Il movimento #MeToo in Cina: a che punto è la lotta per i diritti delle donne?

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  Laura Salvemini
  28 novembre 2022
  4 minuti, 55 secondi

Il movimento Me Too nasce negli Stati Uniti nel 2006, quando l’attivista Tarana Burke fonda un’omonima organizzazione no profit per aiutare le vittime di abusi e molestie sessuali. Dal nome del movimento fondato da Burke nascerà poi il più noto hashtag che acquisisce visibilità internazionale nel 2017, quando l’attrice Alyssa Milano incoraggia i suoi followers a utilizzarlo per dimostrare supporto in seguito alle rivelazioni del New York Times sulle denunce di numerose attrici contro il produttore cinematografico Harvey Weinstein.

Il movimento si diffonde in Cina nel 2018, quando un professore dell’università Beihang di Pechino, Chen Xiaowu, viene accusato da una sua ex studentessa, Luo Qianqian, per delle molestie sessuali avvenute dodici anni prima. Da questa denuncia parte l’equivalente cinese del #metoo, conosciuto come #WoYeShi (#我也是), l’hashtag su Weibo (social media cinese equivalente a Twitter) in cui si riversarono studentesse ed ex-studentesse di più di settanta università cinesi per condividere abusi e molestie subite in passato. Il professore accusato nel caso che diede origine al movimento nel paese venne poi rimosso dall’incarico dall’università Beihang.

È importante notare che l’ambiente politico cinese è caratterizzato da una forte censura che ha quindi impedito alle attiviste di protestare per le strade, elemento che ha ulteriormente incentivato l’utilizzo dei social media come canale preferenziale per esprimere il supporto al movimento nascente. Proprio la censura ha portato le attiviste a utilizzare un ulteriore hashtag per mantenere attivo il movimento sfruttando un espediente linguistico dato dalle parole cinesi “” (riso) e “” (coniglio), pronunciate rispettivamente “mǐ” e “tù”, ricordando quindi per assonanza l’hashtag di origine americana.

Nel 2019 il movimento tornò al centro dell’attenzione mediatica quando il miliardario Liu Qiandong (conosciuto anche come Richard Liu, CEO del colosso dell’e-commerce JD.com) viene accusato da Liu Jingyao di molestie sessuali avvenute quando la giovane studiava all’Università del Minnesota. Liu Jingyao aveva intrapreso una causa civile contro il miliardario, chiedendo un risarcimento da 50 mila dollari. Il processo civile era atteso come un evento dalla portata storica, dato il suo svolgimento negli Stati Uniti e la notorietà dell’imputato, ma non è mai iniziato. Le due parti hanno infatti raggiunto un accordo a porte chiuse il giorno prima del suo inizio.

Nonostante il processo non sia mai iniziato, l’importanza di questa denuncia e della causa portata avanti da Liu Jingyao è stata riconosciuta dal movimento #MeToo cinese e internazionale, che hanno sottolineato come questo caso abbia portato alla luce problemi sistemici della società, specialmente nella cultura imprenditoriale.

Tra le conquiste ottenute dal movimento cinese vi sono i meccanismi adottati da diverse università del paese per prevenire casi di molestie e abusi sessuali, messi in moto proprio dalla diffusione del #MeToo. Gli abusi sessuali sono stati inoltre inseriti nella legislazione cinese all’interno del Codice civile della RPC a gennaio 2021, mentre il Consiglio di Stato ha pubblicato un piano decennale per la protezione e l’emancipazione delle donne e dei bambini.

Il capitolo cinese del movimento femminista è però caratterizzato anche da sconfitte, come quella del noto caso portato avanti da Zhou Xiaoxuan, che nel 2018 – incoraggiata dall’onda di supporto per il movimento #MeToo sui social del paese – denunciò su Weibo il famoso conduttore televisivo Zhu Jun per molestie avvenute sul lavoro nel 2014. Il caso ha acquisito una grande importanza per il movimento cinese, non solo essendo uno dei primi a finire davanti ad una corte ma anche perché inquadrato sotto il nuovo Codice civile entrato in vigore a gennaio del 2021. La causa ha incontrato la battuta di arresto quando il tribunale di Haidian, a nord di Pechino, ha emesso la sentenza affermando che le prove presentate dalla querelante non sono state giudicate sufficienti.

