Il revenge porn - pt. 2

Gli interventi da attuare per il contrasto al fenomeno

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  Redazione
  06 agosto 2020
  8 minuti, 17 secondi

A cura di Sofia Abourachid

Il revenge porn oggi è un reato a tutti gli effetti e l’analisi degli aspetti connessi al fenomeno è funzionale al suo contrasto. Mentre la precedente pubblicazione ha riguardato un attento studio del fenomeno, ora è possibile delineare gli interventi volti a sconfiggerlo.

Come si è visto nella scorsa analisi, le conseguenze penali non sono da sottovalutare. Per questo motivo, e per via della lentezza del legislatore a rispondere nell’immediato, si ritengono necessarie delle migliorie da attuare in campo giuridico. Risvolti preoccupanti, come quelli che hanno visto il suicidio di alcune ragazze, dovrebbero rappresentare una pressione in tal senso.

Rebecca Scaglia propone, come importante passo da attuare, quello della “velocizzazione dell’iter legislativo” o quantomeno della creazione di un iter dedicato a questioni di questo tipo. La stessa però fa notare che “ciò, implicherebbe una riforma di rango costituzionale”.

Un altro miglioramento è quello proposto da Giorgia Corvasce di modificare il secondo comma dell’art. 612 ter c.p., eliminando il requisito del dolo specifico al fine di punire la diffusione di contenuti sensibili. Tale modifica, sostiene: “potrebbe rivelarsi necessaria, altrimenti, non si avrà sufficiente margine per impedire la diffusione dei contenuti in termini rapidi, rendendo vano qualsiasi sforzo di tutelare la vittima”.

Sempre Giorgia Corvasce a tal proposito asserisce che “dovremo attendere di vedere gli ulteriori sviluppi della giurisprudenza, augurandoci che la norma verrà applicata nella maniera più corretta possibile e che possa rivelarsi uno strumento di effettiva tutela per chi si troverà coinvolto in simili spiacevoli vicende”.

Spostando l'attenzione dagli interventi in campo giuridico a quelli da poter realizzare quotidianamente, è necessario muoversi sulla linea preventiva il prima possibile. La prevenzione è fondamentale ed è su questa che bisognerebbe puntare per scongiurare tragedie che in Italia, come altrove, continuano a provocare dolore.

Come Fabio Di Gioia evidenzia, le soluzioni andrebbero studiate in base alla società. “Un uomo italiano di mezza età, potrebbe essere poco attento alle dinamiche dei social network. Questa è una base di partenza di cui tenere conto”. Al contrario, “un adolescente di oggi potrebbe essere emancipato e indipendente sotto molti aspetti, ma non riguardo alla sfera sessuale, in quanto spesso manca di un’educazione sessuale in famiglia o a scuola”.

Il primo spazio a cui viene da pensare, dunque, è quello della scuola all’interno della quale si possono prevedere progetti di sensibilizzazione. Al suo interno, come affermato poco prima, i contenuti delle lezioni devono essere adattati all’età degli studenti in modo da rendere più efficace la promozione del rispetto per gli altri e per se stessi.

Così come, ad esempio, i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo vengono spesso inseriti in approfondimenti scolastici al fine di essere affrontati e contrastati, lo stesso potrebbe essere fatto con il revenge porn.

Un’idea particolare potrebbe essere quella proposta da Sara Bergamini: “all’interno di questi interventi potrebbe risultare efficace la testimonianza di una vittima di abuso, poiché permetterebbe di mettere a fuoco gli effetti distruttivi che questi fenomeni hanno sulle persone, stimolando un dibattito tra i ragazzi e l’ospite”.

Approfondimenti che abbiano come focus l’educazione sessuale e i valori umani (rispetto, uguaglianza, accettazione, consenso, per citarne alcuni) sarebbero l’ideale. Certamente, il lavoro nelle scuole e in contesti che vedono il dialogo e la partecipazione della società civile, soprattutto di bambini e adolescenti, servirebbe a far riflettere sui danni che potrebbe creare una “semplice diffusione di immagini” sul web.

Licia Signoroni, a proposito di questi approfondimenti, ci ricorda che “in Italia, come in altri paesi dell’UE, l’educazione sessuale non è obbligatoria nelle scuole. Di conseguenza, spesso i ragazzi si approcciano al mondo sessuale senza una guida e questo può portarli a non considerare valori importanti come il rispetto e il trattamento egualitario per l’altro sesso”.

Questa motivazione è sufficiente a evidenziare la necessità dell’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, permettendo ai ragazzi di acquisire delle informazioni basilari.

In seguito, Rebecca Scaglia sposta il discorso sul ruolo ricoperto da tecnologia e social network in questo contesto: “trattandosi di un fenomeno nato proprio con l’utilizzo delle nuove tecnologie, credo sia indubbio che le stesse assumano un ruolo centrale nella gestione del problema. L’innovazione tecnologica ha plasmato una società diversa da quella precedente e sostenere di poter rispondere a nuove esigenze con misure anacronistiche e obsolete risulterebbe non solo inutile, ma addirittura controproducente”.

Similmente la pensa Valeriana Savino che sostiene come “gli adolescenti, ma allo stesso tempo i giovani e gli adulti, non sono consci della portata e della pervasività delle proprie azioni digitali”.

Non a caso a coprire gran parte del problema è la mancata regolarizzazione dell’uso delle nuove tecnologie, “cui si potrà sopperire pienamente soltanto quando buona parte della società avrà imparato a convivere con i nuovi strumenti di cui dispone” aggiunge Rebecca.

