Isisland

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  Redazione
  05 dicembre 2023
  6 minuti, 48 secondi

A cura di Angelo Galantino*

L’ondata di attentati che ha colpito l’Europa nel recente periodo, con l’ultimo atto avvenuto all’ombra della Torre Eiffel, ha una genesi che va ben oltre le più semplicistiche argomentazioni veicolate da molti dei media europei.

La narrazione più comune segue il filo verde che conduce al conflitto israelo-palestinese, verde come la bandiera di Hamas. Ma è realmente così?

I leader e i comandanti israeliani hanno paragonato Hamas all’ISIS in quasi ogni discorso e dichiarazione pubblica, equiparando la loro campagna per sconfiggere Hamas a quella guidata dagli Stati Uniti per sconfiggere l’ISIS in Iraq e Siria.

Sebbene l'Isis abbia anche compiuto omicidi brutali, come la decapitazione e il rogo di prigionieri vivi, le somiglianze non vanno oltre questo.

I combattenti dello Stato Islamico erano principalmente iracheni e siriani ma il gruppo è stato in grado di attirare migliaia di reclute da tutto il mondo, tra cui Europa, Asia, Medio Oriente, Nord Africa e l’ex Unione Sovietica. Questi stranieri spesso non parlavano la lingua locale ed erano considerati indesiderati dalle comunità locali. Il gruppo ha anche rivendicato la responsabilità di numerosi attacchi mortali in Europa, tra cui Parigi e Bruxelles. Hamas, al contrario, è un movimento esclusivamente palestinese. I suoi membri sono palestinesi e la sua ideologia, sebbene violenta, si concentra sulla liberazione di un territorio attraverso la distruzione di Israele. Nonostante sia designato come gruppo terroristico internazionale da Israele e dai suoi alleati occidentali, gli attacchi di Hamas si sono concentrati unicamente su obiettivi israeliani.

Si deve ricordare che lo Statuto di Hamas propone il ritorno della Palestina alla sua condizione precoloniale e l'istituzione di uno Stato palestinese. La stessa Carta dichiara che «non esiste soluzione alla questione palestinese se non nel jihad».

Una jihad localizzata a quei territori.

La recente scia di sangue, frutto degli attentati nel cuore dell’Europa in seguito agli eventi israelo-palestinesi, ha avuto inizio il 16 ottobre con l’attentato di Bruxelles perpetrato da Abdesalem Lassoued.

Tunisino di 45 anni, Lassoued ha aperto il fuoco con un kalashnikov contro due persone che indossavano la maglia della nazionale di calcio svedese.

Non una casualità.

L’aggressore ha rivendicato l’attacco in un video pubblicato sul profilo Facebook in cui ha dichiarato di essersi ispirato allo Stato Islamico.

Nel filmato in arabo, Lassoued dice: «Che piaccia o meno, io sono un mujaheddin di Allah nello Stato Islamico, l'Isis. Viviamo e moriamo per la nostra religione. Ho ucciso tre svedesi. Incontrerò Allah e il profeta con gioia».

Nei mesi scorsi, la Al-Nusra Media Foundation, affiliata ad Al-Qaeda, in seguito all'incendio di una copia del Corano in Svezia, il 28 giugno 2023, ha pubblicato manifesti che chiedevano attacchi terroristici in Europa.

In particolare, in un poster in inglese e arabo, invitava i musulmani a diffondere paura, caos e uccisioni in Europa e a «vendicarsi di coloro che hanno insultato Allah e il Suo Messaggero».

Esattamente ciò che ha fatto Lassoued.

Il 23 novembre, in Irlanda, un aggressore solitario ha accoltellato nel cuore di Dublino, di fronte a una scuola elementare, tre bambini e una donna, prima di finire a sua volta ferito e bloccato da diversi passanti.

La polizia irlandese ha inizialmente escluso un'ipotetica pista terroristica salvo poi precisare di non voler confermare nessuna ipotesi. Ad oggi non è ancora stata fatta chiarezza sull’accaduto.

In Germania, la scorsa settimana, la polizia ha arrestato un 20enne iracheno sospettato di aver pianificato un attacco terroristico contro un mercatino di Natale della Bassa Sassonia, probabilmente ad Hannover.

L'uomo, che era arrivato nel Paese lo scorso anno, progettava di attaccare i visitatori con un coltello. Pochi giorni prima erano stati arrestati in Nordreno-Vestfalia e Brandeburgo due giovani, di 15 e 16 anni, che stavano a loro volta pianificato un attacco a un mercatino di Natale.

Si noti la convergenza sull’obiettivo simbolico del Natale.

Il 2 dicembre si è registrato l’ultimo (per ora) atto di questa serie di attacchi.

Con delle modalità di attuazione simili a quelle adoperate a Bruxelles da Lassoued, il 26enne Armand Rajabpour-Miyandoab ha accoltellato un turista davanti alla Tour Eiffel.

