Il ruolo dell'AOSIS nella COP28

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  Flora Stanziola
  25 dicembre 2023
  5 minuti, 25 secondi

La COP, Conferenza delle parti che ogni anno riunisce i 198 paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici del 1992 si è tenuta a Dubai ed è stata presieduta da Sultan Al-Jaber, che è anche l’amministratore delegato della compagnia petrolifera e del gas di stato degli Emirati Arabi Uniti.

Durante la Conferenza i Paesi produttori ed esportatori di petrolio e il Presidente emiratino della COP28, hanno subito forti pressioni per riconoscere la necessità di abbandonare i combustibili fossili, responsabili dell’80% del riscaldamento globale, in particolare dai rappresentanti dell’AOSIS (Alleanza dei piccoli Stati Insulari).

In virtù della loro particolare vulnerabilità agli effetti del surriscaldamento globale l’AOSIS riunisce i Piccoli Stati Insulari in via di Sviluppo (SIDS) comprendendo i Paesi appartenenti ai seguenti gruppi regionali: Pacific Small Island Developing States (PSIDS), CARICOM; Atlantic, Indian Ocean, and South China Sea (AIS).

L’obiettivo dell’AOSIS all’inizio di questa COP era quello di garantire che gli impegni stabiliti dall’Accordo di Parigi, che prevedono di limitare il riscaldamento globale nei prossimi decenni a 1,5° sopra i livelli preindustriali, fossero mantenuti e nel suo ruolo di coordinatrice dei 39 stati insulari in via di sviluppo di garantire che avvenisse l’istituzione di un Loss and damage Fund, concordato l’anno prima in Egitto che avrebbe ripagato le nazioni in via di sviluppo per le estreme conseguenze del cambiamento climatico.

Il processo decisionale della COP è fondamentale per i piccoli stati in via di sviluppo poiché gli permette di avere voce in capitolo, per difendersi nella lotta ai combustibili fossili e partecipare al processo decisionale che avviene ogni 5 anni sul testo del bilancio globale, ovvero una valutazione collettiva dei progressi mondiali nell’azione per il clima che guida i politici verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Tuttavia, il rappresentante delle Isole Samoa ha denunciato che tale decisione è stata lanciata in un momento di assenza dell’AOSIS dalla stanza e che la sua approvazione è avvenuta senza che questa potesse partecipare alle votazioni. Attenendosi alle procedure della COP, il consenso deve avvenire da parte di tutte le nazioni per ogni lettera del testo. Il testo finale, piuttosto che prendere in considerazione le preoccupazioni delle nazioni esposte all’emergenza climatica, continuava a pendere a favore dei principali responsabili delle emissioni, spinto anche dalla presenza di un numero mai registrato di lobbisti del fossile presenti a Dubai.

Di rilevante importanza è quindi stato l’intervento di Cedric Schuster, delegato di Samoa e presidente dell’AOSIS, il quale ha elencato le sue obiezioni al testo, citando riga per riga le parti dell’accordo che non approvava e mettendo in luce come l’attenzione del bilancio riguardasse esclusivamente i sistemi energetici. I delegati di molti Paesi e delle ONG hanno acclamato l’intervento di Schuster a cui è seguito quello di Tina Stege, delegata delle Isole Marshall, la quale ha definito l’azione del tutto scioccante.

Il 13 dicembre, la Conferenza si è conclusa in virtù di un compromesso sulla transizione dai combustibili fossili e l’abbandono dei combustibili fossili nei sistemi energetici a seguito dell’opposizione da parte di Europa, Stati Uniti e l’AOSIS della prima versione della dichiarazione finale del 12 dicembre.

L’abbandono dei combustibili fossili nei sistemi energetici con una loro eliminazione graduale è indispensabile per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015. Oltre a mantenere vivo l’obiettivo di 1,5°C, i membri di AOSIS hanno sottolineato la necessità di raddoppiare i finanziamenti che aiutano gli Stati a perseguire misure di adattamento ai cambiamenti climatici e a mitigare le loro emissioni. L’AOSIS ha inoltre rimarcato che per salvare i SID dagli eventi climatici come l’innalzamento del livello del mare, la desertificazione e la migrazione climatica è principalmente necessario un’eliminazione graduale dei combustibili fossili. Difatti sebbene l’accordo richieda una transizione dai combustibili fossili, in realtà lascia spazio all’uso continuato dei combustibili fossili anche in virtù dell’implementazione di tecnologie volte a ridurre le emissioni. Tali tecnologie, non sperimentate e ancora inesistenti non rappresentano una soluzione concreta al cambiamento climatico.

Nel Pacifico è già troppo tardi, gli impatti del cambiamento climatico si stanno verificando ora, con cicloni, siccità e innalzamento del livello del mare che compromettono i diritti umani fondamentali delle persone. I membri di AOSIS hanno infatti sostenuto che non è sufficiente fare riferimento alla scienza e poi stringere accordi che ignorano ciò che la scienza ci dice.

Sicuramente l’accordo sul Loss and damage fund è un buon punto di partenza per riconoscere la disuguaglianza alla base delle cause e degli effetti del cambiamento climatico, ma “Le buone intenzioni non dimezzeranno le emissioni in questo decennio, né salveranno vite umane ora” come ha affermato Simon Stiell, capo delle Nazioni Unite per il clima. Le stime suggeriscono che il totale complessivo di 700 milioni di dollari promessi finora dalle nazioni ricche e ad alte emissioni per risarcire i paesi più poveri e meno colpevoli per gli impatti climatici ammonta allo 0,2% del costo annuale della distruzione del clima. Il prezzo del cambiamento climatico è infatti in continuo aumento: Isole del Pacifico come Vanuatu, Kiribati e Tuvalu hanno visto gli atolli sprofondare; Isole dei Caraibi come Antigua e Barbuda, il Commonwealth di Dominica e le Bahamas hanno subito uragani devastanti. Nel caso di Barbuda, lo sconvolgimento causato da tempeste più violente ha accelerato il tentativo di cedere la terra dalla comunità isolana a compagnie transnazionali, minacciando di distruggere più di 400 anni di tradizioni agricole e di pesca.

Secondo le Nazioni Unite, nel 2022 più di 56 milioni di persone hanno sofferto la fame a causa di eventi meteorologici estremi e l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) prevede che nel 2090 quasi un terzo della popolazione mondiale potrebbe essere esposta alle ondate di calore.

Secondo l’OMM, quasi 7.000 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici e privati vengono spesi ogni anno per attività che contribuiscono direttamente al cambiamento climatico, dunque il successo di questo accordo dipenderà da quanto i Paesi del mondo decideranno effettivamente di fare. 

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L'Autore

Flora Stanziola

Autrice da giugno 2022 per Mondo Internazionale Post. Originaria dell'Isola d'Ischia e appassionata di lingue e culture straniere ha conseguito nel 2018 il titolo di Dott.ssa in Discipline per la Mediazione linguistica e culturale. Dopo alcune esperienze all'estero e nel settore turistico, nel 2020 ha intrapreso la strada delle relazioni internazionali iscrivendosi al corso di laurea magistrale in Politiche per la Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, appassionandosi alle tematiche relative alla tutela dei diritti umani. Recentemente ha concluso il suo percorso di studi con la tesi dal titolo: "L'Uganda contemporaneo: dalle violenze ai processi di sviluppo".

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