Il capitolo cinese del movimento #MeToo ha inoltre dovuto far fronte a episodi di forte repressione da parte del governo autoritario, come il noto caso di Li Qiaochu, attivista per i diritti dei lavoratori e delle donne prelevata dalla polizia e successivamente arrestata lo scorso febbraio 2021. Il suo arresto arriva solo qualche mese dopo la reclusione del suo compagno Xu Zhiyong, anche lui un noto attivista, e Ding Jiaxi, un avvocato per i diritti umani. Li sarebbe stata arrestata in seguito alle sue denunce pubbliche sui maltrattamenti subiti da Xu e Ding in carcere. Si attendono ancora le date per il processo di Li, che è stata nel frattempo accusata di “incitazione alla sovversione del potere statale”.

Alcuni esperti parte della società cinese hanno rimarcato che il movimento è probabilmente divenuto troppo ingombrante data la grande risonanza ottenuta dalle attiviste, elemento che si è poi tradotto nel risentimento dimostrato dalle fasce più conservatrici della società cinese. All’interno del governo cinese il movimento è spesso associato con l’influenza delle società occidentali, visto quindi come portatore di un sistema di valori lontani e potenzialmente pericolosi per la stabilità sociale.



Fonti consultate per il presente articolo:

Amnesty Italia, (15 febbraio 2022), “Li Qiaochu e il #MeToo cinese: la storia della coraggiosa attivista”. Disponibile al: https://www.amnesty.it/li-qiaochu-e-il-metoo-cinese-la-storia-della-coraggiosa-attivista/

Barsanti Andrea, (22 novembre 2021), “#METOO: A 4 anni dalla nascita del movimento, ecco perché non dovremmo smettere di parlarne”, The Wom Culture. Disponibile al: https://www.thewom.it/culture/womfactor/me-too-storia

Colarizi Alessandra, (6 ottobre 2021), “Gli alti e bassi del #MeToo Cinese”, China Files. Disponibile al: https://www.china-files.com/gli-alti-e-i-bassi-del-metoo-cinese/

Davinson Helen, (3 ottobre 2022), “High-Profile China #MeToo case settled in US out of court”, The Guardian. Disponibile al: https://www.theguardian.com/world/2022/oct/03/china-metoo-case-liu-jingyao-liu-quangdong-settled-in-us

Turkington Rebecca, (1 giugno 2022), “#MeToo in China” in “Global Feminisms, Histories of the Present”, History Workshop. Disponibile al: https://www.historyworkshop.org.uk/metoo-in-china/

Tsui Karina, (10 agosto 2022), “Chinese court rejects appeal in landmark sexual harassment case”, The Washington Post. Disponibile al: https://www.washingtonpost.com/world/2022/08/10/zhou-xiaoxuan-china-metoo-court/


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L'Autore

Laura Salvemini

Laura Salvemini, classe 1997, ha conseguito una laurea triennale in Mediazione Linguistica e Culturale presso l'Università degli Studi di Milano, specializzandosi in Cinese e Spagnolo. Dopo aver vinto una borsa di studio per approfondire la conoscenza della lingua e della cultura Cinese presso la Liaoning Normal University, unisce alla passione per la Cina e il continente Asiatico quella per le relazioni internazionali. Al momento è una laureanda presso l'Università di Bologna nel corso International Relations con un curriculum dedicato alla sicurezza internazionale. Nell'ultimo anno ha svolto un tirocinio come analista presso il Global Governance Institute di Bruxelles, il tirocinio MAECI CRUI presso l'ambasciata italiana di Kuala Lumpur ed è stata selezionata come tirocinante presso il Commissariato Generale Italiano ad Expo 2020 Dubai. Da Gennaio 2022 è parte della redazione di Framing the World come autrice per la sezione Asia ed Estremo Oriente.

Laura Salvemini, class of 1997, graduated from the University of Milan with a BA in Linguistic and intercultural communication, studying Chinese and Spanish. After winning a scholarship to attend a chinese language and culture course at the Liaoning Normal University, in China, she added her passion for Asia and China to her interest for International Relations. She's now graduating from the University of Bologna with a MA degree in International Relations, with a curriculum dedicated to International Security. In the last year she worked as an analyst at the Global Governance Institute in Bruxelles, was selected as an intern at the Italian General Commissariat at Expo 2020 Dubai and worked at the Italian Embassy in Kuala Lumpur. Since January 2022 she has been an author for the Asia and the Far East section in the Framing the World team.

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