Nato in Francia da genitori iraniani, viveva in una banlieue residenziale di Parigi.

Immediatamente prima di passare all'azione, aveva pubblicato sui social un video di rivendicazione del suo attacco in cui indossa una felpa con cappuccio nero e una mascherina chirurgica davanti al viso, prestando giuramento di fedeltà allo Stato Islamico e facendo riferimento alle responsabilità del governo francese per la morte di musulmani innocenti in Palestina.

Schedato come a rischio radicalizzazione, Armand Rajabpour-Miyandoab era stato arrestato e condannato a 4 anni di carcere nel 2016 perché stava preparando un attentato.

Dopo l’arresto, l'aggressore ha detto di non poter sopportare più che i musulmani muoiano, in Afghanistan come in Palestina e avrebbe dichiarato la sua rabbia per quello che succede a Gaza, affermando che la Francia è complice di quello che fa Israele.

Siamo davvero dunque in presenza di una “importazione” del conflitto dal Medio Oriente fin dentro casa nostra?

Anche se apparente potrebbe sembrare una asserzione veritiera, essa non può trovare una conferma totale.

Abbiamo visto come gli attentatori di Bruxelles e Parigi abbiano agito secondo il classico copione tipico dello Stato Islamico con il giuramento di fedeltà che precede l’azione terroristica.

Le due vicende hanno anche altre analogie.

In primo luogo la loro auto-radicalizzazione ed auto-addestramento che hanno una evidente maggiore imprevedibilità con la conseguente enorme difficoltà, per gli apparati di sicurezza, di individuare e rendere non operativi singoli o piccoli gruppi in grado di attivarsi senza alcun preavviso.

Entrambi inoltre hanno fatto proprie le caratteristiche delle tre “i”.

Internet, il mezzo con il quale sono stati in grado di entrare in contatto con esponenti della propaganda jihadista dello Stato Islamico e successivamente diffondere il loro messaggio promozionale, prima di entrare in azione.

Immigrazione, poiché entrambi i soggetti erano jihadisti autoctoni, cresciuti nelle realtà occidentali ma legati ad una educazione radicata ai Paesi di origine.

Integrazione, in quanto anche se apparentemente i due individui erano parte della società belga e francese, vivevano comunque ai margini di essa in una condizione di marginalità sociale.

A trarre beneficio da tutto questo fermento jihadista è lo Stato Islamico che, ormai privo di una sua territorialità in Medio Oriente, concentra tutte le sue energie nella campagna mediatica di reclutamento a distanza e promozione della jihad globale.

La spettacolarizzazione mediatica del conflitto israelo-palestinese, operata dai media del mondo occidentale, paradossalmente, potrebbe contribuire fattivamente a veicolare una campagna di reclutamento indiretta della galassia jihadista, favorendo inoltre il proliferare di individui e cellule, più o meno organizzate, con finalità attentatrici.

In altre parole, la strategia del terrore sfrutta la cultura occidentale a proprio vantaggio, mentre permane la miopia strategica degli organi di informazione che guardano solo a pseudo scoop giornalistici e ai dati auditel.

La trasformazione di un conflitto, che è prettamente territoriale e politico, in uno scontro culturale e religioso, ha dunque esteso l’area di intervento e gli attori in scena.

Non si può escludere, quindi, che qualche “attore solitario”, sostenitore dello Stato Islamico, accogliendo l’invito lanciato sui canali media dell’ISIS a compiere attentati in difesa dei palestinesi, possa colpire in Europa sull’onda emulativa di quanto sta avvenendo altrove e anche se in modo totalmente slegato dal conflitto israelo-palestinese.

Deve essere inoltre ricordato che Hamas ed ISIS sono quanto di più diverso e distante possa esserci sebbene, talvolta, possano avere obiettivi comuni o similari.

Ulteriori attacchi in Europa, ad opera di elementi singoli filo ISIS, sono quindi possibili, e ciò indipendentemente da Hamas.

*"Angelo Galantino, classe 1979, laureato in Scienze Politiche indirizzo politico-internazionale, perfezionato con Master in “Security and Intelligence” e “Antiterrorismo Internazionale”, ha frequentato corsi di qualificazione in “Tecniche Investigative e Tecnico Scientifiche”, “Tecniche di Interrogatorio e Rilevazione della Menzogna” e “Tecniche di Negoziazione nelle Situazione di Crisi”. È stato collaboratore della Scuola di Formazione della Regione Campania come docente nei corsi di formazione in Antiterrorismo. Autore di numerosi libri, tra cui “INFIDEL - da Al Qaeda ai Talebani, tra Jihad e Sharia” e “Dove muoiono i sogni. Diritti Umani Violati e Libertà Negate in Irlanda del Nord”

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