.com/news/world-61959825

Fonte immagine:

https://pixabay.com/it/photos/...

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