Myanmar: due anni dopo il colpo di Stato

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  Melissa Cortese
  04 febbraio 2023
  3 minuti, 39 secondi

Il 1° febbraio 2021, esattamente due anni fa, l’esercito del Myanmar, chiamato Tatmadaw, ha imposto un cambio di regime nel Paese. Il colpo di Stato è avvenuto con l’arresto dei vertici della Lega Nazionale per la Democrazia, ossia il partito il cui potere era stato riconfermato per ben due volte da libere elezioni. Tra i membri più importanti c’era anche Aung San Suu Kyi, la leader democraticamente eletta e simbolo della lotta ai militari del regime, che attualmente si trova in carcere con una condanna a 33 anni di detenzione. Da quel giorno si riaprì una stagione violenta in Myanmar, che dal 2011 sembrò dirigersi verso la pace e la crescita. Il golpe fu guidato dal generale Min Aung Hlaig, ovvero il Capo delle forze armate birmane autoproclamatosi Primo Ministro del Paese.

Gli ultimi due anni nel Myanmar sono stati caratterizzati da grandi scioperi guidati e partecipati dalle generazioni più giovani, i quali trovano insostenibile la dittatura militare instaurata. L’esercito ha quindi risposto con una ferma repressione, procedendo con arresti, torture e uccisioni su una base del tutto arbitraria, sino ad arrivare ad attacchi terrestri e aerei sulla popolazione civile. Amnesty International ha contato circa 3.000 vittime in questi due anni di agitazioni, oltre ad aver stimato che le persone in stato di detenzione sono 13.000 e che si possa parlare di circa 1 milione e mezzo di sfollati. Per il 2° anniversario del golpe, gli attivisti della democrazia hanno indetto uno sciopero silenzioso, che consiste nel restare all'interno delle proprie abitazioni e rifiutarsi di aprire gli esercizi commerciali: infatti, circolano numerosi video delle strade delle principali città del Paese incredibilmente vuote.

Inoltre, i militari stanno programmando delle elezioni definite con assoluta convinzione dagli attivisti come “truccate”: le fonti diplomatiche hanno fatto sapere che con tutta probabilità le “elezioni farsa” indette prossimamente saranno tacitamente approvate dai Paesi vicini – India, Cina e Thailandia – mentre la Russia ha già comunicato apertamente il suo sostegno. A fine gennaio, la giunta militare che governa il Paese ha mosso i suoi primi passi verso le nuove elezioni, approvando una legge che ostacolerà significativamente la presentazione di nuovi o piccoli partiti alle elezioni: infatti, sarà necessario avere almeno 100.000 iscritti, possedere un fondo di almeno 1 milione di kyat - la moneta nazionale - e non avere legami con organizzazioni considerate illegali o terroristiche dal regime. La giunta militare ha anche recentemente comunicato un’ulteriore proroga dello stato di emergenza per sei mesi: è necessario considerare che la costituzione birmana prevede che alla scadenza dello stato di emergenza sia necessario indire le elezioni nei sei mesi successivi - che con questo meccanismo sono state già probabilmente rimandate. Pertanto, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU si è limitato ad esprimere una forte preoccupazione per il perdurare dello stato di emergenza mentre il Rappresentante speciale dell’ONU Thomas Andrews ha dichiarato di ritenere il gesto dell'organizzazione una risposta insufficiente e che la comunità internazionale sembra essersi dimenticata della crisi in corso in Myanmar avente, come complici della storia, la presa di potere dei Taliban in Afghanistan e la guerra in Ucraina.

Sino ad ora gli interventi esterni sono giunti principalmente da Canada, Stati Uniti, Regno Unito e Australia nella forma di sanzioni di natura economico-finanziaria dirette alle aziende più vicine all’esercito. L'effetto controproducente di tali sanzioni è però stato l'ulteriore indebolimento dell’economia del Myanmar: i prezzi dei prodotti, inclusi quelli di prima necessità, sono aumentati; molti lavoratori stanno perdendo la propria occupazione e il kyat è crollato; conseguentemente, le importazioni sono diventate più costose, tra cui quelle del carburante, a causa delle quali sono scaturiti enormi disagi ai trasporti interni e ai servizi pubblici. La crisi non è ormai solo politica ma anche economica, alimentare e umanitaria.

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Fonti consultate per il presente articolo:

“Myanmar: dichiarazione dell'Alto Rappresentante a nome dell'Unione europea in occasione del secondo anniversario del golpe militare”, 2023, Consiglio dell'Unione europea: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2023/01/31/myanmar-statement-by-the-high-representative-on-behalf-of-the-european-union-on-the-2nd-anniversary-of-the-military-take-over/

“La giunta militare del Myanmar ha approvato una nuova legge […]”, 2023, Il Post: https://www.ilpost.it/2023/01/27/giunta-myanmar-legge-elezioni-partiti/

“Myanmar coup anniversary: 'Silent strike' marks two years of military rule”, 2023, BBC: https://www.bbc.com/news/world-asia-64481138

“Myanmar junta prepares for poll, raising fears of more bloodshed”, 2023, Channel NewsAsia: https://www.channelnewsasia.com/asia/myanmar-junta-prepares-poll-raising-fears-more-bloodshed-3243261

“Revealed: how world’s biggest fossil fuel firms ‘profited in Myanmar after coup’”, 2023, The Guardian: https://www.theguardian.com/world/2023/feb/01/myanmar-oil-gas-companies-profits-regime-coup

“Myanmar, a due anni dal golpe”, 2023, ISPI: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/myanmar-due-anni-dal-golpe-37386

Immagine: https://unsplash.com/it/foto/wsmCCh1F1uM

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Melissa Cortese

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