Assieme a lei, Giorgia Corvasce sostiene inoltre che “in mancanza di policy più stringenti per i social network e di politiche legislative condivise fra gli Stati, una volta che una foto viene diffusa non c’è modo di eliminarla del tutto dalla fruibilità di altri utenti”.

Si ripete, quindi, quanto sia essenziale educare le persone, in questo caso, al buon utilizzo delle nuove tecnologie e dei social network. Conoscerne gli aspetti positivi e quelli negativi diventa requisito essenziale per una società consapevole e costruttiva.

A proposito di consapevolezza, “incoscienza” e “superficialità” sono secondo Licia Signoroni alcuni degli aspetti umani che spingono all’uso improprio delle tecnologie di oggi. “Scusa, ma cos’è il revenge porn?” è uno dei messaggi che Licia ha ricevuto su Instagram in risposta ad una ‘story’ di indignazione che ha pubblicato successivamente allo scandalo dei gruppi porno su Telegram.

La stessa commenta: “Penso non sia normale che in una società in cui tale fenomeno acquisisce sempre più peso non si conosca tale termine. Perché non si conosce? Semplicemente perché non se ne parla. Non se ne parla tra i banchi di scuola, non se ne parla in famiglia e non se ne parla tra amici. Credo che ci sia una grande mancanza di conoscenza che porta direttamente all’incoscienza e così alla mancanza di rispetto”. Qui, una volta ancora, si torna a sottolineare l’importanza che gli interventi educativi hanno nello sradicamento di questi fenomeni.

C’è chi inoltre, come Francesca Oggiano, crede ci sia qualcosa da correggere nell’ immagine che in molti hanno della donna: “Se la donna non fosse vista come oggetto di desiderio sessuale da condividere talvolta come merce di scambio può essere che situazioni di questo tipo non ci sarebbero”.

Tale pensiero va a confermare che gli interventi vanno fatti non solo con lo scopo di far conoscere il problema ma anche, e soprattutto, con l’intento di cambiare l’idea che alcuni possono avere dell’altro genere. (Secondo le statistiche, il genere maschile è meno soggetto a fenomeni di revenge porn, pertanto un occhio di riguardo è rivolto al genere femminile. È però giusto sottolineare che gli interventi andrebbero fatti tenendo conto sia di donne che di uomini).

A rivedersi nel pensiero di Francesca Oggiano è Rebecca Scaglia che sostiene: “a mio avviso, l’origine di questo fenomeno risiede proprio nella visione patriarcale su cui la nostra società si fonda da secoli. L’oggettivizzazione della donna, amplificatasi con lo sviluppo dei mass media e dei social, è alla radice di questo problema. Non può essere un caso, infatti, che la grande maggioranza delle vittime di questo fenomeno siano donne. Il fatto stesso che spesso si tenda a colpevolizzare la donna che ha inviato l’immagine è indice della prospettiva distorta con cui si continua a guardare alle donne anche ai nostri giorni”.

Tutto il Team si trova d’accordo nel riconoscere nel confronto un'ottima occasione per migliorare. Anche per questo motivo, organizzare degli eventi dedicati potrebbe ritenersi un ulteriore spunto interessante. Come Licia Signoroni fa notare “è necessario intervenire anche nell’ambiente extra scolastico”. Difatti, “sebbene le persone più adulte, talvolta, abbiano dei pensieri atavici riguardo al rapporto tra uomo e donna, ciò non significa che questi non possano cambiare. Insistere sull’informazione riguardo alla tematica porterebbe a nuovi punti di vista e smuoverebbe delle coscienze, e ciò potrebbe bastare per migliorare la situazione attuale”.

Questo e non solo. Valeriana Savino sull'importanza dell'informazione sostiene che sia il primo importante passo per una giusta prevenzione. “Informarsi, parlare e confrontarsi perché ormai il revenge porn non è più un tabù”: a tal proposito, tra le proposte nel campo dei social media e dei social network: “credo che incentivare la comunicazione sia un primo passo. Sarebbe interessante creare con esperti del settore delle pagine su Instagram e Facebook riguardanti il tema e analizzarlo nelle sue sfaccettature”.

Un altro modo per prevenire tale fenomeno potrebbe essere un maggiore controllo da parte dei genitori (o di chi esercita comunque una responsabilità) sull’utilizzo che i giovani fanno del mondo virtuale.

Quello che si è compreso dunque è che non può bastare un provvedimento normativo a contrastare fenomeni sociali così complessi. Senza l’accompagnamento di interventi risolutivi e preventivi come quelli proposti, nessuna norma può bastare nello scopo di risolvere il problema.

A concludere, un paio di pensieri che il progetto di 'TrattaMI Bene' rende propri.

Rebecca Scaglia invita a riflettere sul fatto che “la sensibilizzazione non deve limitarsi a coloro che divulgano immagini pornografiche private, ma estendersi a coloro che ne ricevono e che si trovano così nella posizione di essere i primi a poter arginare il fenomeno. Ognuno di noi può entrare in contatto con questo fenomeno, che sia nel ruolo di vittima, di carnefice o di spettatore. L’indifferenza è il nostro primo nemico”.

Ad aggiungersi una riflessione di Fabio Di Gioia che vuole essere un messaggio condiviso da tutto il Team: “condividere foto private può distruggere alcune persone. Come ti sentiresti ora se venisse pubblicata una foto che rappresenta un momento tuo intimo e che non vorresti veder condivisa con chiunque?

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