Il diritto di sbagliare

  Articoli (Articles)
  Redazione
  08 marzo 2021
  4 minuti, 58 secondi

Gli errori, siamo abituati a vederli ripresi fin dalla nostra infanzia, sbarrati con la penna rossa e accompagnati da un brutto voto. È dai primi approcci all’educazione e all’istruzione che impariamo che gli errori sono da evitare, e crescendo la convinzione di ciò si fa sempre più sentire.

Ma non è così che dovrebbe funzionare. In quanto esseri umani, abbiamo il diritto di sbagliare.

Si tratta di un diritto non presente in un trattato, convenzione o costituzione, che tuttavia ha la sua importanza all’interno del ventaglio dei diritti umani fondamentali.

Sbagliare, commettere errori, cadere, fallire. Sono tutte azioni che ci permettono di crescere, diventare migliori di quel che eravamo prima. Senza questi passaggi viene a mancare quella che possiamo definire crescita e maturazione umana.

Sbagliare fa parte della natura umana proprio perché il nostro cervello è strutturato per compiere errori ed imparare da essi. A confermare ciò ci sono numerosi studi, tra cui una ricerca scientifica, riportata sul Journal of Cognitive Neuroscience che conferma il cosiddetto proverbio del “sbagliando si impara”.

Pare difatti che impariamo più quando sbagliamo che quando eccelliamo. L’effetto che provoca l’errore rende più facile apprendere, a tal punto che, le volte successive, il cervello ricorda l’errore precedentemente compiuto e ci permette di non ripeterlo una seconda volta.

Ci sono diversi autori, come Jeremy Waldron che, hanno argomentato in merito all’esistenza di un diritto a fare qualcosa di sbagliato. Secondo lo studioso, diritti come questo rafforzano l’integrità di una persona, oltre che il suo carattere morale. Tuttavia, mentre Waldron sostiene che poter prendere decisioni sbagliate consente alle persone di decidere di propria volontà su questioni importanti e quindi di rafforzare il carattere, Galston sostiene il contrario. Quest’ultimo dice che anche se agli uomini si lascia la libertà di scegliere di intraprendere azioni sbagliate, non esiste un forte diritto morale di compiere azioni immorali.

Ma cerchiamo di approfondire meglio questo diritto.

Bruno Celano ha portato avanti una tesi molto esaustiva in merito al diritto di sbagliare, a quello che in inglese troviamo sotto la voce “A right to do wrong”.

Prima di tutto, da un punto di vista concettuale, analizzare la nozione del diritto a sbagliare porta alla luce un elemento di notevole importanza. Celano sostiene: ”Vietato fare A” (in quanto A è sbagliato) non implica, di per sé, “Permesso impedire di fare A”. Ed è insito proprio in questo spazio il diritto a fare ciò che è davvero sbagliato.

Spostando però la vera attenzione sui diritti umani, l’autore spiega che secondo l’idea individualistico-liberale, i diritti si sostanziano in alcune caratteristiche essenziali: la rivendicazione della libertà negativa e il perseguimento del benessere individuale, ai quali si somma infine l’idea che possedere un diritto implichi anche avere il diritto a sbagliare.

Le questioni attorno a questo diritto sono molte e complesse. Lo stesso Celano ritiene che l’idea di poter sbagliare sia <<palesemente problematica>> visto che i concetti in merito suscitano problemi sia concettuali che normativi.

Soffermandoci su alcuni aspetti particolari da lui argomentati, vediamo insieme: il diritto di sbagliare concepito come diritto a commettere errori; la possibilità di sbagliare come condizione di una democrazia pluralista giusta e stabile; e infine il diritto a non dover giustificare le proprie scelte che esse siano giuste o meno.

Le libertà che possediamo, come la libertà di coscienza, di pensiero e di religione, nel concreto ci danno diritto a formare le nostre credenze e opinioni e di esprimerle senza impedimenti, che esse siano corrette, erronee o false. Come riporta Celano << la libertà di coscienza, e dunque la libertà di cadere in errore e di sbagliare, è una delle condizioni sociali necessarie>> per il raggiungimento del proprio benessere. Come inoltre argomenta Rawls, il cittadino deve avere la possibilità e la capacità di formarsi e affermare le sue opinioni e le sue preferenze, e <<affinché questa concezione del bene sia possibile deve esserci consentito (...) di cadere in errore e di sbagliare (entro i limiti stabiliti dalle libertà fondamentali)>>.

Il riconoscimento della possibilità di sbagliare è inoltre condizione di una democrazia pluralista stabile. Le ideologie, le dottrine (morali, filosofiche, religiose) che potremmo intendere come visioni del mondo, dovrebbero riconoscere ai cittadini il diritto a commettere errori, di certo, entro certi limiti.

Nuovamente Rawls sostiene come la cultura politica di una democrazia costituzionale richieda pluralismo e liberalismo. Lo sviluppo di diverse visioni del mondo e diverse concezioni della vita, che esse siano ragionevoli e irragionevoli, ci ha portati al naturale risultato del vivere in una società libera. Le condizioni di pluralismo e liberalismo, quindi, dovrebbero sottointendere la possibilità di un diritto a sbagliare.

Infine, il diritto a non dover fornire ulteriori ragioni o spiegazioni sulle scelte intraprese è un altro modo di vedere il diritto a sbagliare. Il dover fornire ragioni porta a ledere l’integrità, oltre che l’identità e la riservatezza della persona.

Alle volte, le ragioni delle proprie azioni e delle proprie decisioni vengono condivise; altre volte, invece, per via dei contesti o delle scelte stesse, le ragioni non sono condivisibili. In tali situazioni, come sostiene lo stesso Celano, <<ciascuno di noi ha diritto a non spiegare perché mai abbia deciso di agire in un certo modo - ha diritto a non subire la pressione di richieste di giustificazione>>. In termini concreti, il diritto a sbagliare si traduce anche nel diritto a essere lasciati in pace.

Sono parecchie le difficoltà concettuali che aleggiano; tuttavia, nella complessità, il diritto offre molto, tra cui anche, il diritto a sbagliare.

a cura di Sofia Abourachid 

Condividi il post

L'Autore

Redazione

Categorie

Tag

Diritti