Il ricorso individuale alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

La tutela dei diritti fondamentali

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  Rebecca Scaglia
  08 novembre 2021
  5 minuti, 39 secondi

La Corte europea dei diritti dell'uomo – c.d. “Corte EDU” – è stata istituita nel 1959 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali – c.d. “CEDU” – del 1950. È un organismo di giustizia internazionale indipendente, il cui compito è di giudicare in merito alle violazioni della CEDU poste in essere dagli Stati che abbiano ratificato la stessa. È importante precisare fin da subito che non si tratta di un'istituzione dell'Unione Europea, benché vi aderiscano 47 membri del Consiglio d'Europa.

Hanno diritto di ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo le persone, fisiche e giuridiche, che credono di aver subito una violazione dei propri diritti fondamentali per come questi previsti dalla CEDU – e dai suoi protocolli aggiuntivi – ed interpretati dalla giurisprudenza della Corte EDU. Il ricorrente non necessita immediatamente di essere assistito da un difensore, infatti l’introduzione del ricorso può avvenire anche in assenza di un avvocato. Tuttavia, la figura del difensore diverrà necessaria per l’inizio e la prosecuzione della procedura di merito. È fondamentale sapere che il regolamento della Corte prevede la possibilità di richiedere l’ammissione al gratuito patrocinio.

La modalità di ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo consiste nell’invio, tramite raccomandata, del c.d. “formulario di ricorso”, disponibile nel suo sito istituzionale, compilato in tutte le sue parti, all’indirizzo di posta della Corte riportato in calce al documento. La mancata utilizzazione del formulario o una lacuna nella compilazione dello stesso porterebbero ad una dichiarazione di non corretta introduzione del ricorso da parte della Segreteria della Corte, precludendo la possibilità che venga svolta qualsivoglia altra valutazione. Non a caso, si tratta del primo controllo al quale i ricorsi sono sottoposti dopo la loro ricezione: è un esame di natura puramente amministrativa, non giurisdizionale.

Successivamente al controllo amministrativo da parte della segreteria della Corte, il contenuto del ricorso deve superare svariate verifiche prima che la Corte stessa possa valutarne il merito. In primis, ad essere valutata è la ricevibilità del ricorso, affinché lo stesso possa essere poi sottoposto alla funzione giurisdizionale della Corte. In sostanza, viene verificato che i protagonisti del ricorso e il contenuto dello stesso rientrino fra le fattispecie previste dalla CEDU.

I criteri di ricevibilità sono, nell’ordine:

  1. la competenza, la quale a propria volta può essere: ratione materiae, ossia che ad essere ritenuto leso sia un diritto protetto dalla Convenzione o dai suoi Protocolli (ad esempio, il diritto alla vita, il diritto alla libertà ed alla sicurezza, il diritto ad un equo processo, etc.); ratione personae, ossia che ad essere convenuto sia uno Stato che abbia ratificato la Convenzione o, se si tratta di un diritto la cui tutela è prevista da uno dei Protocolli aggiuntivi, che abbia ratificato il Protocollo in questione; ratione loci, ossia che la violazione denunciata abbia avuto luogo all’interno di un territorio che si trovi sotto la giurisdizione dello Stato convenuto; ratione temporis, ossia che l’evento oggetto della violazione si sia verificato in un momento successivo alla ratifica della CEDU, o del Protocollo addizionale, da parte dello Stato convenuto;
  2. la qualità di vittima, che, per come disposto dalla CEDU, può essere: vittima diretta, ossia quando il ricorrente sia il soggetto interessato dalla misura lamentata; vittima indiretta, ossia quando il ricorrente sia un prossimo congiunto della vittima diretta di una violazione la quale, però, è deceduta prima della presentazione del ricorso; vittima potenziale, ossia quando il ricorrente per comprovare ragioni e alte probabilità, potrebbe essere interessato dalla misura lamentata successivamente alla presentazione del ricorso;
  3. 3. l’esaurimento delle vie di ricorso interne, ossia che nell’ordinamento statale non sia prevista una modalità di impugnazione accessibile ed effettiva, idonea a far valere le proprie ragioni. Un’impugnazione è: accessibile, quando il soggetto vittima della violazione abbia la sostanziale, oltre che formale, possibilità di ricorrervi; effettiva, quando, tramite l’uso della stessa, la violazione lamentata è concretamente individuabile, eliminabile e il soggetto ristorabile del danno subito;
  4. il termine semestrale, il ricorso alla Corte EDU deve essere proposto entro sei mesi dal deposito della decisione interna ultima e definitiva;
  5. la manifesta fondatezza, quindi se dalla sostanza del ricorso si evinca l’apparenza di una violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione. Le doglianze manifestamente infondate possono essere divise in quattro categorie: di quarta istanza; all’interno della quale è evidente non vi sia stata alcuna violazione; non supportata; confusa e/o inverosimile;
  6. l’importante pregiudizio, se, anche se il ricorrente sia realmente vittima della lamentata violazione, non ha, tuttavia, subito un pregiudizio dalla stessa o, se subito, è di lieve entità.

Superata la verifica della ricevibilità del ricorso, lo stesso viene trasmesso alla formazione giudiziaria della Corte competente per esaminarne il merito e, se necessario, ad emettere una Sentenza di accoglimento o rigetto.

Le formazioni alle quali il ricorso può essere trasmesso sono quattro:

  1. il Giudice Unico, quando è chiaramente inammissibile perché non rispetta i criteri di ricevibilità. La decisione di inammissibilità è definitiva e non impugnabile e non è possibile richiedere informazioni ulteriori alla Corte;
  2. il Comitato di tre Giudici, quando si tratta di un caso ripetitivo, perché verte su questioni sulle quali la Corte si è già pronunciata in casi simili: allora verrà semplicemente inviata al ricorrente una lettera contenente informazioni sulla procedura che dovrà seguire;
  3. la Camera, composta da 7 giudici, qualora non si tratti di un caso ripetitivo;
  4. la Grande Camera, composta da 17 giudici, che viene investita di un ricorso solo per rimessione (quando è necessario risolvere una questione rilevante sull’interpretazione della CEDU o quando c’è il rischio di un conflitto giurisprudenziale) o per rinvio (quando è utilizzata come grado di appello).

Una volta che il ricorso è affidato alla formazione competente, la Corte deciderà di tenere udienza solo qualora l’importanza e complessità del caso renderanno necessario un confronto diretto tra le parti ed eventuali terzi coinvolti.

Le pronunce adottate dalla Corte si suddividono in sentenze e decisioni: ricevuto un ricorso, la Corte si pronuncia primariamente sulla sua ricevibilità: se l’esito è positivo, la causa viene decisa del merito con sentenza, altrimenti la Corte chiude il giudizio con decisione. Tuttavia, è anche possibile che fra le parti si esprima un tentativo di “composizione bonaria” della controversia, per mezzo:

del regolamento amichevole, con il quale le parti, su facoltativa iniziativa della Corte, giungono insieme ad un accordo che possa essere vantaggioso per entrambe della dichiarazione unilaterale, dallo Stato convenuto al ricorrente, con la quale lo Stato riconosce l’ingiustificata interferenza nei diritti violati e si impegna a far venir meno la violazione e a riparare l’eventuale danno subito.

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L'Autore

Rebecca Scaglia

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CEDU